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Abramo, la rabbia dei dipendenti: «Commissari assenti, non sappiamo che fine faremo il 1° luglio»

Il progetto-pilota della Regione potrebbe richiedere anche 9 mesi, ma per i 1000 addetti calabresi i tempi sono strettissimi

Pubblicato il: 07/04/2024 – 11:09
di Eugenio Furia
Abramo, la rabbia dei dipendenti: «Commissari assenti, non sappiamo che fine faremo il 1° luglio»

COSENZA Una data feticcio, anzi due, o forse tre. E le nubi che si addensano sul futuro. Per i lavoratori di Abramo Customer Care si profila un’estate di incertezza: il 30 giugno scade la commessa con Tim, ed essendo la seconda proroga consecutiva da tre mesi non potrà essere rinnovata. Poco più di un mese dopo – il 7 agosto – scade invece l’amministrazione straordinaria di Abramo, altro passaggio irreversibile dal momento che anche in questo caso i tre commissari non possono proseguire. «Ma tanto, finora sono stati del tutto assenti» attaccano Valentina Iannuzzo e Valeria Tarasio, due dipendenti di Abramo. A riprova, mostrano il video nel quale il presidente della giunta regionale Roberto Occhiuto, ospite di una trasmissione tv, lamenta di non ricevere dai commissari alcuna risposta, a differenza di quanto accade con i ministri e persino con i vertici Tim…
Iannuzzo (Cobas) lo scorso 26 marzo era al tavolo ministeriale in cui lo stesso Occhiuto – unico governatore presente – ha rilanciato il progetto pilota di digitalizzazione della Pubblica amministrazione che vedrebbe proprio la platea di Abramo (1000 in Calabria) coinvolta nel cosiddetto reskilling (letteralmente: aggiornamento delle competenze), con fondi Pnrr e 20mila lavoratori interessati in tutta Italia: i ministri Urso e Calderone si sono mostrati interessati ma ancora nulla si sa sulla eventuale regia dell’operazione.

La tempistica del “reskilling”

Al netto dei buoni propositi, il problema per i mille calabresi è nella tempistica: «Nessuna interruzione di continuità per i lavoratori» ribadisce da un lato Occhiuto, ma una prospettiva anche ottimistica proietta l’avvio del progetto al 2025; fonti non ufficiali attribuiscono all’assessore regionale Giovanni Calabrese l’ipotesi di 6/9 mesi. La situazione dei dipendenti calabresi è diversa da quella dei call center di altre regioni da coinvolgere nel reskilling in quanto Tim dal 2021 è la mono-commessa di Abramo: finita quella, il 30 giugno finisce tutto.  «E poi? – si chiede Iannuzzo – Che fine faremo? Cassa integrazione a zero ore, Naspi, disoccupazione, licenziamento collettivo?». Quello degli ammortizzatori sociali è un lessico con cui purtroppo c’è una lunga familiarità: negli ultimi quattro anni si sono succeduti il Fis (Fondo di integrazione salariale) e la Cigs (Cassa integrazione guadagni straordinaria). Attualmente, a causa del calo dei volumi di traffico del 30% («ma quello è legato anche al taglio del personale a cui Tim è ricorsa per risparmiare sui costi» chiosa Tarasio), si lavora in smart working in cassa integrazione con ritorni in sede: in media una settimana di lavoro al mese con buste paga davvero leggerissime per chi ha un contratto di poche ore.
Tim fa spesso leva sul proprio call center interno (Telecontact) ma anche l’intelligenza artificiale ha cambiato il servizio, rendendolo sempre più disintermediato con non poche ricadute sulle attese, spesso snervanti prima di poter parlare con un operatore: sono lontani i tempi in cui gli addetti all’inbound passavano il turno in cuffia, magari per rispondere a chi – a inizio duemila – chiedeva l’ammontare del credito residuo. In due decenni molto è cambiato.
Sullo scenario macro, non aiuta la fase attuale di Tim, con la trattativa per la cessione della rete di Telecom al fondo americano Kkr che potrebbe chiudersi entro l’estate.

«Come possiamo reinventarci a 50 anni?»

Valeria Tarasio, iscritta alla Cgil, ha una lunga esperienza – 18 anni – nel gruppo e può raccontarne la parabola nei minimi particolari. «Anzitutto specifico una cosa: Abramo per noi non è assolutamente un “lavoretto”, un extra: molti di noi hanno lasciato l’università e in anni di esperienza hanno accumulato professionalità e competenze. Sulla carta siamo semplicemente “addetti call center” ma siamo altamente specializzati e gestiamo ruoli anche complessi… Sono abilità difficili da certificare nel curriculum, purtroppo. Ma posso dire che la percezione del nostro lavoro all’esterno, fino a qualche anno fa, era di un qualcosa di solido, così come Abramo era percepita come un’azienda seria. Ricordo che molti dipendenti calabresi sono andati a fare formazione ai nuovi assunti nelle sedi all’estero».
C’è poi una ricaduta in un certo senso “sociale” nella vertenza che, dietro ai numeri, racconta la storia delle persone: «A essere investiti da questa crisi ci sono nuclei familiari: molti nostri colleghi, magari entrati ventenni da studenti universitari, si sono conosciuti in azienda e si sono sposati, si sono fatti una famiglia dove ora il rischio è che non entri neppure uno stipendio. Adesso, alla soglia dei 50 anni, come ci dovremmo ricollocare?».
I dipendenti sono disillusi e sfiniti da una situazione snervante che dura ormai da prima del Covid, persino nei sit-in la rassegnazione rischia di avere la meglio sulla rabbia.

La sede (in vendita?) e un nuovo incontro

Un altro punto interrogativo riguarda la sede di Montalto Uffugo, dove molti hanno iniziato anche vent’anni fa ma che nel tempo è andata svuotandosi: è in vendita? A circolare con insistenza è il nome del gruppo Barci, studio di ingegneria e contact center. Nessuna conferma ma neanche smentita.
Infine, tornando alle scadenze ostinate da cui siamo partiti, ci sarebbe una terza data: martedì 9 aprile un nuovo incontro potrebbe vedere contrapposti sindacati e commissari. Al di là dell’eventuale esito, già questa sarebbe una notizia.

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