TORINO Sono 14 le persone rinviate a giudizio nell’inchiesta condotta dai finanzieri dei Gico della Finanza e la Direzione distrettuale antimafia della procura di Torino che avrebbe fatto luce su una presunta frode doganale da 15 milioni di euro. È una storia di magazzini fiscali e varchi doganali a Genova, Milano e Trieste, di rotte commerciali fantasma, con Trebisonda (Turchia) e Almaty (Kazakistan); di società a Dubai (Emirati arabi uniti) e nel Delaware (Usa), Paesi fuori dalla convenzione sul riciclaggio. Un business che, secondo l’accusa, sarebbe gestito da un mediatore a Rocco Zangrà, figura di spicco della ‘ndrangheta. «Io ti posso fare uscire le merci dal territorio doganale dove vuoi: Albania, Iran, Macedonia, Montenegro, non c’è problema», diceva in una intercettazione captata dagli inquirenti. L’associazione per delinquere finalizzata al contrabbando di tabacchi lavorati esteri — reato contestato a dieci imputati — avrebbe contrabbandato 15.740 chili di sigarette «marca Regina Red e Regina Blu»; nove bancali di tabacco per narghilé e 14 mila litri tra vodka (54 casse) e amaro (2.313 casse). Dalle indagini del Gico — Sezione criminalità organizzata — esce «uno spaccato di “un mondo in contrabbando”, caratterizzato da molteplici organizzazioni criminali con ramificazioni in molti Paesi europei ed extra Ue, che movimentano le più svariate tipologie di merce». Secondo l’accusa, per portare a termine operazioni illecite sul territorio italiano, «ci si rivolgeva a persone appartenenti a organizzazioni mafiose». In questo caso, la ‘ndrangheta. Anche con la collaborazione di un funzionario della Dogana di Genova, accusato di falsità ideologica in autorizzazioni amministrative.
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