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I misteri sull’omicidio di Luigi Ioculano, il “medico gentile” che sognava di curare Gioia Tauro dal male della ‘ndrangheta

Dall’impegno culturale a quello politico: condannava apertamente i clan. C’è chi lo ha definito il “Peppino Impastato calabrese”

Pubblicato il: 31/03/2024 – 15:00
di Mariateresa Ripolo
I misteri sull’omicidio di Luigi Ioculano, il “medico gentile” che sognava di curare Gioia Tauro dal male della ‘ndrangheta

REGGIO CALABRIA Lo chiamavano “il medico gentile”. Curava i suoi pazienti e sognava di curare la sua terra, Gioia Tauro, da quel male che aveva messo radici profonde e difficili da estirpare: la ‘ndrangheta. Ma quella di Luigi Ioculano, per tutti “Gigi”, è una storia di impegno culturale e politico che si concluderà nel peggiore dei modi, avvolta dal mistero e senza risposte. Una ferita ancora aperta per chi la verità l’ha sempre cercata e rincorsa. «Se i nomi delle vittime sono conosciuti, e sono oltre mille, sconosciuti spesso sono i nomi dei loro carnefici». È il grido di dolore che la figlia Ilaria Ioculano ha lanciato dal palco di Libera a Roma nella Giornata della Memoria e dell’Impegno per le vittime innocenti delle mafie. Il volto e il nome di Luigi Ioculano è noto a tutti, nonostante gli anni di silenzio che avrebbero potuto farlo dimenticare. Ma i suoi carnefici sono rimasti impuniti.

Un contesto difficile

Nato a Seminara nel 1941, Luigi Ioculano si trasferisce da giovane a Gioia Tauro dove cresce e studia, e dove apre il suo ambulatorio medico. Qui decide di formare la propria famiglia, sposa Rosaria, e avrà due figlie, Simona e Ilaria. Un contesto, la Piana di Gioia Tauro, in cui tuttavia, tracciare una linea netta tra bene e male è difficile. Il territorio, infatti, in quegli anni in particolare è intriso di quella mentalità mafiosa che permette alla famiglia Piromalli-Molè di espandersi sempre di più. Il porto della città, uno dei più grandi del Mediterraneo, così come gli interessi in ambito sanitario, fanno gola ai clan che si spartiscono il territorio, i Piromalli e i Pesce e Bellocco. Potenze criminali di fuoco che cercano alleati in una politica che sembra fallire. Sono anni difficili per Gioia Tauro. Nella prima metà degli anni Ottanta due sindaci vengono condannati per aver agevolato gli interessi mafiosi, nel 1987 il sindaco Vincenzo Gentile muore vittima di un agguato.

La cultura come arma di riscatto e presa di coscienza

È nella cultura, nel dialogo e nell’ascolto che Luigi Ioculano individua elementi essenziali per una crescita sociale indispensabile per il territorio. Così nel 1989 fonda l’associazione culturale “Agorà”. Ne diventa presidente e inizia a promuovere eventi culturali e sociali. Non si risparmia mai. Prende una posizione netta. E attraverso i suoi scritti, in un periodico collegato all’associazione, denuncia pubblicamente gli interessi dei clan e difende quei valori su cui aveva fondato tutta la sua vita: legalità, verità e giustizia.

“Abbiamo individuato quindi nella cultura una delle terapie più utili per contribuire a guarire la società gioiese dai malanni e dai veleni che l’appestano, convinti come eravamo che più l’uomo è istruito e colto, più sa servirsi con discernimento di tutto ciò che conosce, usandolo per il bene e per l’uomo, certamente non per il male e contro l’uomo”. (Luigi Ioculano)

L’impegno politico

Dall’impegno culturale e sociale a quello politico il passo è breve, soprattutto quando è così grande la voglia di un cambiamento reale. Ioculano conosceva Pino Piromalli sin da bambino, ma le loro strade si erano divise da adulti, quando i due avevano preso direzioni completamente opposte. Il capo clan però nella figura di Ioculano, stimato da tutti, riconosceva la capacità di indirizzare i suoi concittadini al voto e aveva trovato il modo di avvicinarlo per proporgli di diventare il candidato appoggiato dai clan. Una proposta che il medico aveva rifiutato decidendo di appoggiare un candidato sindaco, Aldo Alessio, e un progetto politico in cui vedeva grandi potenzialità. Un progetto politico che alle urne troverà il consenso dei cittadini che lo sceglieranno. Ioculano, però, a un certo punto si troverà in contrasto con la linea dell’amministrazione in particolare sul progetto del termovalorizzatore che considera pericoloso per la salute pubblica e che viene approvato sui terreni occupati dai Piromalli. Come sempre prende una posizione, così come farà fino all’ultimo dei suoi giorni.

Una morte avvolta nel mistero

Quattro colpi di pistola, due al petto e due alla testa. Luigi Ioculano muore a 57 anni sul pianerottolo di casa il 25 settembre del 1998. Era appena salito dallo studio medico per portare un busta di fagiolini che un paziente gli aveva regalato. Il killer era proprio lì ad attenderlo. Ad essere accusati della sua morte e condannati in primo grado nel 2007 sono Pino Piromalli e Rocco Pasqualone. Mentre Domenico Molè e Consolato Caccamo vengono assolti. Condanne che tuttavia non reggono in appello, nel 2009 gli imputati vengono assolti per insufficienza di prove. Nel 2010 si pronuncia allo stesso modo la Corte di Cassazione che conferma la sentenza di secondo grado e respinge il ricorso della Procura di Palmi. Ancora oggi i suoi carnefici per la Giustizia non hanno un volto e un nome.

Un uomo onesto che amava la sua città, Gioia Tauro

«C’è chi lo ha definito il “Peppino Impastato calabrese”», così viene descritto sul sito di Libera, ma Luigi Ioculano «era semplicemente un uomo onesto e allegro, che amava la vita e amava la sua città, Gioia Tauro». «Ognuno di noi nel proprio piccolo è chiamato a fare la propria parte. E lo dobbiamo fare senza mai chinare la testa», ha detto sul palco al Circo Massimo a Roma la figlia Ilaria Ioculano.

Ilaria Ioculano sul palco di Libera a Roma

Nel corso di un intervento carico di forza ed emozione Ilaria Ioculano ha parlato dell’importanza di continuare a cercare la verità: «Se i nomi delle vittime sono conosciuti, e sono oltre mille, sconosciuti spesso sono i nomi dei loro carnefici, come è possibile? Pretendiamo a gran voce che le pigre istituzioni onorino i loro debiti di verità e giustizia». Una richiesta che ha poi lasciato spazio a un messaggio di speranza e a un appello rivolto alle nuove generazioni: «Ai giovani dico: prendetevi cura delle storie dei nostri cari. E fatene un punto di partenza per un futuro diverso». (m.ripolo@corrierecal.it)

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