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“Overture”, le aggravanti e il ragionevole dubbio. La sentenza sul “Sistema Cosenza”

Estorsioni, danneggiamenti e droga. Il core business degli imputati. L’importanza delle denunce degli imprenditori

Pubblicato il: 24/04/2024 – 9:29
di Fabio Benincasa
“Overture”, le aggravanti e il ragionevole dubbio. La sentenza sul “Sistema Cosenza”

COSENZA Il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche prevalenti alle contestate aggravanti, consente agli avvocati del collegio difensivo degli imputati nel processo ordinario scaturito dall’inchiesta della Dda di Catanzaro denominata “Overture” di tornare a casa con un risultato tutto sommato positivo. L’estenuante e lunga giornata di ieri, al Tribunale di Cosenza, si è conclusa con la lettura della sentenza da parte della presidente del Collegio giudicante Carmen Ciarcia intorno alle 21. Alle 9.30, invece, la giornata si era aperta con le repliche del pm della Dda di Catanzaro Corrado Cubellotti alle arringhe degli avvocati di difesa.

La replica del pm

«Le discussioni sicuramente ben articolate presentavano profili comuni di criticità», ha esordito il pubblico ministero asserendo il «tentativo di opacizzazione della realtà e della evidenza probatoria» da parte degli avvocati e precisando: «Non è un processo fondato solo sulle dichiarazioni dei collaboratori di giustizia». Cubellotti annota una serie di precisi riscontri partendo dalla paventata «criticità della pozione dell’ex collaboratore Alberto Novello», per esempio in occasione dei «sequestri effettuati dopo il suo arresto: armi, droga e divise dei carabinieri e poi un foglio in cui viene illustrato un presunto battesimo di Riccardo Gaglianese in carcere». C’è un altro passaggio della lunga replica di Cubellotti che viene sottolineato più volte e riguarda il «sottobanco», ovvero la cessione e lo spaccio di droga operato in autonomia da alcuni soggetti senza informare il gruppo di riferimento. Nel caso specifico, ricorda Cubellotti «Novello lo dice e troviamo riscontri nelle intercettazioni. Gaglianese e Raimondo parlano del versamento di 1.000euro quando Novello decideva di acquistare lo stupefacente da altre parti». E in una occasione, l’ex collaboratore di giustizia «viene prestato da Gaglianese perché gli ha sottratto droga». Altro tema toccato, la circostanza dell’aggravante del metodo mafioso. «Molti hanno agganciato la difesa sul solco del procedimento giudiziario a loro favore come la pronuncia del Riesame o l’Appello», sostiene il pm. «La prova dell’associazione non è necessaria» se si ha riscontro di alcune dichiarazioni di persone coinvolte nell’inchiesta e dalle quali si evincerebbe l’esistenza di «un gruppo che si stava riorganizzando».

La prova indiziaria e il ragionevole dubbio

C’è un altro punto sul quale il pm ha insistito sia nel corso della requisitoria e sia in sede di replica e riguarda la prova indiziaria. Sul punto, Corrado Cubellotti ha richiamato la sentenza della Cassazione 8863 del 2020 dove viene «bandita qualsiasi valutazione atomistica e parcellizzata degli indizi che (…) vanno raccolti in senso logico attraverso un esame globale degli elementi certi, risolvendo eventuali ambiguità e consentendo di attribuire il reato all’imputato “al di là di ogni ragionevole dubbio” e, cioè, con un alto grado di credibilità razionale, sussistente anche qualora le ipotesi alternative, pur astrattamente formulabili, siano prive di qualsiasi concreto riscontro nelle risultanze processuali ed estranee all’ordine naturale delle cose e della normale razionalità umana». Sulla questione sono state veementi le controrepliche dei legali delle difese. E’ stato sicuramente, uno degli argomenti più roventi affrontati nel corso del procedimento celebrato a Cosenza.

