LAMEZIA TERME Era in grado di impartire ordini nonostante si trovasse in carcere ormai da diverso tempo, dall’ottobre del 2015, e di fornire direttive al gruppo per lo sviluppo delle trattative con i fornitori e le risorse utili a finanziare l’acquisto. Insomma, a Genova, Gabriele Puleo – raggiunto dall’ordinanza di custodia cautelare in carcere firmata dal gip Luisa Camposaragna – era ancora in grado di fare il bello e il cattivo tempo relativamente all’importazione di ingenti carichi di cocaina proveniente da diversi Paesi dell’America Latina.
Ne sono convinti gli inquirenti della Distrettuale antimafia di Genova la cui tesi accusatoria è stata accolta in buona parte dal gip del Tribunale del capoluogo ligure, con l’arresto di 22 soggetti. Tra cui proprio la figura centrale, individuata dall’accusa, il classe ’80 genovese, nome noto nell’ambiente da molto tempo, già condannato ad oltre 15 anni di carcere e considerato in rapporti strettissimi con Giuseppe Bellocco, classe 1987, figlio di Gregorio, considerato dalla Dda di Reggio Calabria il boss della famiglia di ndrangheta, al centro dell’inchiesta “Sant’Anna” decapitato le cosche Bellocco e Pesce di Rosarno. Catturato a Genova ad ottobre del 2015, il rampollo della ‘ndrina di Rosarno era stato beccato dai finanzieri mentre ritirava una partita di cocaina di circa 100 chilogrammi.
Iscritto all’AIRE (l’Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero) dal 2012 e residente a Barranquilla, in Colombia, secondo quanto emerso dall’indagine proprio grazie alle sue relazioni criminali in Sudamerica e in Europa e ai suoi rapporti con narcotrafficanti di elevato livello Puleo «sarebbe stato capace di organizzare complesse transazioni nel settore degli stupefacenti, importando in Italia e in Europa partite di cocaina che poi il suo gruppo immetteva sul mercato nazionale autonomamente, oppure fornendo a terzi il servizio di recupero di carichi spediti dal Sudamerica o dal Centro America, e ottenendo in cambio una percentuale – in denaro o in cocaina – comunque variabile, ma aggirantesi attorno al 20% del prodotto importato».
Il tutto contando – e non potrebbe essere altrimenti – sull’appoggio di Giuseppe Bellocco, all’epoca dei fatti ricercato per associazione mafiosa perché esponente di spicco della omonima cosca di ‘ndrangheta di Rosarno (poi condannato in via definitiva). Per gli inquirenti, dunque, una prova eloquente della caratura criminale. Secondo l’accusa, nel periodo di detenzione avrebbe organizzato almeno quattro importazioni di rilevanti quantitativi di cocaina, «dirigendo le operazioni dalla propria cella, all’interno del carcere di Marassi, impiegando almeno cinque telefoni cellulari introdotti illecitamente in carcere e grazie alla collaborazione in Italia e all’estero dei suoi associati», scrive il gip nell’ordinanza. Da lui, dunque, sarebbero partite tutte le direttive. Un sistema molto ben collaudato e messo in crisi soltanto dopo l’improvviso trasferimento nel carcere di Alessandria a novembre 2021. In quell’occasione, infatti, Puleo «era rimasto sprovvisto di telefoni per comunicare in sicurezza, causando l’interruzione immediata di tutte le operazioni in corso», riporta ancora il gip.
«Che abbiamo scarico salendo sopra e portando via con la barca che raccoglie spazzatura di tutte le navi». È una delle frasi più emblematiche intercettate dagli inquirenti della Dda di Genova dall’utenza criptata SkyEcc attraverso cui Gabriele Puleo (identificato come “TYR 751, Versace”) parlando con un interlocutore non identificato, chiedeva di fatto se avesse la possibilità di caricare droga sulle navi in arrivo a Genova, faceva riferimento allo loro possibilità di recuperare il carico.
All’interno della Casa Circondariale, infatti, gli inquirenti hanno scoperto la disponibilità di almeno sei apparecchi cellulari di cui quattro per comunicazioni criptate, «attraverso i quali poteva ideare e dirigere l’acquisto di partite di cocaina, grazie evidentemente al supporto dei sodali in libertà». Per l’accusa la disponibilità dei cellulari all’interno del carcere, introdotti grazie alla collaborazione illecita di altri soggetti, è «indice dell’elevato livello di organizzazione degli associati e della loro accertata dedizione alla commissione di illeciti nel campo degli stupefacenti». Ma cosa che più conta, sottolineano ancora gli inquirenti, è che l’associazione grazie a Gabriele Puleo «disponeva di una rete di relazioni che ne confermano l’inserimento ad elevato livello nel settore del traffico degli stupefacenti». Una rete di contatti maturata sia all’estero che in Italia, sia in Francia e a Parigi che in Olanda, Paesi in cui «poteva contare su recuperatori e dove dunque poteva far consegnare lo stupefacente proveniente dal Sudamerica». (g.curcio@corrierecal.it)
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