LAMEZIA TERME Equilibri saltati e una possibile nuova guerra di mafia in uno dei territori storicamente più caldi. L’agguato avvenuto nel giorno di Pasquetta e costato la vita a Raffaele “Lello” Capriati, compiuto a Torre a Mare, borgo marinaro del litorale sud, alla estrema periferia di Bari, rischia di aprire scenari imprevedibili e incontrollabili. Lello Capriati, infatti, è il figlio di Sabino e nipote dello storico boss del centro storico, Antonio “Tonino” Capriati, già condannato all’ergastolo.
Una piazza “caldissima”, dunque, segnata dall’ultima operazione coordinata dalla Distrettuale antimafia contro il clan Parisi-Palermiti, le presunte infiltrazioni dei clan nel mondo politico e le polemiche per l’accesso della Commissione antimafia nel Comune di Bari che hanno scatenato un accesissimo dibattito con in prima fila il sindaco Decaro.
«Che poi oggi funziona che anche in un clan più di una persona magari viene riconosciuta, però poi o si rompe l’equilibrio o viene a succedere una guerra…». Sembrano quasi profetiche le parole di Andrea Romano. Si tratta del boss dell’omonimo clan che ha scelto di collaborare con la giustizia a dicembre del 2020, dopo un lungo periodo di latitanza in Spagna. Le dichiarazioni sono state inserite tra carte che hanno portato alla maxioperazione delle scorse settimane.
Anche perché Romano ai magistrati racconta tutto: dai nomi dei vertici dei clan, alle figure chiave e agli episodi determinanti degli ultimi anni. Anche i rapporti con la ‘ndrangheta calabrese, fattore da tenere in considerazione alla luce di quanto sta avvenendo in questi giorni.
Il collaboratore di giustizia, nell’interrogatorio del 28 maggio 2021, oltre ad aver inquadrato la sua posizione di capo dell’omonima organizzazione criminale, ha raccontato anche dei rapporti della mala pugliese di Bari con i clan calabresi, e l’investitura ricevuta proprio delle famiglie della ‘ndrangheta. «(…) c’ho la carica di crociata, riconosciuta dai calabresi, dalla Famiglia Alvaro-Penna di Sinopoli… sono il reggente su Brindisi con era carica di crociata, uno dei vertici dei tre boss su Brindisi, riconosciuta dai calabresi, dalla Famiglia Alvaro-Penna…» spiega. Carica, spiega il pentito, «riconosciuta solo in Calabria, viene rilasciata dalla Calabria…». «(…) poi ero stato riconosciuto pure dalla Famiglia Bellocco-Olivieri, prima della Famiglia Alvaro».
Le dichiarazioni del pentito aiuteranno gli inquirenti a delineare il quadro della criminalità organizzata pugliese e, in particolare, su Bari, capoluogo che vive in un costante stato di guerra tra bande, come testimonia l’ultima sanguinoso agguato di Pasquetta. Quanto alla posizione di vertice di Savino Parisi e della sua investitura, il collaboratore di giustizia riferisce del legame esistente tra i calabresi e il “mamma santissima” barese nonché il riconoscimento della famiglia Bellocco di altri capostipiti come Eugenio Palermiti e Filippo Capriati, conosciuti nelle precedenti detenzioni in carcere presso gli istituti penitenziari rispettivamente di Cosenza e Tolmezzo.
Filippo Capriati, in particolare, è il fratello di Lello Capriati, ma anche di Domenico Capriati, freddato a Bari, nel quartiere Japigia, nel novembre del 2018. «Capriati, Filippo Capriati… per il fatto di Tonino… perché Tonino…». «Io sì, c’ho parlato in carcere, a Tolmezzo… Sì, sì, lui era uno dei responsabili del carcere di Tolmezzo e comunque sia, aveva i collegamenti con altre famiglie esponenti della Calabria…». «Anche Filippo Capriati è riconosciuto dai calabresi…».
Ma a Bari si teme lo scoppio di una nuova e violenta faida tra due potentissimi schieramenti: da una parte di Capriati, sostenuti dal clan Parisi-Palermiti, riconosciuto a Bari e nel territorio pugliese dai clan della ‘ndrangheta calabrese, dall’altra il clan “Strisciuglio”, pericolosissima antagonista e considerati gli “scissionisti” del clan Parisi, con diversi esponenti passati dall’altra parte della barricata, all’indomani dei tre omicidi commessi nel quartiere Japigia a cui ha fatto seguito, nel settembre 2018, il tentato omicidio di Andrea Fachechi – affiliato ai Palermiti – e come conseguenza l’omicidio di Walter Rafaschieri e il ferimento con arma da fuoco del fratello Alessandro. Come scriveva nelle scorse settimane la Distrettuale antimafia nella richiesta avanzata al gip del Tribunale di Bari, si tratta di «un periodo di fibrillazione pericoloso per il nostro territorio ma che non è ancora cessato e che vede, tra le questioni da risolvere, il predominio criminale dell’intero quartiere Madonnella di Bari». Sullo sfondo, come spettatori, gli “amici” della ‘ndrangheta calabrese perché, come ha sottolineato il pentito Romano ai magistrati se «c’è una questione da risolvere a Bari, che magari è successo un episodio che sono andati e hanno fatto un danno o magari hanno preso una partita di droga (…) a chi riferisce? Alla Famiglia “Strisciuglio” o alla famiglia Parisi? Sanno comunque sia chi è il referente loro…». (g.curcio@corrierecal.it)
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