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processo “Villa Verde”

False perizie per favorire i boss, in Appello crollano le accuse. Assolti Ambrosio e Ruffolo

La Corte ribalta la sentenza di primo grado. Entrambi i dipendenti della clinica “Villa Verde” di Donnici erano stati condannati

Pubblicato il: 05/04/2024 – 17:16
di Fabio Benincasa
False perizie per favorire i boss, in Appello crollano le accuse. Assolti Ambrosio e Ruffolo

COSENZA Il Tribunale di Cosenza, in composizione collegiale, il 18 gennaio 2022 al termine di una lunga Camera di Consiglio si era pronunciato in merito alla posizione degli imputati nel processo scaturito dall’inchiesta “Villa Verde”, sul presunto “sistema” adottato per consentire ai boss di sfuggire al carcere attraverso false perizie mediche ottenute con la connivenza di medici, avvocati e pubblici ufficiali. In primo grado sono stati condannati lo psichiatra Luigi Arturo Ambrosio, alla pena di 6 anni e sei mesi (più le spese); mentre 5 anni sono stati inflitti a Franco Antonio Ruffolo. Assolti, Gabriele Quattrone e Caterina Rizzo. Secondo la ricostruzione dell’accusa, Quattrone avrebbe ricevuto tramite Luigi Arturo Ambrosio, per conto di Caterina Rizzo, 5mila euro e ulteriori 636,21 euro per «redigere un un elaborato peritale attestante una patologia psichiatrica inesistente, per favorire Antonio Forestefano» e renderlo così “incompatibile” con il regime carcerario.
Questa mattina, la Corte d’Appello di Catanzaro ha assolto Luigi Arturo Ambrosio (difeso dall’avvocato Franco Sammarco e Innocenzo Palazzo) e Franco Antonio Ruffolo (difeso dagli avvocati Annamaria Domanico e Enzo Belvedere) «perché il fatto non sussiste». Gli avvocati del collegio difensivo mostrano grande soddisfazione per l’esito della vicenda giudiziaria durata 13 anni.

L’inchiesta “Villa Verde”

«Se il boss vuole evitare il carcere e il regime duro del 41 bis ci sono due strade che possono essere intraprese una è quella della collaborazione l`altra è sanitaria. Quest’ultima in particolare è stata seguita dagli esponenti della cosca Forastefano». Queste le parole utilizzate dall’allora procuratore di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, nel corso della conferenza stampa indetta per illustrare ai giornalisti i particolari dell’operazione denominata “Villa Verde”. La clinica psichiatrica situata a Donnici, nel comune di Cosenza, era diventata – per l’accusa – una sorta di buen retiro per gli uomini della mala che preferivano la casa di cura al carcere. Andrea Mantella, collaboratore di giustizia, ha confessato di esserci finito dentro grazie ai buoni “uffici” operati dagli avvocati e corrompendo periti che avallarono la sua simulata depressione. «Essendo detenuto con un reato ostativo – spiega Mantella – non potevo uscire dal carcere se non per una ragione di incompatibilità per motivi di salute». Ma la depressione «era tutta una barzelletta. Tutti in carcere fanno i depressi, si fanno crescere la barba, stanno con le stampelle. Poi escono e li trovi che vanno a giocare a tennis». Il racconto di Mantella è simile a quello reso dal pentito Samuele Lovato, in passato intraneo alla cosca Forastefano attiva nella Sibaritide. «Essendo detenuto con un reato ostativo – spiega Mantella – non potevo uscire dal carcere se non per una ragione di incompatibilità per motivi di salute». (redazione@corrierecal.it)

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