SANTO STEFANO D’ASPROMONTE Seconda visita nel giro di pochi giorni del ministro dell’Interno Matteo Piantedosi nel Reggino che, nel pomeriggio, ha preso parte alla cerimonia di inaugurazione della nuova stazione dei Carabinieri a Santo Stefano D’Aspromonte. Alla cerimonia presenti, tra gli altri, anche la sottosegretaria con delega ai Beni confiscati Wanda Ferro, il Comandante Generale dell’Arma dei Carabinieri, il generale Teo Luzi, il procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo, il presidente della regione Roberto Occhiuto, il sindaco di Santo Stefano d’Aspromonte Francesco Malara, la prefetta di Reggio Calabria Clara Vaccaro, il sindaco di Reggio Calabria Giuseppe Falcomatà, il segretario regionale di Forza Italia Francesco Cannizzaro.
L’edificio, tra i beni confiscati al defunto boss Rocco Musolino, conosciuto come “il re della montagna” è uno stabile assegnato dall’Agenzia Nazionale per l’Amministrazione e la Destinazione dei Beni Sequestrati e Confiscati, nel maggio del 2019, all’Arma dei Carabinieri, che ha provveduto a riqualificarlo e ad adeguarlo alle esigenze operative e di sicurezza.
«Vogliamo essere giudicati non per il passato, ma per quello che oggi siamo», ha affermato nel corso del suo intervento il sindaco Malara che chiesto «collaborazione da parte di tutte le Istituzioni. Da qui si deve alzare un’unica voce: viva Santo Stefano d’Aspromonte e viva l’Italia», ha concluso il primo cittadino. «Da qui oggi parte un messaggio importante di legalità e di presenza dello Stato», ha sottolineato il comandante Luzi. In relazione agli anni bui che il territorio ha vissuto con i sequestri di persona e il giogo mafioso Luzi ha sottolineato: «La Calabria è anche altro, con territori meravigliosi, popolata da gente perbene e desiderosa di sviluppo. Questa caserma simboleggia la vicinanza dell’Arma al territorio e ai cittadini».
«Sono riconoscente alle Istituzioni presenti perché grazie a loro in questa regione tanti beni confiscati sono stati restituiti ai cittadini e adibiti a funzioni sociali», ha detto invece il presidente della Regione Calabria, Roberto Occhiuto. «Ciò che è stato costruito dalla ‘ndrangheta deve essere distrutto, perché questo ha un valore ancora più simbolico», ha sottolineato Occhiuto riferendosi alla demolizione di un ecomostro a Torre Melissa. «Lo Stato c’è, lo Stato è forte e solo lo Stato può garantire quei diritti che la ‘ndrangheta ha cercato di uccidere».
«È un momento che mi inorgoglisce» ha detto invece il ministro dell’Interno Piantedosi «perché assume una moltitudine di significati: festeggiamo un grande successo dello Stato, nella direzione di sottrarre alla ‘ndrangheta beni che sono stati utilizzati da loro e oggi li restituiamo alla comunità».
«La mafia vive di simboli, e noi mostriamo di essere capaci di trasformare i simboli del potere criminale in presidi delle Forze dell’ordine o in realtà al servizio dei più deboli, quindi in simboli di rinascita e di riscatto. In una terra in cui è necessario dimostrare ogni giorno la presenza anche fisica dello Stato, è evidente l’importanza di ospitare in un bene confiscato una caserma dell’Arma dei Carabinieri»: così il sottosegretario all’Interno Wanda Ferro.
Dal piccolo centro reggino di Santo Stefano d’Aspromonte Musolino era riuscito a scalare la vetta diventando l’imprenditore di riferimento nel settore boschivo, attività divenuta così redditizia grazie ai legami che Musolino era riuscito a intrecciare con la ‘ndrangheta. Fabbricati, appartamenti, villette, autorimesse, magazzini, terreni per un’estensione complessiva di oltre 800 ettari, conti correnti, polizze assicurative e depositi titoli: un impero da oltre 150 milioni di euro che si estendeva in tutta la provincia di Reggio Calabria e raggiungeva la Capitale con un costoso appartamento in Piazza dei Re di Roma.
Un vastissimo patrimonio, frutto di anni di illeciti, che adesso è proprietà dello Stato. Lo scorso 18 aprile, alla presenza del ministro Piantedosi, proprio in un immobile confiscato a Musolino nel centro storico di Reggio Calabria è stata inaugurata la nuova sede dell’Agenzia dei beni sequestrati e confiscati, in cui sono stati eseguiti lavori di “manutenzione straordinaria” per oltre 800 mila euro. (m.ripolo@corrierecal.it)
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