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La Chiesa calabrese e il progressismo che non parla di Dio

«Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere Mons Savino, vice presidente della Cei, in un convegno per il Sole 24 ore organizzato a Cosenza. Già lo avevo apprezzato allorquando aveva chiesto di…

Pubblicato il: 10/04/2024 – 20:47
di Mario Campanella
La Chiesa calabrese e il progressismo che non parla di Dio

«Ho avuto la fortuna e il piacere di conoscere Mons Savino, vice presidente della Cei, in un convegno per il Sole 24 ore organizzato a Cosenza. Già lo avevo apprezzato allorquando aveva chiesto di fermare le iniziative che favorivano indirettamente la ludopatia. Una persona gioviale, intelligente, amabile. Non ho il piacere di conoscere personalmente Monsignor Cecchinato, vescovo di Cosenza. Entrambi rappresentano un importante segmento del progressismo cattolico, una sorta di emanazione post conciliare che interpreta la fede più in funzione della realtà che in chiave prettamente dottrinale. Monsignor Savino cita Gramsci (provenendo egli stesso dalla FGCI) e, come Cecchinato, incentra la sua attività pastorale essenzialmente sulla questione migranti. Il Vescovo di Cosenza, subentrato a una figura più mite come Nolè’, è invece in prima linea contro l’autonomia differenziata. Letta così la Chiesa calabrese sembra orientata a sostenere una visione di parte, chiaramente nobile, che sembra lasciare irrisolte questioni fondamentali per i credenti. È una Chiesa che parla poco di Dio, direbbe Dostoevskij, e molto più della fusione sociale e di cointeressenze umanitarie certamente rilevanti. Lascia scoperta teologicamente quella dimensione trascendentale che pervade la liturgia diffusa. Per chi va a messa (io non sono tra questi) è ormai consolidato ascoltare una pastorale sociale che esclude ciò che è spirituale. Eppure la Chiesa dovrebbe rivendicare temi che i cattolici sentono e che avvertono come una sorta di disillusione: una sorta di cultura della morte che attraversa l’Europa e che inserisce l’aborto come elemento costituente, un relativismo assoluto che dura da 40 anni sul consumo di droghe, il vuoto interiore del nichilismo post ideologico. Tutte cose preconizzate prima da Woityla e poi da Ratzinger e oggi completamente rimosse. Il risultato (non in Calabria ma in Italia e in Europa) è che le chiese sono sempre più vuote. L’elemento fideistico, la speranza di una vita migliore, sono di fatto archiviate. E se la Chiesa, nel suo insieme, smette di predicare una possibilità di vita parallela smarrisce la sua vocazione di evangelizzazione.È un tema che va oltre i confini regionali, ben oltre. Di fatto, una sorta di recupero della teoria della liberazione che Giovanni Paolo II contrasto ‘ con coraggio. Montanelli sosteneva che la grandezza della Chiesa fosse quella ” di non credere in Dio”. Il timore che ciò accada sempre più progressivamente rende ancora più vuota l’attualità. Purtroppo».

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