Non sappiamo se qualche sacerdote calabrese domani all’omelia di Pasqua dal pulpito parlerà di autonomia differenziata, certo è che la Chiesa calabrese è mobilitata contro il decreto Calderoli e lo scrive nei suoi documenti ufficiali. Leggere per credere il testo “La dis-unità nazionale e le preoccupazioni delle Chiese di Calabria: spunti di riflessione” stilato dalla Conferenza episcopale regionale in cui i vescovi si mostrano più che preoccupati dei contenuti del provvedimento e invitano le comunità religiose di loro pertinenza a prendere parola e stimolare dibattito con tesi di parte ben evidenziata. Sembra di sentire l’antica chiesa della Teologia della Liberazione sudamericana connessa al nuovo spirito di Papa Bergoglio. Esponente di punta della presa d’atto, monsignor Checchinato, vescovo di Cosenza, che non manca di partecipare a iniziative di ogni sigla di sinistra per avversare l’autonomia differenziata italiana. L’ultima alla manifestazione di Cosenza, indetta dalla Cgil e molto partecipata, in cui monsignore è salito sul palco citando non gli evangelisti ma il testo di Giorgio Gaber, “Libertà”, non mancando di aggiungere “La Chiesa è per la solidarietà e per la sussidiarietà”. Il vescovo di Cosenza non si è sottratto alle domande dei giornalisti e rispondendo sulla posizione del governatore della Calabria, da saggio uomo di Chiesa ha risposto: “Sono sicuro che col presidente Occhiuto su queste tematiche ci sentiremo. Le interlocuzioni e il dialogo sono sempre importanti”. Saranno fischiate le orecchie al presidente della Calabria, considerato che proviene dall’Azione Cattolica e ha ricevuto profonde ispirazioni dal papà, rigoroso terziario francescano. La sinistra regionale si sente molto rinforzata dall’endorsement talare e della mobilitazione cattolica di parroci e fedeli. In Consiglio regionale è già pronta una mozione di minoranza. La fatica della politica ha indotto il presidente del Consiglio regionale, il leghista Filippo Mancuso, a mediare per far “congelare” il documento. Circostanza avvenuta con discussione rimandata a dopo Pasqua. Il centrodestra calabrese ascolterà le parole della Chiesa? Ci si scambierà un segno di pace tra destra e sinistra o il centrodestra calabrese si metterà contro il popolo di Dio?
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Comuni sciolti per mafia, per la Calabria è ancora record negativo. Siamo da sempre la regione con il maggior numero di municipi che ricevono il provvedimento. Il primo è del 1983, quando ancora non esisteva lo strumento di legge, e il presidente della Repubblica, Sandro Pertini sciolse d’autorità il comune di Limbadi, perché il secondo degli eletti era risultato Ciccio Mancuso, noto boss dell’omonimo gruppo criminale. Nei giorni scorsi, il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, ha riferito che durante il governo Meloni in Calabria ben 5 amministrazioni sono state sciolte, la regione con più provvedimenti. Resta in piedi la questione che quando avviene lo scioglimento non c’è possibilità di difendersi in contraddittorio contro la decisione presa. Tutte sorde e cieche le forze politiche (tranne qualche rara eccezione) nel sanare una questione democratica che riguarda molti cittadini e amministratori spesso estranei a qualunque contaminazione mafiosa.
Tra i comuni sciolti di recente c’è quello di Rende. Il sospeso sindaco Marcello Manna ha vinto un nuovo punto giudiziario considerato che il Tribunale della Libertà, nell’ambito del procedimento Reset, ha sentenziato che non deve andare agli arresti domiciliari come chiedeva la Procura. Restano in piedi solo “i gravi indizi”. Non riguarda Manna, altro grave indizio, che riguardava il boss di Cosenza, Ettore Lanzino, scomparso a Parma in carcere questa settimana. Lanzino, a Rende, era il capo mandamento di zona. Qui fu scoperto latitante dopo quattro anni che si era reso uccel di bosco. Ma soprattutto, con la latitanza, emerse che era stato assunto in una cooperativa comunale confluita poi nella Rende servizi. L’evenienza non molto onorevole portò al licenziamento di Lanzino. La vicenda è contenuta nel processo contro Sandro Principe, sindaco poi assolto dalle accuse di mafia. Chi favorì l’assunzione del boss a Rende non è dato sapere. Interrogativo che fa pendant con gli oltre mille cosentini che sui social hanno salutato con affetto, cordoglio e stima la dipartita del capomafia cosentino. La conferma che la mafia non è questione soltanto di arrestati e indagati ma un fenomeno ben più complesso e variegato.
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È stata desecretata l’audizione del Procuratore della Repubblica datata a 4 anni fa tenuta in Commissione Antimafia dal procuratore della Repubblica, Camillo Falvo, sullo stato delle cose a Vibo. Apprendiamo che il magistrato disse “Al mio arrivo tante cose non funzionavano, il problema è stato sottovalutato per anni” con assenze persino dei cancellieri. Con Falvo a Vibo e Gratteri a Catanzaro molte questioni sono cambiate. Apprendiamo anche che Falvo disse ai parlamentari “dove non arriva la criminalità organizzata, in quella che dovrebbe essere la parte buona della società, arriva la massoneria, quella legittima, quella illegittima e quella deviata, purtroppo e questo determina un grande scoramento anche nella parte buona della società vibonese”. Quindi la massomafia vibonese non è questione letteraria al pari della Trapani di Matteo Messina Denaro. Abbiamo appreso, invece da comunicato ufficiale, che l’avvocato calabrese di Rossano, Antonio Seminario, è stato eletto (ma pende ricorso per dei voti contestati) Gran maestro del Grande Oriente d’Italia. Incarico di prestigio. La massoneria del XXI secolo ha l’obbligo di far chiarezza su queste contaminazioni accertate. Lo deve alla sua stessa istituzione. Seminario è bene che spieghi se le logge della sua obbedienza non hanno da temere contaminazioni.
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Il nostro Eugenio Furia, da abile retroscenista qual egli è, con tasto ironico non ha perso battuta su un conviviale di auguri pasquali al municipio di Cosenza raccontando come il socialista Luigi Incarnato, tra un prosecco e l’altro, si sia presentato come l’uomo ombra di Franz Caruso e come il ticket pensi anche a scalare la regione Calabria. Tutto riportato correttamente come fa un giornalista giornalista, e impaginato con l’occhiello di “fantapolitica”. E che ti fa il buon Incarnato? Atteggiandosi a Giorgia Meloni della Riforma annuncia di aver dato mandato ai suoi legali (l’esimio Caruso?) di accertare se ci sono le circostanze per sporgere querela nei confronti di Furia. Suvvia Incarnato, ma le sembra atteggiamento da assumere, lei che non difetta di ironia dai tempi del sindacato da dove proviene? Come le ha risposto la nostra direttrice, Paola Militano, la prossima volta si ricordi “che al buffet erano stati invitati giornalisti, non compagni di merende”.
Buona Pasqua e Pasquetta a tutti.
Costruiamo la Pace. Ne abbiamo molto bisogno.
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