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La ‘Ndrangheta reggina che minaccia ancora i magistrati e quella cosentina che omaggia il boss

Dalla rivelazione di Domenico Ficarra alla solidarietà social a Ettore Lanzino. Alla passione di Rosa Falcomatà sino ai reperti archeologici rubati

Pubblicato il: 06/04/2024 – 6:57
di Paride Leporace
La ‘Ndrangheta reggina che minaccia ancora i magistrati e quella cosentina che omaggia il boss

Processo “Nuova Narcos europea” a Reggio Calabria contro la cosca Molè di Gioia Tauro. Si alza a deporre il collaboratore di giustizia, Domenico Ficarra detto “Corona”, picciotto dei Molè. E rivela che la cosca si era proposta di colpire il magistrato Roberto Di Palma, oggi Procuratore dei minori in riva allo Stretto, e che era entrato nel mirino come sostituto della Dda reggina. Il contesto dello scontro di una ‘Ndrangheta di solito sommersa va rintracciata in un processo del 2018 che vedeva alla sbarra don “Mommo” Molè che in udienza disse: «Vi piace vincere facile. Sempre con noi ce l’avete. Vi volete fare pubblicità sulle nostre spalle». Da trascrivere agli annali la reazione del togato: «Noi la trattiamo per quello che è, signor Molè, un mafioso. Se fosse vero, considerato che l’arresto ogni due mesi, dovrei essere procuratore nazionale e invece sono un semplice pubblico ministero. Lei invece, signor Molè, non è nessuno. Come vede, qui non ci sono giornalisti, non ci sono telecamere perché lei signor Molè, non conta più niente».

Roberto Di Palma 'ndrangheta pentito

A sentire il collaboratore di giustizia i Molè l’hanno presa malissimo e si sarebbero messi a ragionare su come farla pagare al dottor Di Palma per come esplicitato dal figlio del boss Roccuccio. Spalle larghe il magistrato che, riferiscono, non si sia molto turbato. Gioia Tauro, uno dei più grandi porti d’Europa per movimento merci. La ‘ndrangheta cerca di giocarci in casa. Da quelle parti, almeno, si capisce quasi sempre cosa è bianco e cosa è nero.

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Da altre parti la mafia è ombrosa, nascosta, la si commenta all’orecchio. A Cosenza per esempio. Dove è assessore in carica a Palazzo dei Bruzi, Francesco De Cicco, importante delega ai Lavori pubblici e alla manutenzione, sotto processo per associazione a delinquere finalizzata al gioco illecito ed intestazione fittizia di beni, con l’aggravante mafiosa. Francesco De Cicco è innocente fino a prova contraria sia ben chiaro. È un politico dei tempi nuovi. Molto operoso, egli è una sorta di sindaco di via Popilia con un legame molto stretto con i suoi elettori con cui mantiene contatti ad personam, disponibile a risolvere ogni istanza o emergenza di servizio. Pronto a stare con la destra e la sinistra in politica, basta che sia assessore. Quando la sua carcerazione preventiva è stata cassata, per ritenuta assenza di gravi indizi di colpevolezza, fu salutato al ritorno in consiglio comunale con un applauso solidale di tutte le parti politiche. Nel processo in rito abbreviato i pm della Dda hanno chiesto per lui 4 anni e 10 mesi. Si vedrà alla sentenza. Per il momento De Cicco ha inteso rilanciare. Il mese prossimo presenterà il suo nuovo movimento “Calabria libera – Futuro assieme”, osserviamo che è lo stesso nome del simbolo che trent’anni fa vedeva candidato sindaco a Cosenza il figlio del sovrintendente Aversa ucciso dalla mafia a Lamezia. Altri tempi. Il nuovo movimento di De Cicco si chiama fuori dagli schemi tradizionali e guarda alla Provincia e alla Regione. Il leader annuncia la presenza di suoi candidati alle elezioni di Mendicino e Montalto e gode già dell’adesione di consiglieri comunali di diversi paesi e di professionisti. Nelle dichiarazioni d’intenti annuncia di essere dalla parte dei cittadini. Prudenza e liturgie di altri tempi avrebbero indotto a lanciare l’iniziativa dopo la sentenza. Tra l’altro il comune di Cosenza si è costituito parte civile nel troncone principale di “Reset” ritenendosi parte lesa per i capi d’imputazione legati all’organizzazione mafiosa e per tristi questioni legati a passate edizioni della Fiera di San Giuseppe. Nessun imbarazzo invece per De Cicco, tra l’altro di queste vicende che hanno una loro gravità non parla nessuno.

