COSENZA Condanne pesanti quelle invocate dal pm della Dda di Catanzaro Corrado Cubellotti al termine della requisitoria del processo scaturito dall’inchiesta denominata “Overture”. In un passaggio, il pubblico ministero sottolinea come episodio cardine del lavoro investigativo l’arresto di Vincenzo Laurato (richiesta pena di 18 anni) e quello di Alberto Novello che «producono effetti a catena, come un sasso gettato nello stagno». Nel processo, a vario titolo, gli imputati sono accusati di presunte estorsioni, danneggiamenti, intimidazioni e reati commessi a Cosenza e nei comuni dell’hinterland. Oltre allo spaccio di droga. Questa mattina, in aula, alcuni avvocati del Collegio difensivo hanno concluse le arringhe rispondendo alle accuse mosse dalla Distrettuale. L’avvocato Gianpiero Calabrese, difensore di Vincenzo Laurato, ha escluso qualsiasi coinvolgimento del suo assistito in un «gruppo» o «associazione» criminale.
«Non vi è la presenza di una cassa comune, della divisione di compiti, ed allora come si può parlare di un gruppo criminale», sottolinea Calabrese. Che poi si sofferma su Vincenzo Laurato. «Come fa ad essere partecipe di un sodalizio e nello stesso tempo prendere le sostanze stupefacenti da altri parti? Vi risultata che un partecipe ad un gruppo, per motivi personali, vada a prendere la droga da un altro soggetto che fa parte di un’altra presunta associazione?». Secondo il legale, il quadro accusatorio è riferibile, semmai, a singole persone e «non ad un gruppo organizzato». Al termine del blitz, in conferenza stampa, gli investigatori cosentini avanzarono l’ipotesi della presenza di un “Sistema Cosenza”, realizzato dopo la pax mafiosa tra i vari gruppi criminali della città organizzati sullo spaccio e sul rifornimento di droga e che si spartirebbero le zone per estorcere le imprese. Una pax sugellata dalla bacinella comune nella quale fare confluire una “rata” delle attività illecite. Quel “Sistema” per l’avvocato Calabrese non esiste e non sarebbe supportato da nessun riscontro. Anzi, il riferimento dei collaboratori di giustizia al “Sistema” sarebbe da intendersi in relazione «all’approvvigionamento della droga e non all’appartenenza alla presunta Confederazione».
«Non può essere l’arresto di Vincenzo Laurato il riscontro necessario all’accusa per asseverare la presenza di un gruppo criminale che fa riferimento ad Alfonsino Falbo». E’ l’incipit della arringa dell’avvocato Calabrese sul capitolo legato all’arresto del suo assistito. C’è un episodio che cristallizza l’accaduto ed è il monitoraggio da parte degli investigatori di un magazzino posto alle spalle di un oleificio, luogo dove presumibilmente alcuni degli indagati avrebbero nascosto della droga. «Il monitoraggio – come emerso dalla deposizione di un teste nel corso del procedimento – è avvenuto «un mese prima dell’arresto di Vincenzo Laurato». Gli altri due soggetti che si sarebbero recati al magazzino «ogni due o tre giorni» sarebbero «Luca Imbrogno e in una unica occasione Alfonsino Falbo». Cos’ha catturato l’occhio attento delle telecamere? «Si vedono alcuni soggetti che escono da un magazzino con alcuni pacchetti, la certezza del contenuto degli involucri è arrivato quando abbiamo arrestato Laurato», suggerisce l’operatore di pg chiamato a testimoniare. Il resto dello stupefacente è stato trovato nel frantoio ed «era confezionato allo stesso modo». Sempre secondo il teste, «le immagini hanno ripreso in due occasioni Laurato» con in mano una busta trasparente e un’altra nera ma senza nessuna informazione certa sul contenuto.
In aula, l’avvocato Calabrese ripercorre quanto accaduto. «I tre escono dalla casa in ristrutturazione e non dal magazzino». Si parla di Falbo Laurato e Imbrogno «e salgono su due auto diverse. Laurato su una Honda e gli altri su una Fiat 600, quest’ultima tenuta sotto controllo dalle forze dell’ordine. Le due auto partono quasi insieme e prendono la strada che conduce a Cosenza: la 600 continua il suo percorso mentre Laurato svolta e d’un tratto prende una traversa». La ricostruzione del legale si interrompe per lasciare spazio ad un interrogativo. Di quale staffetta parliamo? La “staffetta” in gergo criminale indica un viaggio concluso solitamente da due auto che si agganciano e danno il cambio per condurre la droga a destinazione nel tentativo di non destare sospetti. I due nella Fiat 600 «si chiedono dove sia finito Laurato, addirittura pensano ad una scappatella o ad un incidente e non si riferiscono di certo ad una staffetta». Inoltre, aggiunge il legale «Laurato farà rientro nel magazzino per poi essere fermato dalle forze dell’ordine che lo troveranno in possesso di una dose di hashish. Alle 15.25 viene eseguito l’arresto, ma fino alle 21.30 c’è un buco». L’avvocato Calabrese sottolinea un particolare già riferito in aula, nel corso del procedimento. «Noi avvocati (l’altro difensore al quale fa riferimento è Antonio Ingrosso, ndr) apprendiamo alle 21.30 dell’arresto di Laurato». «Mi chiedo – prosegue – se ci fosse stata davvero la presenza di una associazione criminale, qualcuno avrebbe dato un allarme, ci sarebbero state delle fibrillazioni, la voce sarebbe circolata e invece nulla c’è stato». Per quanto riguarda la telecamera puntata sul magazzino che avrebbe contenuto della droga, il legale ribadisce: «dalla ripresa nulla si vede e nulla si capisce». (f.b.)
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