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il profilo criminale

Il business dell’ex latitante Peppe Gioffrè: mezzo chilo di cocaina alla volta da San Luca a Messina

La storia del classe ’90 originario di Locri, catturato dopo la fuga durata un anno e mezzo. Era lui il “pusher” per i clienti del rione Giostra

Pubblicato il: 30/03/2024 – 14:11
di Giorgio Curcio
Il business dell’ex latitante Peppe Gioffrè: mezzo chilo di cocaina alla volta da San Luca a Messina

LAMEZIA TERME Era latitante dal 2022, da quel 13 dicembre quando all’alba scattò l’operazione denominata “Impasse” eseguita dai militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza di Messina e coordinata dalla Distrettuale antimafia del capoluogo siciliano: 61 le persone arrestate tra Calabria e Sicilia.
La fuga di Bruno Gioffrè, classe 1990 di Locri, è finita nelle scorse ore.
I Carabinieri del Gruppo di Locri e dello Squadrone Eliportato Cacciatori di Calabria lo hanno prima individuato in un’abitazione dell’agro del Comune di Benestare, nel Reggino, poi hanno dato via al blitz insieme al personale del GICO del Nucleo di Polizia economico finanziaria di Messina.
Sulla testa di Gioffrè pendeva un mandato di arresto e una condanna emessa a gennaio di quest’anno a 12 anni e 8 mesi di carcere. Inserito poi nell’elenco dei latitanti pericolosi, Gioffrè alla vista dei militari avrebbe anche tentato, vanamente, di sottrarsi all’arresto, venendo però immediatamente bloccato dai militari dello Squadrone Eliportato “Cacciatori” di Calabria che avevano completamente cinturato l’aria.

Impasse

L’inchiesta coordinata dalla Dda di Messina aveva svelato l’esistenza sul territorio messinese di una articolata associazione a delinquere, dedita al narcotraffico, con base operativa nel popolare quartiere Giostra, facente capo alla famiglia dei Cuscinà che, avvalendosi di una rete capillare di fornitori, pusher e intermediari, gestiva un fiorente e alquanto redditizio commercio di sostanza stupefacente che si rivolgeva sia all’ampia platea di clienti.
I principali fornitori del gruppo di Giostra erano i calabresi: persone con base operativa a Reggio Calabria e nelle roccaforti ‘ndranghetiste di San Luca e Melito Porto Salvo: Peppe Gioffrè e Antonio Pelle, classe 1983, anche lui di Locri, e condannato a 10 anni e 8 mesi di carcere.  

I racconti del “Canazzo”

«Ho iniziato il mio rapporto con il fornitore calabrese tramite Filippo Bonanno, fratello di Antonio e Gianfranco (…) un giorno, sapendo che la mia compagna è originaria di Bianco, in Calabria, Bonanno mi chiese se volevo fare un viaggio per un approvvigionamento di droga, poiché il corriere cui si rivolgeva aveva dei problemi». «Dopo il primo incontro si creò con lui una sorta di amicizia. Peppe voleva ampliare il suo giro di spaccio a Messina e mi chiese di metterlo in contatto con persone interessate ad acquistare droga che fossero serie…». «Pertanto presentai a Peppe Giovanbattista Cuscinà al bar delle Rose, a mia memoria verso la fine dell’estate 2019».

A tratteggiare il profilo criminale e la genesi dei rapporti stabiliti con Giuseppe Gioffrè è stato a giugno del 2021 il collaboratore di giustizia Giuseppe Bonanno. Noto come “il Canazzo”, individuato come uno dei partecipanti al giro, Bonanno ha confermato agli investigatori quanto già scoperto con le indagini.  Il collaboratore, dissociatosi dal contesto criminale di appartenenza, ha offerto agli inquirenti un contributo essenziale per ricostruire le dinamiche del gruppo criminale nato tra la Sicilia e la Calabria con al centro gli affari legati al traffico di droga. Stupefacente richiesto in grande quantità a Messina, con epicentro la piazza di spaccio del quartiere Giostra. «Peppe e Cuscinà iniziarono il loro rapporto con mezzo chilo di cocaina che io portavo a Cuscinà» racconta il pentito. «Il calabrese mi dava 500 euro e Cuscinà me ne dava altri 500. Alcune volte Cuscinà mi pagava dandomi una decina di grammi di cocaina, che io poi spacciavo».  

I viaggi in Calabria

Il collaboratore illustra agli inquirenti anche un suo tipico viaggio in Calabria. «(…) ci vedevamo sulla 106 Jonica, ad un bivio a sinistra, dopo un rettilineo che è nella salita per San Luca, prima di Bovalino, all’altezza di un ipermercato. Salivamo verso San Luca e gli scambi di droga e denaro li abbiamo fatti là, tranne due, che sono avvenuti in località Casignana, dove ci sono degli scavi archeologici… ho fatto da corriere solo tra Peppe e Cuscinà. Io mi vedevo solo con Peppe ed il cugino Totò…». «Ribadisco che Totò era sempre presente quando consegnavo il denaro in Calabria» raccontava il pentito agli inquirenti «in circa 7 o 8 occasioni, ed erano acconti sui 20mila euro a fornitura pattuite con Cuscinà. Totò è stato presente alla consegna della droga nella zona di San Luca o tra Bianco e San Luca circa due volte. Non so da dove provenisse Totò, presumo che fosse della zona di San Luca, come presumo che anche Peppe fosse di lì dato che ci incontravamo in quella zona…».  

impasse gioffrè locri

I sistemi criptati

Il gruppo era organizzato in modo da correre meno rischi possibili, anche attraverso l’utilizzo di utenze criptate ovvero i noti telefoni dotati del sistema Sky Ecc. «Al secondo scambio – racconta Bonanno – Peppe mi diede un cellulare i-Phone, da consegnare a Cuscinà con un sistema criptato chiamato Sky… Cuscinà pagò il cellulare 600 o 700 euro. Ogni sei mesi si doveva rinnovare il sistema Sky, attraverso cui il calabrese mandava a Cuscinà le foto delle varie qualità di droga con i vari prezzi». Sono numerosi gli episodi che gli inquirenti riusciranno poi a ricostruire a partire dal dicembre 2019: ogni volta Gioffrè e Pelle cedevano a Bonanno, nel ruolo di corriere, 500 grammi di cocaina al prezzo di 20mila euro. (g.curcio@corrierecal.it)

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