Ultimo aggiornamento alle 15:43
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 3 minuti
Cambia colore:
 

il processo

Locri, Marjan Jamali alla sbarra: lo sbarco e le accuse «come ritorsione per essersi ribellata a una violenza»

La 29enne additata come scafista dai tre uomini che avrebbero abusato di lei. Accusato anche un 31enne: avrebbe cercato di difenderla

Pubblicato il: 08/04/2024 – 15:32
di Mariateresa Ripolo
Locri, Marjan Jamali alla sbarra: lo sbarco e le accuse «come ritorsione per essersi ribellata a una violenza»

LOCRI È entrata visibilmente provata nell’aula del tribunale di Locri, Marjan Jamali, la 29enne iraniana accusata di aver svolto il ruolo di scafista nel corso di uno sbarco che si è concluso al porto di Roccella Jonica nell’ottobre 2023. A puntare il dito contro di lei tre uomini che secondo i racconti della ragazza avrebbero abusato di lei. La 29enne si trova reclusa nel carcere di Reggio Calabria, lontana ormai da mesi dal figlio, un bambino di otto anni che nel frattempo è stato affidato a una famiglia afgana a Camini. Nel corso della prima udienza, davanti ai giudici del tribunale di Locri, la 29enne, difesa dall’avvocato Giancarlo Liberati, ha espresso ancora una volta la volontà di ricongiungersi con il figlio. Alla sbarra anche un 31enne, Babai Amir, difeso dall’avvocato Carlo Bolognino. L’uomo ha raccontato di aver tentato di difendere la donna dagli abusi, e per questo avrebbe subito la ritorsione dei tre che una volta sbarcati – poi facendo perdere le proprie tracce – hanno puntato il dito contro i due, accusandoli di essere gli scafisti.

Il processo

Sono due i punti trattati nel corso dell’udienza di questa mattina: il primo riguarda il nome dichiarato dalla ragazza, l’altro ancora più rilevante, la lingua madre della 29enne che sarebbe il farsi, mentre il primo interrogatorio si sarebbe svolto in arabo. Sul secondo punto il legale della donna ha chiesto ai giudici che venga pronunciata la nullità del decreto di giudizio immediato in quanto «è emerso, in violazione dell’articolo 143 del Codice di procedura penale, non è tradotto nella lingua parlata dall’imputata. La lingua conosciuta dall’imputata è il farsi, mentre il decreto di citazione al giudizio è in arabo, a differenza di tutti gli altri successivi atti che sono stati poi tradotti in farsi, con la successiva nomina di un traduttore di farsi».  
I dubbi sul nome della donna, secondo la difesa generati da un errore di pronuncia, verranno sciolti quando all’interno del cellulare della donna verranno rintracciati i passaporti di madre e figlio. Quelli cartacei, spiega l’avvocato Liberati, «sono stati gettati in mare dai veri scafisti poco prima dell’arrivo». Durante l’interrogatorio di garanzia Marjan Jamali «si è avvalsa della facoltà di non rispondere per non sbagliare, la donna era in stato confusionale e in più in videoconferenza, non capiva la lingua», è la posizione della difesa. Successivamente avrebbe raccontato tutto, della partenza dall’Iran alla Turchia, di quanto avrebbe pagato per imbarcarsi, delle violenze subite e delle minacce dei tre uomini che le avrebbero puntato il dito contro giurando vendetta una volta sbarcati. L’udienza è stata rimandata al 15 aprile, il collegio dovrà sciogliere la riserva: «circa l’ammissione del decreto di giudizio immediato e procedere al processo, oppure dichiarare che lo stesso è nullo e ritrasmettere gli atti all’ufficio di Procura per una nuova attività e si riparte dall’inizio». (m.ripolo@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano | Privacy
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x