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Gli affari con la ‘Ndrangheta e il sogno italiano: per Mancuso ora l’appello del presidente della Colombia

Passato da narcotrafficante e coinvolto in due inchieste calabresi. Gratteri: «Mi confermò i rapporti del suo gruppo con le ‘ndrine»

Pubblicato il: 05/04/2024 – 10:45
di Giorgio Curcio
Gli affari con la ‘Ndrangheta e il sogno italiano: per Mancuso ora l’appello del presidente della Colombia

LAMEZIA TERME Per anni è stato considerato il “signore della coca” oppure il “signore della guerra”, uno dei più potenti narcotrafficanti della Colombia e in affari con le cosche della ‘ndrangheta calabrese. Il suo nome ricorda la più potente cosca del Vibonese, ma è solo una questione di omonimia. Salvatore Mancuso ne condivide il cognome e anche le ambizioni criminali, ma non è un affiliato delle ‘ndrine, ma per anni ne è stato il broker. Il suo è un nome “storico”, scritto nero su bianco in centinaia di pagine di indagini che hanno interessato il ricchissimo narcotraffico, lungo le rotte che dal Sudamerica portano all’Europa, all’Italia. E al porto di Gioia Tauro.

L’operazione verità

Il narcotrafficante classe ’64 Salvatore Mancuso Gómez noto anche come “El Mono Mancuso”, è comunque di origini italiane, di Sapri, ed è stato oltre che trafficante di cocaina, anche un capo paramilitare. Il suo nome è balzato di nuovo agli onori della cronaca in questi giorni, come sottolinea Il Fatto Quotidiano. E a pronunciarlo non è stata una figura qualsiasi, ma Gustavo Petro, presidente della Colombia. «Vorrei chiedere a Mancuso di venire nel mio ufficio, che cadano lampi e tuoni, per raccontare la sua storia e chiudere in modo simbolico la “stagione della caccia”. Lo dico io, da “cordobes a cordobes”, con le medesime origini italiane». Il presidente Petro, di fatto, chiede a Mancuso una “operazione verità” sulle complicità dei militari e della destra governativa nelle azioni di morte dalla fine del millennio. Il presidente colombiano vorrebbe riscrivere la Costituzione, ma solo dopo aver riscritto la storia con l’ex narcotrafficante. 

“El mono Mancuso”

I due, oltre a condividere l’appartenenza il Dipartimento di Còrdoba, hanno entrambi origini campane e un passato da “guerriglieri”. Petro è stato un guerrigliero del movimento comunista “M19”, in attività tra gli anni ‘70 e ’90 per poi deporre le armi per partecipare nel 1991 alla Costituente. Eletto nel 2011 sindaco di Bogotà, dal giugno 2022 è il primo presidente ex comunista della Colombia. A descrivere Mancuso, invece, ci hanno pensato sia l’ex procuratore della Dda di Catanzaro, Nicola Gratteri, che Antonio Nicaso, coautore con il pm di numerosi libri. «Mancuso – ha spiegato Nicaso – ha parlato di molti politici colombiani che erano nel suo portafoglio. Con la sua mossa di coinvolgerlo come fautore della pacificazione, il presidente Petro gli sta dando l’occasione di rientrare nel gioco politico colombiano», riporta ancora il Fatto. «Una volta ero in Colombia per indagare sui traffici di droga di Mancuso e lui venne ad alloggiare nel mio stesso albergo – racconta invece Gratteri – mentre un corteo di fuoristrada pieno di uomini armati di kalashnikov. Quando lo interrogai tempo dopo negli Stati Uniti, legato mani e piedi, mi disse che quel giorno voleva solo vedere il giudice italiano che voleva arrestarlo».  

I rapporti con la ‘ndrangheta

Gratteri spiega che sarà lo stesso Mancuso a confermargli i rapporti con la ’ndrangheta di molti narcotrafficanti legati alla sua organizzazione e parlò anche del sistema di corruzione che aveva messo in piedi grazie alla cocaina. Condannato a 15 anni negli Usa per avere prodotto e trafficato 100 tonnellate di cocaina, per anni l’Italia ne “sognato” l’estradizione. Fino al 2020, quando l’amministrazione USA ne ha sospeso l’espulsione verso il nostro Paese. Nelle scorse settimane gli Stati Uniti lo hanno “rimandato” in Colombia, ma sogna ancora di “tornare” in Italia.
Salvatore Mancuso proprio nel nostro Paese è stato indagato nelle inchieste della Dda di Catanzaro “Decollo” e “Galloway Tiburon” di Reggio Calabria, risalenti al 2004 e al 2006. Al centro, l’imponente traffico internazionale di stupefacenti tra Europa e Sud America. “El mono” Mancuso si è poi arreso nel 2004, poi è stato estradato negli Stati Uniti quattro anni dopo, ammettendo poi tutte le proprie responsabilità davanti alla giustizia americana legate essenzialmente al narcotraffico, spiegando di aver controllato dalla metà degli anni Novanta alcuni gruppi delle Auc incaricate della produzione di cocaina: secondo quanto riferito da lui, l’organizzazione poteva produrre duemila tonnellate di coca al mese. (g.curcio@corrierecal.it)

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