ROMA «È un arretramento della democrazia e della libertà. Siamo sempre più Africa del Nord, con tutto il rispetto per l’Africa del Nord». Lo spiega Nicola Gratteri, procuratore capo di Napoli, in un’intervista a Il Fatto quotidiano dove commenta le riforme introdotte dal governo e dalla maggioranza sui temi della giustizia. «Non consentire l’uso del trojan come strumento per le intercettazioni nelle indagini contro la PA, e in particolare la corruzione, è – prosegue – un grave danno all’accertamento della verità e un grande favore ai centri di potere e a chi di corruzione vive. Sui “bavagli” ai giornalisti dico che è un trend da anni. Ma i cittadini, per poter fare scelte consapevoli, hanno diritto di sapere cosa accade sul loro territorio». Nelle ultime settimane – spiega Gratteri – è arrivato anche il via libera alla stretta sui sequestri di smartphone e pc. Sarà necessaria, come per le intercettazioni, l’autorizzazione del Gip. «Gli effetti sono drammatici oltre che potenzialmente nocivi. Nocivi perché chi mi assicura che tra il sequestro e la successiva clonazione un informatico non riesca a resettare da remoto la memoria del telefono? Drammatici perché si dilatano i tempi, appesantendo il lavoro dei Gip, già oberati, che devono sia autorizzare il sequestro sia disporre la “clonazione” della memoria dei supporti sequestrati, dopo un’udienza in contraddittorio con le parti». Secondo Gratteri «con queste riforme, unite alla legge Cartabia, fare indagini diventa veramente complicato e alla fine si perseguiranno solo i reati semplici da provare. Contrastare i reati contro la PA – conclude – sarà molto difficile».
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