In questi giorni si celebra la resurrezione di Cristo per i credenti. Il momento più importante del dogma cristiano che coincide, appunto, con la sconfitta della morte di Gesù e la sua ascesa in Cielo. Una delle frasi più belle nei Vangeli ( che sono amati anche da atei e agnostici) è quella in cui Gesù, a proposito del Regno dei cieli, esorta a “ritornare come bambini”. In questa frase c’è un elogio della purezza e dalla bellezza dell’infanzia che , sviluppandosi nel cristianesimo, influenzerà in parte la filosofia e la poesia. Accadrà con Leopardi e la sua decantazione dell’infanzia come momento di unicità e di felicità assoluta, successivamente dispersa dall’età della ragione. È un caposaldo straordinario che abbraccia la filosofia e condizionerà per certi versi anche Nietzsche e che in questi giorni attraversa le nostre coscienze. Lo fa soprattutto nei periodi di festa, laddove ci si rammenta nostalgicamente degli anni più floridi, nei quali la spensieratezza non aveva confini. O nel ricordo di condivisioni familiari non più possibili. Da sempre chi è adulto o anziano tende a dire che “si sono persi i valori”. È un chiavistello dei conservatori ma probabilmente è l’effetto soggettivo di ciò che si era da bambini e non si è più. È la sfida persa da Peter Pan, il sogno illusorio di ognuno di noi. Restare bambini significherebbe non solo non conoscere il dolore ma nemmeno la distruttività del possesso e della sopraffazione. Tornare bambini è il nostro sogno impossibile. E non c’è un Aladino che ci offra la possibilità. Auguri.
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