ettore lanzino
Ettore Lanzino (foto Ansa)

A Cosenza tutto scivola, come nel caso della morte del boss Ettore Lanzino che ha registrato sui social mille solidali attenzioni da parte di cittadini che nel capo mandamento di Rende hanno voluto salutare una sorta di benemerito della città unica che per questioni di ‘ndrangheta e già riunificata in modo confederato a differenza del progetto amministrativo Cosenza-Castrolibero-Rende. Eppure, pochi mesi fa, il 24 novembre 2023, i sindacati avevano indetto una manifestazione a Rende all’insegna della parola d’ordine “Fuori la mafia dalle istituzioni, dall’economia, dalla società” e oltre venti associazioni avevano aderito all’iniziativa. Da questo arcipelago solo silenzio davanti ai mille solidali con Ettore Lanzino. A pensar male a volte ci si azzecca e quindi quella manifestazione di 4 mesi fa ha il sapore di professionismo dell’antimafia interessato al calcolo politico degli avvenimenti.

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Oggi sarà a Reggio don Luigi Ciotti, il fondatore di Libera, per presentare il protocollo “Liberi di scegliere” che vuole offrire nuove occasioni a minori e madri provenienti da famiglie mafiose. Considerata la cronaca siamo certi che don Luigi non farà mancare la sua vicinanza al minacciato magistrato Roberto Di Palma che al Tribunale dei minori opera attualmente. Riteniamo che don Ciotti, con la sua autorevolezza, potrebbe anche spendere una riflessione su quei mille cosentini che omaggiano la scomparsa del boss di Cosenza ritenendolo una brava persona.

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rosetta neto falcomatà

È morta Rosa Neto Falcomatà, per tutti Rosetta. Moglie e madre di due sindaci di Reggio Calabria. Non una grande donna dietro grandi uomini, direi una grande persona della migliore Reggio Calabria di tutti i tempi. Discreta nell’apparire, ma presentissima nell’occuparsi delle questioni di una città che ha visto la sua primavera, soprattutto negli anni del sindaco Italo, ma non venne meno l’impegno in anni più recenti e controversi. Professoressa di straordinaria cultura, grecista di talento, molti studenti hanno studiato sulla ristampa della Grammatica greca del professore Carmelo Restifo, che era stato suo professore di Liceo, e che aveva voluto con determinazione affidare alla sua personale curatela. Capace di dialogare con i presidenti della Repubblica e con semplici cittadini. Rosetta Neto Falcomatà è stata posseduta dalla passione della memoria nei confronti del marito Italo che aveva tenuto viva con le molteplici e meritorie iniziative della Fondazione che ora porterà anche il suo nome.

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Si torna a parlare della Scure letterata, prezioso reperto in bronzo dorato datato VI secolo a.C. e rinvenuto nel 1846 a Casalini di Porta della Serra a San Sosti, in provincia di Cosenza. Ha un’epigrafe in dialetto dorico e in alfabeto acheo. Sorta di Arca perduta, il prezioso oggetto dopo numerose peregrinazioni sta da tempo al British museum di Londra che l’aveva acquistata ad un’asta a Parigi nel 1884, trafugata illegalmente. Dopo vane richiesta di riaverla in Calabria, la vicenda è tornata d’attualità grazie all’avvincente volume che ha scritto Gino Famiglietti, archeologo e gran commis dei beni culturali, e che è stato presentato ieri, alla presenza dell’autore, nella sede della Fondazione del Premio Sila a Cosenza. Ha scritto e sostenuto, sul Sole 24 ore, Salvatore Settis che “la ratio recuperatoria” può ancora giustificare un decreto italiano di confisca al British museum. Una vicenda che ricorda quella della statua di Persefone, rinvenuta a Locri nel 1906, anche questa trafugata illegalmente e oggi in un museo di Berlino.
Presidente Occhiuto perché non apre una vertenza sui grandi beni archeologici rubati alla Calabria? (redazione@corrierecal.it)

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