COSENZA E’ uno dei luoghi più frequentati dai giovani cosentini, Piazza Santa Teresa è centro nevralgico della movida bruzia. In un insolito venerdì sera, gli spritz e gli apericena lasciano spazio alle narrazioni di guerra e pace, di conflitti e tentativi di cessate il fuoco. A pochissimi metri da Corso Mazzini, l’Arcivescovo metropolita di Cosenza-Bisignano Mons. Giovanni Checchinato guadagna la scena in apertura dell’appuntamento conclusivo di giornata del festival “Frontiere”. Si svolge dall’11 al 14 aprile a Cosenza, su iniziativa dell’Ufficio Migrantes di Cosenza-Bisignano, con il patrocinio dell’Unical e il sostegno della Fondazione Migrantes. Quattro giorni dedicati a quattro parole chiave: asilo, pace, accoglienza, popoli. Quattro giorni in cui si discute di linguaggio, diritti umani con talk itineranti nel cuore della città dei bruzi.
«Siamo abituati a pensarle come dei luoghi che limitano, in realtà la frontiera come parola, ha come etimologia ciò che sta di fronte e quindi ciò verso cui si deve concentrare il nostro sguardo. Non possiamo sempre e solo autocontemplarci perché chi si autocontempla non cresce.
«Non mi piace il termine militanza perché ricorda il militare. Però certamente la militanza significa partecipazione e nessun uomo, nessuna donna è escluso ed esclusa da questa responsabilità e da questo impegno. Non possiamo aspettare che siano gli altri a costruirci un mondo migliore, dobbiamo fare la nostra parte. Qualcuno ha storto il naso quando ho deciso di partecipare alla manifestazione contro l’autonomia differenziata e in quella occasione ho citato Giorgio Gaber, una sua bella canzone in cui lui diceva “libertà è partecipazione“.
«La Calabria ha dimostrato nell’accoglienza della gente semplice un sentimento vero, la solidarietà vera e questo mi stupisce. La forza del cambiamento raramente passa per i grossi centri, passa invece per le periferie e la Calabria – periferia rispetto all’Italia – sta mostrando che si può pensare e agire in maniera diversa». (f.b.)
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