CATANZARO Figlia di partigiani che da bambina in Emilia Romagna ha visto con i propri occhi l’orrore della violenza nazista e poi, da adulta, lei stessa “partigiana” in terra di Calabria, una terra che non è la sua ma che è diventata sua per amore, nelle due diverse declinazioni: l’amore per colui che sarebbe diventato suo marito ma anche l’amore per una realtà difficile come quella calabrese ma forse bellissima proprio perché così difficile. E’ una doppia “resistenza”, la vita di Lorenza Rozzi, oggi una splendida signora sulla soglia dei 90 anni che dai ’60 vive a Catanzaro dove si è fermata dopo numerose e intense esperienze in mezza Europa e dopo un’infanzia anche dolorosa: lei, bambina ai tempi delle rappresaglie naziste, in Emilia Romagna, Lorenza Rozzi – figlia di un partigiano e nipote di partigiani, tra cui la leggendaria zia Regina, «nobile e contadina, coraggiosissima, era staffetta oltre le linee delle montagne», l’ha ricordata lei in tante occasioni – la guerra, quella vera, l’ha vista e vissuta in prima persona. La paura ma anche la voglia di reagire e di lottare che alla fine l’hanno portata in Calabria, a Catanzaro: Lorenza ha trovato qui l’uomo della sua vita – lo stimatissimo medico Riccardo Spinoso, che oggi non c’è più – e soprattutto ha trasmesso i valori di libertà e solidarietà cementati nella sua testimonianza concreta a una mezza dozzina di generazioni di persone e ha lasciato segni tangibili della sua opera, come l’avvio della prima scuola di formazione per infermieri a Catanzaro e le tante lotte per i diritti civili e sociali, a partire da quelli delle donne, lotte condotte nelle “barricate” erette contro i pregiudizi e le discriminazioni, ancora più inscalfibili nel Sud patriarcale e arcaico.
Appunto una “resistente” a tanti livelli, Lorenza Rozzi, la cui esemplare storia personale e professionale si staglia a ogni ricorrenza del 25 aprile come una lezione permanente, a futura memoria. Perché dalle terribili esperienze vissute nell’infanzia emiliana Lorenza Rozzi ha tratto la forza per abbattere confini e barriere, non solo culturali ma anche sociali: a 17 anni era in Svizzera, poi tre anni a Roma, poi Parigi e quindi la Calabria, che Lorenza ha amato e ama alla follia, ricambiata, con il cuore e la mente di una ragazzina anche se ovviamente le ingiurie del tempo l’hanno necessariamente allontanata dalle occasioni di incontro collettivo. Ma lei è lì, che sembra vegliare su tutti dall’alto della sua storia che è un monito in tempi come questi nei quali certi valori stanno pericolosamente vacillando. Lorenza Rozzi fa parte del Comitato d’onore dell’Anpi-associazione partigiani di Catanzaro, è l’unica componente dopo le scomparse di altre figure leggendarie della Resistenza e dell’antifascismo, come Quirino Ledda e i partigiani Carlo Manente e Mario Sirianni «Per questo – confida Mario Vallone, presidente dell’Anpi Catanzaro – Lorenza Rozzi è ancora più di prima un nostro punto di riferimento, anche perché nonostante la sua età resta ancora impegnata sul fronte delle battaglie sociali e civili ed è sempre combattiva. Resta una nostra bussola e un immenso esempio con la sua coerenza, in un contesto nel quale domina il trasformismo, e con la sua schiena dritta, in un contesto fatto di attacchi sistematici ai valori e ai principi della Costituzione. E Lorenza la ricordiamo anche questo 25 aprile insieme ai tanti uomini e donne di Catanzaro che hanno combattuto per la nostra libertà e oggi non ci sono più e dei quali intendiamo tenere viva la memoria con diverse iniziative nei prossimi mesi». (a. cant.) (Foto in copertina di Carlo Troiano)
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