COSENZA Una passerella di grandi calciatori del passato e nulla più. Può essere riassunta così l’ultima udienza del processo Bergamini, andata in scena oggi al tribunale di Cosenza (presente Donata, la sorella dell’ex centrocampista rossoblù, assente l’imputata Isabella Internò). Gianfranco Zola, Michele Padovano e Ciro Muro, tre campionissimi del calcio italiano e in parte cosentino, sono stati sentiti dalla Corte presieduta da Paola Lucente per verificare la credibilità di Pietro Pugliese (ex killer di camorra, leader della curva sud del Napoli e testimone di giustizia, nonché amico di Diego Armando Maradona) che nell’udienza dello scorso 13 febbraio, chiamato in causa dagli avvocati della difesa, aveva rivelato senza mezzi termini che Denis Bergamini il 18 novembre 1989 venne ucciso dalla malavita per il calcioscommesse. In quella deposizione Pugliese fece anche i nomi di Zola, Padovano, Muro, dei giornalisti Roberto Scardova e Fabrizio Feo e dell’ex detenuto Nicola Abbruzzese, questi ultimi tre ascoltati anche oggi.
Il primo a salire virtualmente sul banco dei testimoni è stato il giornalista Rai, oggi in pensione, Roberto Scardova. In collegamento via teams dalla caserma dei carabinieri di Reggio Emilia, l’uomo ha riferito di non sapere nulla della morte di Bergamini. «Ricordo – ha detto Scardova – di aver parlato nel 2007 o 2008 con un signore (quasi certamente Pietro Pugliese, ndr) che voleva rilasciarmi delle dichiarazioni per il Tg3 sulla droga e su Maradona. Ma non se ne fece nulla perché si trattava di informazioni da verificare. Ho seguito sia lo sport che la cronaca giudiziaria, conosco la vicenda Bergamini ma non me ne sono mai occupato. Con Pugliese non ho mai parlato di questo».
Dopo Scordova è toccato a Gianfranco Zola, ex fuoriclasse di Napoli (ai tempi di Maradona), Parma, Chelsea, Cagliari e Nazionale italiana e oggi vice presidente della Lega Pro. «Il nome di Pugliese – ha detto il calciatore sardo – non mi dice nulla, ma in quegli anni a Napoli io incontravo tanti tifosi». Zola ha confermato, come riferito dall’ex collaboratore di giustizia, di aver abitato alla fine degli anni ’80 in via Nicolardi a Napoli. «Io avrei riferito a quest’uomo notizie sulla morte di Bergamini? Stiamo parlando di 35 anni fa – ha spiegato l’ex calciatore – non ricordo questa circostanza. Non conoscevo neanche Bergamini, credo solo di averci giocato contro quando ero alla Torres e lui al Cosenza. Ma sono all’oscuro di tutto, così come non so nulla di fatti relativi al calcioscommesse a Napoli».
Tutto qui, dopo cinque minuti esatti, Zola ha lasciato l’aula e Cosenza, non prima di aver salutato Michele Padovano, suo compagno di squadra nel 1991 a Napoli. Proprio quest’ultimo è tornato per la seconda volta a rilasciare dichiarazioni in udienza sul caso del suo amico Denis Bergamini. Anche lui citato a febbraio da Pietro Pugliese. «Mai incontrato questo signore – ha evidenziato l’ex attaccante anche di Juventus e Cosenza. In quegli anni l’unico riferimento che avevo nella curva del Napoli era Gennaro Palombella».
Il tridente d’attacco ha chiuso la partita di giornata con l’escussione di Ciro Muro che ha vestito le maglie di Napoli e Cosenza. «Bergamini – ha ricordato – l’ho conosciuto a Milanofiori. In quella circostanza mi ha parlato di un suo possibile trasferimento a Firenze. Ma dopo poco tempo ci siamo ritrovati a Cosenza come compagni di squadra e mi disse che la trattativa era saltata. Abbiamo giocato insieme tre mesi prima della tragedia. Pugliese? Non so chi sia».
Gli ultimi due testimoni della mattinata sono stati il giornalista Rai Fabrizio Feo e l’ex detenuto nel carcere di Castrovillari Nicola Abbruzzese, anche loro chiamati in causa da Pietro Pugliese. «Mi sono occupato di mafia e terrorismo – ha specificato Feo, oggi inviato del Tg3 – e sono venuto diverse volte a Cosenza per seguire vicende legate alla ‘Ndrangheta jonica e tirrenica. Non sono un giornalista sportivo, ma facendo numerose inchieste sulla camorra, mi sono occupato anche di droga, di Maradona e delle sue frequentazioni con esponenti della criminalità organizzata. Sono venuto in possesso di foto, che poi sono diventate molto famose, in cui Maradona era in compagnia di appartenenti alla criminalità napoletana, come ad esempio Giuliano. Credo che Maradona non fosse neanche consapevole di chi gli stava accanto».
Del caso Bergamini il giornalista avrebbe voluto occuparsene, «venni attirato da quella strana vicenda. Mi dissi, ma com’è possibile che sia morto in quel modo? Ma quelli erano anni particolari, di guerre di camorra e non ho più approfondito la cosa». Pietro Pugliese ha detto di aver ricevuto da Feo scottanti rivelazioni sul caso Bergamini. «Quello che dice – ha affermato il giornalista – è totalmente falso, non l’ho mai incontrato. So chi è, mi ha cercato molte volte. Ci ho solo parlato al telefono, voleva che mi occupassi di cose che lui poteva sapere su Maradona. Ma figuriamoci se faccio rivelazioni a qualcuno, soprattutto a un collaboratore di giustizia, al massimo è il contrario. Mi voglio augurare che ricordi male. Il calcioscommesse a Cosenza? Sinceramente non ne so nulla. Mi sono solo occupato del calcioscommesse a Napoli e degli interessi della camorra».
Finale dedicato a Nicola Abbruzzese, cosentino ed ex detenuto fino al 2013 nel carcere di Castrovillari. Pugliese ha detto di aver saputo da Abruzzese che Bergamini venne ucciso perché voleva dissociarsi dal sistema di corruzione sulle partite. Nel carcere di Castrovillari in quegli anni era detenuto anche il figlio di Abruzzese, Celestino. «Ero finito in carcere per spaccio – ha sottolineato l’uomo – come mio figlio, ma da allora non abbiamo fatto più niente. Non conosco questo Pugliese e non so chi sia Bergamini, non ho mai sentito questo nome».
L’escussione di Gianluca Tiesi, rinviata ad oggi dalla scorsa udienza, è stata posticipata al prossimo 7 maggio ancora per motivi di salute del teste. (f.veltri@corrierecal.it)
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