REGGIO CALABRIA «Sono quel ragazzo Andrea che ti avevo detto che venivo a prendermi i croccantini». A parlare in una conversazione captata dagli investigatori dell’inchiesta “Game Over” della Procura di Palmi e condotta dai Carabinieri del Comando Provinciale di Reggio Calabria è uno degli indagati finiti in carcere, Andrea Spirlì (cl. ’90). E’ al telefono con il proprietario di un negozio di attrezzature e mangimi per animali. «Adesso sto arrivando qua che un rappresentante mi sta aspettando e… mi devi dare dieci minuti per tornare», risponde al telefono Antonino Scarmato, proprietario dell’attività commerciale, per gli investigatori una delle figure di spicco operanti a Rosarno, dedite alla fornitura di stupefacente. Scarmato, legato da legami di parentela con il clan Bellocco, secondo le accuse non vendeva solo articoli per animali. «Uno degli indagati aveva convertito il proprio negozio di animali in un nascondiglio di sostanze stupefacenti con hashish, cocaina, marijuana nascosti tra le scatole di mangimi per animali. Tutto questo però non ha tratto in inganno Enno, il pastore tedesco del nucleo cinofili di Vibo Valentia il cui fiuto ha guidato i carabinieri a trovare sostanza stupefacente per oltre 100mila euro», ha spiegato il capitano Gaetano Borgese, comandante della Compagnia di Taurianova.
Cittanova, Taurianova e Rosarno i territori interessati dall’ultima operazione della Procura di Palmi in materia di lotta al traffico di droga. Diverse le operazioni che negli ultimi anni hanno cristallizzato sul territorio una fitta attività di spaccio, fra queste le indagini “New Age” (gennaio 2023), “Smart Delivery” (ottobre 2023), “Perseverant” (febbraio 2024). A Rosarno, – si legge nelle carte dell’inchiesta “Game Over” sono tre figure di particolare rilievo: Francesco Mileto (cl. ’91), Antonino Scarmato (cl. ’89) e Salvatore Fida (cl. ’67), tutti finiti in carcere.
Scarmato, si legge nell’ordinanza, «sebbene gravato da soli precedenti di polizia per delitti contro il patrimonio e contro la persona, è da ritenersi a tutti gli effetti ben inserito in dinamiche criminali di spaccio. E’, inoltre, legato da vincoli di parentela alle locali ed agguerrite consorterie mafiose dei Cacciola e dei Bellocco». Titolare dell’attività commerciale destinata alla vendita al dettaglio di mangimi per animali, secondo gli investigatori il 35enne utilizzava il negozio come «deposito dello stupefacente e come luogo d’incontro per i vari consumatori».
SPIRLI’ Andrea: ciao sono Andrea, quel ragazzo per il fatto dei croccantini.
SCARMATO Antonino: non ho capito.
SPIRLI’ Andrea: sono quel ragazzo Andrea che ti avevo detto che venivo a prendermi i croccantini!
SCARMATO Antonino: eh!
SPIRLI’ Andrea: e sono qua al negozio ma hai chiuso tu già?
SCARMATO Antonino: e lo sai perché? Che mi stanno aspettando un attimo qua fuori allo svincolo dell’autostrada, mi aspetti un quarto d’ora?
SPIRLI’ Andrea: assai è!
SCARMATO Antonino: e adesso sto arrivando qua che un rappresentante mi sta aspettando e… mi devi dare dieci minuti per tornare.
SPIRLI’ Andrea: dieci minuti e ci vediamo di qua?
SCARMATO Antonino: e sì.
SPIRLI’ Andrea: dai che aspetto di qua dai.
SCARMATO Antonino: ciao, ciao.
Spirlì – si legge nell’ordinanza – «da accertamenti svolti dalla P.G. operante, non risulta proprietario di alcun animale domestico e, tra l’altro, in nessuna delle conversazioni intercorse faceva riferimento a costi e/o tipologie di prodotti commercializzati dallo Scarmato». Gli indagati, secondo gli investigatori, si avvalevano di «un frasario riservato e prudenziale, onde evitare riferimenti diretti all’attività di spaccio, utilizzando il termine “croccantini” al fine di riferirsi allo stupefacente». «Del resto – si rileva nell’ordinanza – è illogico che ben tre soggetti (due dei quali spacciatori conclamati, come emerso dall’attività di indagine in esame) si fossero prodigati, anche nella ricerca di un mezzo di locomozione funzionante, di raggiungere un altro Comune per andare a reperire dei croccantini in un negozio per animali, timorosi che lo stesso chiudesse. Trattasi, evidentemente, di frasario in codice teso a voler celare la compravendita di sostanze stupefacenti, stante il timore di rimanerne privi». (m.r.)
Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato
x
x