Il “Sistema Cosenza”

Se da un lato, le difese possono ritenersi moderatamente soddisfatte per il risultato ottenuto e il mancato riconoscimento della natura armata dell’associazione, dall’altro lato l’accusa è riuscita a dimostrare come sia concreta la presenza di responsabilità in capo a quasi tutti gli imputati (solo due le assoluzioni decise dal tribunale) sulle estorsioni, sui danneggiamenti, sulle intimidazioni e lo spaccio di droga: tutti reati perpetrati a Cosenza e nei comuni dell’hinterland. Alle estorsioni perpetrate ai danni delle ditte impegnate nei lavori di ampliamento dell’Ospedale “Annunziata”, negli interventi di ammodernamento del sistema di illuminazione del campus universitario Unical di Rende e nelle opere di restauro del Convento di San Francesco di Paola a Spezzano della Sila, si affianca una intensa attività di spaccio di droga. Nel corposo registro delle intercettazioni autorizzate dalla Procura, sono finite alcune captazioni che riguardano l’ex collaboratore di giustizia Alberto Novello. Circostanze che hanno portato alla costruzione del “Sistema Cosenza” poi finito anche nel mirino degli investigatori che hanno portato a termine l’operazione “Reset“. Del presunto “Sistema” hanno parlato soprattutto i pentiti di nuova generazione: Luca Pellicori, Francesco Noblea, Celestino Abbruzzese, Giuseppe Zaffonte e Luciano Impieri. Sono loro a riferire come, nel caso dello spaccio delle sostanze stupefacenti, tutto dovesse passare da Alfonsino Falbo (condannato a 17 anni e 6 mesi) ritenuto a capo dell’omonimo gruppo. Secondo gli investigatori a rifornire la città di sostanza stupefacente, sarebbe stato anche Sergio Raimondo (in Appello la pena nei suoi confronti è stata rideterminata a sei anni per quanto attiene la cessione di droga mentre è stato assolto per il capo d’accusa legato all’associazione dedita allo spaccio). Da lui invece si sarebbe rifornito Riccardo Gaglianese (condannato a 17 e 5 mesi), indicato da Alberto Novello come «persona autonoma» capace di «provvedere da solo al rifornimento di cocaina costituendo un canale di vendita alternativo rispetto a quello di Falbo». Per quanto attiene le estorsioni, invece, il pm Cubellotti ha ribadito l’importanza delle denunce presentate dagli imprenditori che hanno consentito ai magistrati antimafia di dare ulteriore seguito all’attività di indagine nei confronti di alcuni degli indagati. In aula, nel corso del procedimento, è stato escusso come persona offesa il direttore tecnico dell’azienda “Tommaso De Nisi”, l’ingegnere Francesco De Nisi. Che ha denunciato ai Carabinieri di Cosenza la richiesta estorsiva ricevuta da due soggetti presentatisi nel cantiere aperto a Cosenza. Coinvolti nell’episodio oggetto di contestazione Gianfranco Sganga – «promotore e organizzatore, percettore del provento illecito derivante dalla richiesta estorsiva, in virtù della sua presunta appartenenza criminale al gruppo “Lanzino-Cicero”» – condannato a 6 anni e 2 mesi e Pietro Mazzei (condannato a 3 anni e 6 mesi) «quali soggetti deputati alla intimidazione e riscossione del denaro frutto dell’estorsione». La ditta “Tommaso De Nisi” è assegnataria dei lavori di ampliamento all’interno dell’ospedale Annunziata di Cosenza e nel febbraio 2017, un dipendente ha ricevuto la visita di due persone accompagnata da una richiesta, «quella di metterci a posto». I due imputati sono stati condannati al risarcimento del danno nei confronti di De Nisi e al pagamento delle spese processuali della parte civile.

Le condanne

Claudio Altomare 900 euro di multa
Francesco Amendola 1 anno e 6 mesi
Gaetano Bartone 6 anni e 9 mesi
Dimitri Bruno 8 mesi
Giuseppina Carbone 6 anni e 10 mesi
William Castiglia assolto
Egidio Cipolla 6 anni e 7 mesi
Silvio Donato assolto
Alessandro Esposito 900 euro di multa
Mario Esposito 900 euro di multa
Alfonsino Falbo 17 anni e 6 mesi
Manuel Forte 6 anni e 9 mesi
Massimo Fortino 1 anno e 6 mesi
Alfredo Fusaro 8 mesi
Gianfranco Fusaro 6 anni e 8 mesi
Riccardo Gaglianese 17 anni e 5 mesi
Luca Imbrogno 10 mesi
Massimo Imbrogno 12 anni e 2 mesi
Vittorio Imbrogno 2 anni e 8 mesi
Vincenzo Laurato 10 anni e 8 mesi
Francesco Le Piane 900 euro di multa
Carmine Lio 3 anni e 20 giorni
Pietro Mazzei 3 anni e 6 mesi
Umberto Mazzei 10 mesi
Ottavio Mignolo 1 anno e 6 mesi
Cesare Quarta 6 anni e 6 mesi
Gianfranco Sganga 6 anni e 2 mesi

(f.benincasa@corrierecal.it)

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