«Quando c’è stata la riforma Cartabia, sono stato l’unico ad aver gridato e protestato. Ricordo, e questo mi è rimasto impresso, che il Consiglio dell’Ordine dei giornalisti nazionale non è andato, invece, in Commissione di Giustizia a contestare o a protestare». Lo ha detto il procuratore di Napoli ed ex capo della Distrettuale antimafia di Catanzaro, Nicola Gratteri, nel corso della trasmissione “100 minuti” in onda su La7. Il tema è quello dibattuto ormai da diverse settimane ovvero il tanto temuto “bavaglio” per i giornalisti di inchiesta previsto nell’ultima riforma.
«Posso affermare – ha spiegato ancora Gratteri – che già dal governo Orlando, quando è stata fatta in quel periodo la riforma, non ci sono più sui giornali notizie della vita privata degli indagati o degli imputati. Il cosiddetto “sputtanamento”, per usare lo stesso termine usato dal ministro in Parlamento». «Penso – ha detto ancora il procuratore – che i cittadini abbiano diritto, sul loro territorio, di sapere con chi hanno a che fare se la mattina incontrano qualcuno per strada e a maggior ragione ne hanno diritto se è coinvolto un parlamentare, un politico nazionale, regionale. Devono sapere cosa ha fatto». Perché, secondo Gratteri la cosa più importante dell’informazione «è che la gente sappia ciò che accade sul loro territorio, nessuno deve o può impedire che questo accada».
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