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QUARTA PARETE | «In Calabria non è più tempo di bastoni, c’è bisogno di convivenza civile» – VIDEO

Paride Leporace nella sua rubrica affronta i due episodi di cronaca di ieri: la troupe Rai aggredita come i calciatori del Crotone

Pubblicato il: 10/04/2024 – 15:38
QUARTA PARETE | «In Calabria non è più tempo di bastoni, c’è bisogno di convivenza civile» – VIDEO

«Che “Quarta Parete” analizziamo? Quella dei bastoni. Non i bastoni delle carte, ma proprio i bastoni, quelli nodosi che vengono utilizzati per picchiare. Analizziamo due gravi e brutti episodi della Calabria. Partiamo dai giornalisti, un mestiere certo difficile. Pensate che a Gaza sono morti dall’inizio del conflitto, in questi sei mesi, 160 giornalisti, spesso lo dimentichiamo. Ma un conto è essere un inviato di guerra, dove in quel tuo mestiere l’hai messo in conto che puoi perdere la vita, altro è che nel fare il proprio dovere ti ritrovi picchiato, insultato». Inizia così la nuova puntata di “Quarta Parete”, la rubrica curata da Paride Leporace e in onda, ogni mercoledì, su L’altro Corriere Tv (canale 75).
«È successo in Calabria, a San Pietro di Caridà, in provincia di Reggio Calabria, un bravissimo collega della RAI, Lorenzo Gottardo, piemontese, ha vinto il concorso ed è stato ben felice di venire a lavorare qui, a raccontare la nostra regione per il servizio pubblico. Ebbene, il giornalista, con l’ausilio di tecnici di un service, fa quello che è normale fare, soprattutto a 24 ore da un omicidio: è andato a sentire quello che era accaduto, voleva intervistare i parenti delle vittime. Se uno non vuole essere intervistato può anche dire di “no, grazie, non mi interessa”, non è un obbligo rispondere a un’intervista. Ben altra questione è aggredire il giornalista a bastonate, aggredire la macchina della truppe come è accaduto. Il pessimo episodio si deve al fratello della vittima e alla cognata, che si sono resi protagonisti di questa vicenda, che fa il paio con altre vicende clamorose. Ricordate la testata data a un giornalista che voleva intervistare il proprietario di una palestra in odore di mafia, che poi finì in carcere». «Qua abbiamo solo due denunciati, evidentemente il reato è stato ritenuto meno grave, però al di là del reato resta il gesto. Un giornalista deve stare attento oggi in Calabria dove va a porre domande, che è poi il suo mestiere, chiedere, sapere di più, informare. Ebbene, in Calabria abbiamo visto che esistono zone franche dove a fare questo mestiere si corrono dei rischi».
Al di là delle solidarietà che tutti stanno esprimendo e stiamo esprimendo, «c’è da meditare, perché noi sulla mafia abbiamo parecchi problemi collettivi, spesso non vediamo quello che accade».  

I calciatori del Crotone aggrediti

«Spostiamoci di scenario e andiamo in una bellissima caletta di Madonna della Colonna, di Capo Colonna, dove l’altro giorno, 8-9 giocatori del Crotone con le loro fidanzate si prendevano sulla spiaggia a un anticipo d’estate. Al Crotone va molto male, diciamolo, e l’ultima partita persa in casa ha lasciato molti malumori. Ma un conto è il malumore di un tifoso, un altro conto è una spedizione punitiva, come è accaduto. Circa una ventina di persone che ancora una volta, armati di bastoni, hanno aggredito i giocatori, li hanno insultati, minacciati e feriti». «Anche qui coro di indignazione a partire dal presidente Vrenna, ma quello che è accaduto è gravissimo e dà un marchio pessimo alla città di Crotone, alla regione Calabria e al vivere civile. Tra l’altro questi imbecilli neanche si rendono conto di aver trasformato l’amore per una squadra in un grande boomerang per la loro stessa squadra e per quello che deve affrontare nei prossimi anni. Perché queste cose poi fanno il giro d’Italia, degli addetti ai lavori e difficilmente un calciatore, come è già accaduto in passato in altri luoghi, andrà a giocare a Crotone a cuor leggero, sapendo con che tipo di persone c’è da fare». 
«Al momento questi aggressori sono ignoti, auspichiamo che vengano identificati, puniti e che Vrenna li allontani prima del Daspo dallo stadio e dalla convivenza civile, perché con i bastoni non si va da nessuna parte».  
Io so bene che abbiamo una cultura antica di autodifesa, ho letto l’Antonello di Misasi, laddove il pastore a cui era stata violata la compagna, dice davanti al tribunale “è mia, perciò ho reagito come omicidio”. Ebbene, quel tempo era antico, era il romanticismo dell’Ottocento, quel tempo deve essere finito definitivamente. In Calabria non è più il tempo di bastoni che lasciano il tempo che trovano. Cerchiamo di stare nella convivenza civile. Ce n’è bisogno per tutti».

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