REGGIO CALABRIA Sono stati svolti nella mattinata di lunedì 15 aprile, presso i laboratori del Ris di Messina, gli accertamenti tecnici di natura biologica sui reperti che potrebbero fare luce sull’omicidio del brigadiere Carmine Tripodi avvenuto a San Luca il 6 febbraio del 1985. Oggetto dell’inchiesta coordinata dai pm della Dda di Reggio Calabria Diego Capece Minutolo e Alessandro Moffa sono indumenti, sassi, toppe di asfalto, rinvenuti sulla scena del delitto e sulle quali ci sarebbero tracce ematiche riferibili ad uno degli aggressori del brigadiere. I killer di Tripodi non sono mai stati individuati, ma prima di morire per mano del commando che gli sparò contro diversi colpi di arma da fuoco, il brigadiere Carmine Tripodi, seppur ferito, riuscì a esplodere cinque colpi con la pistola d’ordinanza, ferendo uno dei suoi killer. È su quelle tracce di sangue che la Direzione distrettuale antimafia di Reggio Calabria sta svolgendo accertamenti che potrebbero riaprire il caso. L’obiettivo è l’estrapolazione di un profilo genetico e quindi «all’identificazione degli autori dell’omicidio mediante comparazione con altri profili genetici presenti in banca dati o altrimenti acquisiti».
Gli esami sono stati effettuati su tre indagati: Sebastiano Nirta (classe ’57), Giuseppe Pipicella (classe ’56) e Giovanni Pizzata (classe ’62). Adesso si attendono gli esiti per i quali non sarebbero stati forniti tempi certi. (m.r.)
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