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la manifestazione a cosenza

Suicidi in carcere, «è una strage». Nel lungo elenco anche agenti di penitenziaria – VIDEO

Il garante regionale dei detenuti: «Percentuale elevatissima nei primi 6 mesi di detenzione e negli ultimi 6 mesi di carcere»

Pubblicato il: 18/04/2024 – 13:47
di Fabio Benincasa
Suicidi in carcere, «è una strage». Nel lungo elenco anche agenti di penitenziaria – VIDEO

COSENZA Gli avvocati penalisti cosentini la definiscono «strage». Un insolito silenzio – questa mattina dinanzi al palazzo di giustizia di Cosenza – ha accompagnato la lettura di 31 nomi: tutte persone che hanno deciso di togliersi la vita all’interno degli istituti di pena. Nell’elenco scandito a voce alta dai penalisti cosentini non trovano posto solo i detenuti, ma anche gli agenti di polizia penitenziaria. Dal gennaio 2024 sono 31 i morti in carcere, «1761 quelle totali negli ultimi trent’anni, senza dimenticare le ulteriori 2910 morti per altre cause, tra cui malattie, omicidi e cause da ancora da accertare», precisa il presidente della camera penale di Cosenza, l’avvocato Roberto Le Pera. «È giunto il momento in cui lo Stato di diritto, primo tra tutti, deve ammettere che il carcere, così divenuto, è tortura. Che questo carcere è incostituzionale. Perché questo carcere è pena di morte». Affonda ancora Le Pera, che precede l’intervento del Garante regionale dei diritti dei detenuti Luca Muglia. «Un fenomeno allarmante in tutta Italia, anche in Calabria abbiamo registrato due suicidi nei primi due mesi dell’anno e uno alla fine del 2023. Per non parlare degli atti di autolesionismo che sono veramente svariati. Quello che fa più impressione è la percentuale elevatissima nei primi sei mesi di detenzione e negli ultimi sei mesi di carcere. Questo significa che sono persone vulnerabili che entrano in carcere e non reggono la prima detenzione, quasi sempre per pene che non superano i quattro anni, e che all’uscita non hanno un percorso di reinserimento, di risocializzazione all’esterno». L’elenco prosegue senza sosta, al leggio posizionato a pochi passi dall’ingresso de tribunale bruzio, gli avvocati leggono nomi e storie di chi ha compiuto l’estremo gesto. Arriva il turno dell’avvocata Ornella Nucci, presidente degli avvocati cosentini, e a sorpresa nell’elenco compaiono persone non identificate, sconosciute, rimaste senza nome e senza volto. Anche loro hanno scelto di togliersi la vita.
«Le carceri italiane non funzionano e come dice la Cedu sono un fallimento», tuona nel corso del suo intervento l’avvocata Valentina Spizzirri, componente dell’Osservatorio carcere UCPI. L’avvocata bolla come inutili i discorsi sull’edilizia carceraria e sulla «costruzione di ulteriori padiglioni» perché «costruire nuove carceri è impossibile». Il tema per l’avvocata Spizzirri «è politico». La portata del problema è tale da aver convinto «il nostro Osservatorio, dopo 5 anni di impegno, a creare dei sottogruppi di lavoro». Infine la chiosa: «Lo stato imprigiona i cittadini che violano le leggi ma lo stesso Stato deve essere messo dinanzi alle proprie responsabilità».

Pena residua e ingiusta detenzione

Il garante regionale, snocciola altri dati, decisamente drammatici e riguardano «le persone detenute per pena residua (non supera i cinque anni) sono ben 32.000 – in questo momento – in Italia. Una percentuale elevatissima, questo significa che in questo momento a non reggere il peso sono soprattutto le persone deboli e vulnerabili». Quali le soluzioni da adottare? «L’errore è pensare che ci sia solo una causa. Abbiamo le patologie psichiatriche, il sovraffollamento anche in Calabria e la carenza endemica di personale di polizia penitenziaria, di funzionari giuridico-pedagogici e di mediatori culturali. Sono concause che determinano questi eventi e che determinano eventi che hanno raggiunto in questo momento, dopo tre mesi del 2024, i numeri che negli scorsi anni avevamo dopo sette o otto mesi. Quindi bisogna intervenire presto perché altrimenti ci ritroveremo numeri sempre più inquietanti». I giardini antistanti il palazzo di giustizia di Cosenza sono dedicati ad Enzo Tortora, la mente corre veloce alla ingiusta detenzione. «È una questione importante perché le percentuali anche delle persone in misura cautelare in carcere sono molto elevate, così come quelle delle persone che hanno pene basse. È un tema assolutamente attuale, rispetto al quale certamente non sta ai garanti indicare soluzioni, ma è sul quale sicuramente bisognerebbe intervenire».
(f.benincasa@corrierecal.it)

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