Ultimo aggiornamento alle 7:06
Corriere della Calabria - Home

I nostri canali


Si legge in: 4 minuti
Cambia colore:
 

il caso

Le intimidazioni e l’affronto alla ‘ndrangheta: la battaglia di Tiberio Bentivoglio che rischia di essere cancellata

Dopo 13 anni per l’imprenditore testimone di giustizia è stata revocata la scorta. Dal 1992 lotta contro i clan. Nel 2011 sfuggì anche ad un agguato

Pubblicato il: 24/04/2024 – 20:19
di Giorgio Curcio
Le intimidazioni e l’affronto alla ‘ndrangheta: la battaglia di Tiberio Bentivoglio che rischia di essere cancellata

LAMEZIA TERME «Chi denuncia viene completamente abbandonato, chi come me lo ha fatto è diventato un peso, un fastidio e a volte rischiamo di passare per arroganti, disturbando con le nostre richieste di aiuto». Non potevano essere più profetiche di così le parole di Tiberio Bentivoglio, pronunciate di fronte alla commissione regionale Antimafia nel 2013. Quella dello storico commerciante reggino, divenuto testimone di giustizia, è una storia di coraggio e di lotta contro lo strapotere dei clan di ‘ndrangheta e i tentativi di “distruggere” i pezzi sani della società civile e del tessuto economico di questa terra.

Una storia trentennale

E ora che è stata diffusa la notizia della revoca della scorta, per Tiberio Bentivoglio, oltre ai messaggi di solidarietà, si è aperta l’ennesima oscura voragine. Più volte riconosciuto parte offesa nei processi come vittima della criminalità organizzata, ha sempre preferito definirsi un “Testimone di Verità in attesa di Giustizia”. Innamorato della sua terra, si ostina a non abbandonarla e la denuncia è diventata la sua arma per essere un uomo libero. Una storia iniziata in un tempo che sembra lontanissimo ma, purtroppo, sempre attuale. Era, infatti, il 1992 quando, il 10 luglio, non avendo accettato di sottomettersi alle richieste estorsive della cosca locale subì il primo furto. I clan forse erano convinti che, prima o poi, Tiberio e sua moglie Enza avrebbero ceduto. E invece non è stato così. La sua attività commerciale ha risentito negli anni dello “stigma” prodotto troppo spesso attorno agli imprenditori che denunciano il “pizzo”. Il “prezzo” da pagare per chi ha deciso di non piegarsi al volere delle cosche di ‘ndrangheta. Era già il 2013 Bentivoglio lamentava una certa “disattenzione” da parte dello Stato e delle istituzioni, nonostante i segnali e le minacce erano più concrete che mai. Come quando a Pasqua de 2014 trovò un sacchetto appeso al cancello di casa con dentro un biglietto con su scritto: “Farai la stessa fine”.


LEGGI ANCHE | Tiberio Bentivoglio: «Se chiuderò non sarà per ‘ndrangheta, ma per mancanza di Stato»


Pizzo, bombe, intimidazioni

La storia di Tiberio Bentivoglio, però, è una incredibile sequenza di episodi drammatici, contrassegnati da richieste di “pizzo”, bombe, intimidazioni e danneggiamenti. Dopo i furti di merce e l’incendio ad un furgone, il 5 aprile 2003 viene fatta esplodere una bomba nei locali dell’attività commerciale. Ma non è tutto perché, dopo una lunga serie di altre minacce, l’imprenditore subisce un tentato omicidio: è il 9 febbraio 2011 quando ad attenderlo ci sono dei sicari coi quali ingaggia un conflitto a fuoco, nel suo fondo agricolo di Ortì. Lo stesso fondo dove, ad ottobre del 2020, le forze dell’ordine che lo proteggono trovano una bombola di gas con innesco rudimentale. Qualche mese dopo, è l’agosto del 2021, una nuova lettera minatoria verrà recapitata presso l’abitazione di Bentivoglio.

I danni provocati nel magazzino dalla bomba del 28 febbraio 2016

Il negozio e la “messa in mora”

Clamoroso, invece, fu il caso legato alla lettera di messa in mora dove il Comune di Reggio Calabria, nel 2021, chiedeva la corresponsione dei canoni di locazione riferiti all’immobile confiscato nei pressi del lungomare, che da circa sei anni ospitava la “Sanitaria Sant’Elia”, il loro negozio di prodotti sanitari e per l’infanzia, inaugurato il 15 marzo 2016. La stessa realtà che, a febbraio, fu colpita da un attentato incendiario. Durante i lavori – aveva raccontato al Corriere della Calabria – per ristrutturare il bene e renderlo agibile era stato bruciato il deposito in cui era tenuta tutta la merce che doveva essere trasferita nel nuovo locale confiscato, mandando in fumo più di 800mila euro di merce.  
In una lettera, pubblicata ancora dal Corriere della Calabria, Bentivoglio spiegava: «Dal 1992 al 2014 siamo stati, come imprenditori, vittima di: “reiterati episodi violenti, lesivi ed intimidatori di intensissima gravità riconducibili certamente alla pressione della ‘ndrangheta ed alla sua strategia di intimidazione che non vorrebbe lasciare spazio all’iniziativa economica libera”».  

Il nuovo incubo

Ora, dopo tutto questo tempo e dopo una battaglia contro i clan durata oltre tre decenni, per Tiberio Bentivoglio e la sua famiglia si schiude un nuovo incubo. «Mentre leggono queste notizie, i mafiosi festeggiano perché pensano che chi li ha denunciati stia soffrendo» aveva detto tre anni fa al Corriere della Calabria lo stesso Bentivoglio. Una considerazione amarissima, purtroppo più attuale che mai. (g.curcio@corrierecal.it)

Il Corriere della Calabria è anche su WhatsApp. Basta cliccare qui per iscriverti al canale ed essere sempre aggiornato  

Argomenti
Categorie collegate

Corriere della Calabria - Notizie calabresi
Corriere delle Calabria è una testata giornalistica di News&Com S.r.l ©2012-. Tutti i diritti riservati.
P.IVA. 03199620794, Via del Mare, 65/3 S.Eufemia, Lamezia Terme (CZ)
Iscrizione tribunale di Lamezia Terme 5/2011 - Direttore responsabile Paola Militano
Effettua una ricerca sul Corriere delle Calabria
Design: cfweb

x

x