Arrestato, condannato, vilipeso, emarginato e oggi finalmente assolto. Luigi Arturo Ambrosio ha vissuto sulla sua pelle l’odissea della giustizia italiana. Una cosa peggiore della malasanità a cui, però, si tarda a porre rimedio. Accusato da un pentito ( l’ennesimo) di avere partecipato a perizie false, in primo grado era stato condannato. La Corte di appello, accogliendo la tesi dei suoi avvocati, Franco Sammarco e Innocenzo Palazzo, gli ha ridato l’onorabilità. Pensare che si fosse venduto semplicemente perché aveva accolto in clinica detenuti inviati dall’autorità giudiziaria era già di per sé assurdo. Ancora più assurdo ritenere che avesse corrotto un perito pagandogli (con la carta di credito!) un biglietto aereo. In un sistema giusto queste cose sarebbero state valutate prima ma in Italia si può tranquillamente arrestare una persona e tenerla sospesa per anni. Ovviamente il pentito che lo ha accusato non finirà di avere i suoi privilegi, né tantomeno sarà imputato per calunnia. Più che una vittoria è l’ennesima sconfitta della giustizia, per la quale mancano i Craxi ed i Pannella. Ambrosio ha ritrovato giustizia e forse ritroverà gli amici, quelli falsi che hanno smesso di salutarlo i primi anni. Perché, diceva Faber, anche di un innocente, se colpevole apparentemente, non si ha pietà.
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