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«Rendese dal primo giorno». La città unica ancora non esiste ma c’è (già) chi dice no

Sulla Grande Cosenza l’ultimo dei derby che da anni si giocano tra le due sponde del Campagnano. Principe vs. Mancini e non solo

Pubblicato il: 21/04/2024 – 14:59
di Eugenio Furia
«Rendese dal primo giorno». La città unica ancora non esiste ma c’è (già) chi dice no

RENDE C’è (già) chi dice no. «Città unica? No grazie! Rendese dal primo giorno». Il dibattito sulla Grande Cosenza si fa anche dai balconi, non solo sui social o negli incontri pubblici promossi da partiti politici e associazioni.
Alla faccia di chi sostiene che la città unica esista già nei fatti – e anzi possa o debba coinvolgere una cinta ancora più larga di comuni, dalla Presila ai Casali fino a Mendicino, ben oltre quindi la “Città spaghetto” avversata dagli attivisti del Comitato Città Policentrica che raccolgono firme per l’Unione dei Comuni – arrivano spinte autonomiste di basso cabotaggio: battaglia identitaria, o di retroguardia nei tempi dell’allargamento e graduale annullamento dei confini a mezzo web e globalizzazione?
Il dibattito straniante che prende forma nell’area urbana di Cosenza si sovrappone a quello sull’autonomia differenziata, forse avvertito come troppo tecnico a differenza di un appassionante scontro tra campanili che, al contrario, titilla l’orgoglio della provenienza territoriale: e si registrano posizioni anche un po’ schizofreniche come quelle dei tanti cosentini che da un lato vorrebbero la Città Unica ma dall’altro si oppongono all’ipotesi del nuovo ospedale all’Unical (Rende) volendolo piuttosto a Vaglio Lise (Cosenza).
È la stessa tendenza alla polarizzazione esasperata che si può trovare addirittura in una frazione (Donnici Superiore? Inferiore è tutta un’altra cosa!) oppure, spostandoci un po’ più a nord, nelle sfide elettorali di Montalto Uffugo dove i “paesani” – autoproclamatisi montaltesi nativi e puri – si contrappongono spesso ai “vallivi” considerati più ibridi per la vicinanza a Rende.

Fratelli coltelli. Una sfida in 5 mosse

Certo la dicotomia Cosenza-Rende non nasce certo oggi con il referendum sulla Città unica alle porte, come pare. È una contrapposizione – anche bonaria se non goliardica – che si gioca su più terreni, tutti consequenziali e con il calcio sorprendentemente, e una volta tanto, in coda: l’urbanistica (il piano regolatore con tanto verde e il mito delle «strade larghe»), la qualità della vita e l’offerta culturale (di recente Mimmo Talarico ha rivendicato il ruolo non solo di laboratorio politico ma anche economico e culturale –– con redditi pro capite e tasso di istruzione al top regionale, una popolazione giovane e una prestigiosa cittadella universitaria); l’Unical, appunto (il campus più grande d’Europa i cui studenti sono ancora un oggetto misterioso a Cosenza, sebbene il sindaco Franz Caruso ripeta sempre più spesso che nel giro di qualche anno il centro storico ne accoglierà 600, magari in residenze universitarie); persino la movida (andate a fare un giro nel weekend nel distretto via Marconi-Borromeo) e infine i trasporti: tutti ricordano la guerra ai tempi del BinBus, coi mezzi “sequestrati” a Rende, ma l’“autarchia” rendese si è manifestata anche in altri momenti (per esempio sullo svincolo autostradale, oggi Rende, ma chiamato spesso Cosenza Nord come fanno tanti cosentini per piazza Fera, corso d’Italia e, andando su con l’età, persino viale del Re).

Il derby toponomastico tra dinastie socialiste

Infine i viali Principe e Mancini: sì perché il derby dei derby, prima che sui prati del Lorenzon o del San Vito Marulla, è quello da Prima Repubblica tra i ras socialisti e i rispettivi casati di provenienza, oggi uniti proprio nella toponomastica di due viali eponimi finalmente saldati (sebbene non ancora anche per le auto) e con un curioso precedente sulla sponda rendese che ai tempi seppe di beffa.
È un fatto che molti dei cosentini in fuga dal capoluogo – passato in qualche decennio da 102mila a 60mila abitanti – siano approdati proprio oltre Campagnano, e non solo per la corsetta o le attività sportive e gli acquisti ma proprio cambiando residenza: sarebbe bello se il rendese che ha appeso quello striscione autonomista dal balcone fosse un ex cosentino fieramente rendesizzato, come quei “terroni” che dopo un anno “su” parlano già da “polentoni” e votano convintamente Lega. Sarebbe un’altra beffa.

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