LOCRI Avrebbe compiuto cinquant’anni oggi Massimiliano Carbone, se non fosse stato brutalmente ucciso con un colpo di arma da fuoco all’addome esploso da quei killer che lo hanno strappato alla vita imprigionandolo per sempre nei suoi trent’anni. Saranno vent’anni il prossimo 17 settembre. Vent’anni di dolore e di ricerca senza sosta di una verità che mamma Liliana Esposito Carbone non smette di chiedere e pretendere. Un uomo mite e generoso, così descrive Massimiliano, ma in grado di conservare lo stupore infantile per le piccole cose: «Raccolgo ogni mattina le campanule azzurre per metterle davanti alla sua foto, le seminò bambino e ne gioiva, li chiamava “i fiorellini con il sole dentro“». Il ricordo di Liliana è nitido e vivo, è forte la nostalgia per un passato lontano e la rabbia per un presente interrotto e un futuro distrutto: «Sarebbe stato un padre attento e affettuoso, per come ricordo la sua trepidazione alla nascita e nei primi anni del figlio che gli fu negato».
Era il 17 settembre del 2004. Come ogni venerdì, Massimiliano era andato a giocare a calcetto con gli amici. Stava rientrando a casa quando fu raggiunto da un unico colpo all’addome. A sparare con un fucile i suoi assassini, appostati dietro un muretto. Il 30enne venne portato d’urgenza al pronto soccorso dell’ospedale di Locri. Morirà dopo sei giorni di agonia, il 24 settembre, il giorno del compleanno di sua madre Liliana.
«È stato ucciso perché aveva avuto una relazione con una donna che interessava ai Cordì», rivelò nel 2017 un collaboratore di giustizia. Qualche anno prima della sua morte, Massimiliano aveva infatti iniziato una relazione con una donna che, poi si scoprirà, essere sposata. Una relazione dalla quale nascerà un bambino: sarà un test del Dna effettuato dopo la morte del 30enne ad accertarne la paternità. Ad oggi non esiste nessuna verità giudiziaria: l’unico indagato è stato prosciolto e il caso sull’omicidio è stato archiviato nell’ottobre del 2007.
Il nome di Massimiliano è tra gli oltre mille che ogni anno Libera legge in occasione della Giornata della Memoria e dell’Impegno in ricordo delle vittime innocenti delle mafie. E quest’anno una giovane con un cartello con il volto del 30enne di Locri ha sfilato per le strade di Roma, dove si è tenuto l’evento nazionale. Una grande emozione per Liliana che per quell’amato figlio continua a chiedere verità e giustizia: «Ormai quasi 20 anni senza una verità giudiziaria, nonostante ogni collaborazione di noi familiari, nonostante prove documentali e intercettazioni e incidenti probatori. Non si è voluto saputo, potuto tenere conto del contesto sociale e delle contiguità di persone indicate, indiziate, indagate». «Massimiliano è stato condannato all’irrilevanza, un morto ammazzato come tanti in un territorio abituato e indifferente». Una battaglia che mamma Liliana continua a combattere grazie a chi l’ha sempre sostenuta tenendo vivo il ricordo di Massimiliano: «Onorare la Memoria di Massimiliano sarebbe stato portargli Giustizia. Onorare davvero la Memoria di Massimiliano, fatta di molti ricordi, lo hanno fatto i tantissimi che hanno avuto un pensiero per lui, che gli hanno dedicato poesie e canzoni e articoli e saggi. I tanti che mi chiedono di testimoniare la mia esistenza dopo mio figlio, e che hanno commozione quando dico che non voglio edificare nessuno ma solo raccontare mio figlio». (m.ripolo@corrierecal.it)
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