TROPEA È arrivata ieri, in serata, la decisione del Consiglio dei ministri: il comune di Tropea, punto di riferimento del turismo calabrese e “traino” di quello vibonese, è sciolto per mafia. Per la “Perla del tirreno” si tratta del secondo scioglimento in poco tempo, dopo quello che nel 2016 fece decadere l’amministrazione Rodolico, a soli due anni dall’elezione. «Forme di ingerenze della criminalità organizzata che hanno esposto l’amministrazione a pressanti condizionamenti» si leggeva nel decreto pubblicato nel 2016. Una situazione che, in attesa della relazione che sarà pubblicata a breve, sembrano interessare anche l’amministrazione guidata da Giovanni Macrì dopo la vittoria nel turno elettorale di ottobre 2018. Motivazioni che hanno convinto prima il prefetto Giovanni Paolo Grieco a inviare la commissione d’accesso agli atti, poi il Cdm a confermare lo scioglimento. Intanto oggi si è già insediata la Commissione prefettizia.
Le motivazioni ufficiali della decisione del Cdm verranno rese pubbliche fra qualche settimana. L’amministrazione tropeana era già finita al centro di cronache giudiziarie in seguito all’operazione “Olimpo”, inchiesta che ha colpito, tra gli altri, il clan La Rosa originario della Perla del Tirreno, evidenziando come l’influenza ‘ndraghetista arrivasse anche a «controllare» il porto e le attività locali. Le ‘ndrine tropeane, favorite dai rapporti con le potenti famiglie dei paesi limitrofi, avrebbero tentato di infiltrarsi nelle attività imprenditoriali della Perla del Tirreno, approfittando della grande attrattiva turistica e commerciale del comune vibonese. Ma ad attirare l’attenzione erano stati soprattutto alcuni rapporti parentali di esponenti dell’amministrazione, riportati nella relazione prefettizia del primo scioglimento ma che la stessa Prefettura aveva ritenuto candidabili, dichiarando al contrario l’incandidabilità soltanto per l’ex sindaco e per due assessori.
«Sono rammaricato, non me lo aspettavo» è il commento a caldo del sindaco Giovanni Macrì. Lo stesso primo cittadino durante i mesi di commissione non si è tirato indietro dal criticare più volte una legge, quella sullo scioglimento, definita «imperfetta, pericolosa e dannosa». La commissione d’accesso, insediatasi lo scorso ottobre, aveva ricevuto la proroga a gennaio. Una decisione che sempre Macrì aveva ritenuto «di una gravità inaudita» sostenendo si trattasse di «un’iniziativa che di fatto sta smontando progressivamente la stessa agibilità e motivazione quotidiana nell’azione di governo e dei suoi rappresentanti istituzionali». Soprattutto, spiegava il sindaco, perché sarebbe arrivata a pochi giorni dalla presentazione delle liste per le prossime elezioni comunali di giugno. Il Comune sarà adesso retto da una commissione straordinaria per un massimo di 18 mesi. «Vedremo le motivazioni e stabiliremo il da farsi» ha aggiunto ieri Macrì.
Già il comune di Soriano, sciolto lo scorso anno, aveva provato a presentare ricorso contro la decisione del Cdm, con il Tar del Lazio che a giugno ha confermato il provvedimento. Tropea si aggiunge anche ai già sciolti Acquaro e Capistrano. Si tratta, dunque, del quarto comune vibonese attualmente finito sotto il controllo della commissione straordinaria. Il rischio è che la situazione potrebbe ulteriormente aggravarsi, dal momento che altre quattro amministrazioni attendono l’esito dei controlli. A finire nel mirino della Prefettura sono anche Nicotera (attesa a breve la decisione dopo la proroga di gennaio), Stefanaconi, Mileto e Filadelfia. A queste si aggiunge la commissione d’accesso inviata all’Asp di Vibo, a sottolineare l’alto rischio di permeabilità mafiosa nelle istituzioni del Vibonese. (Ma.Ru.)
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