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Il futuro dei luoghi periferici del Mezzogiorno e della Calabria

Dovremmo chiederci qual è l’idea che i candidati al Parlamento Ue, soprattutto calabresi, hanno delle aree interne e montuose

Pubblicato il: 26/04/2024 – 6:47
di Emiliano Morrone
Il futuro dei luoghi periferici del Mezzogiorno e della Calabria

LAMEZIA TERME L’Accademia della Crusca ha accolto il termine «restanza», coniato da Vito Teti. Nel libro “Pietre di pane. Un’antropologia del restare”, pubblicato nel 2011, lo studioso puntualizzò: «L’avventura del restare – la fatica, l’asprezza, la bellezza, l’etica della restanza – non è meno decisiva e fondante dell’avventura del viaggiare. Le due avventure sono complementari, vanno colte e narrate insieme».
Allora Teti considerò due caratteristiche di tanti calabresi: molti di quelli rimasti amano universalizzare il discorso sulle qualità del loro territorio, che ritengono unico al mondo; numerosi emigrati, invece, hanno un’idea fissa dei luoghi di origine, quasi il bisogno – ancora oggi – di conservare un passato remoto che il capitalismo ubiquitario cancella, altera o minaccia. Da parte loro, i giovani calabresi fuori regione, partiti per l’università oppure in cerca di lavoro, vivono attraverso i social le contraddizioni dei loro paesini, moderni nei consumi ma non nei servizi. Nel contempo, i fuori sede nutrono manifeste speranze personali di riscatto collettivo e di ritorno a casa propria. Quest’ultimo è un aspetto in genere poco considerato, benché ormai evidente e ricorrente. La «restanza», secondo la Crusca, è l’«atteggiamento di chi, nonostante le difficoltà e sulla spinta del desiderio, resta nella propria terra d’origine, con intenti propositivi e iniziative di rinnovamento». Teti, in breve, focalizzò un concetto, che è assieme elemento distintivo dei residenti in Calabria, soprattutto nelle aree interne e montane: restare è duro ma per molti versi necessario, di stimolo in un contesto specifico alquanto segnato da marginalità, povertà e minorità. Di recente, a “La Repubblica delle idee” si è dibattuto, a Napoli, di aree interne, tema di cui si è molto occupato il Corriere della Calabria. In particolare, un confronto plurale sul destino dei luoghi più isolati e meno raggiungibili del Mezzogiorno ha permesso di analizzare il presente e di guardare al futuro locale in maniera obiettiva. Lì, a Napoli, l’economista Pasquale Tridico ha contestato, in merito al presente, «l’efficienza nobilitata al new public management». Secondo l’accademico, già presidente dell’Inps, l’economia di scala è diventata la «misura di tutte le cose: per le scuole, per gli ospedali, per gli impianti sportivi, per gli uffici pubblici, le poste, i carabinieri e persino per le chiese». «Tutto – ha osservato il professore Tridico – è oggi incentrato verso il mega, il metropolitano». Il fine, il mito dell’efficienza, insomma, è, per parafrasare il filosofo Protagora, la misura di ogni cosa, e peraltro ispira e guida le politiche dell’Unione europea, poco attenta alle specificità dei territori e alle loro differenze; al netto del dichiarato obiettivo, europeo, di sostenere il recupero delle cosiddette «aree depresse», tra cui, appunto, la Calabria. Dovremmo allora chiederci qual è l’idea che i candidati al Parlamento Ue, intanto calabresi, hanno delle aree interne e montuose della Calabria. Dovremmo domandarci come, detti candidati, pensano che questi territori possano mantenere residenti e servizi di base, e se, a loro avviso, i posti in questione abbiano un futuro, in un periodo storico in cui contano le dimensioni, l’efficientamento amministrativo e le ragioni dell’economia e della finanza. Accentramenti amministrativi, accorpamenti, fusioni e marginalizzazione dei luoghi a bassa densità abitativa sono, ormai, una costante della modernità, in cui si moltiplicano prassi di inglobamento di servizi, di rinuncia ai diritti individuali e collettivi e di meccanica accettazione di decisioni penalizzanti in nome di razionalizzazioni devianti, in sostanza contrarie alla persona umana. Oggi, perciò, la grande sfida riguarda la sorte, il futuro dei luoghi – per così dire – periferici del Mezzogiorno e della Calabria in particolare, cioè di quelli scollegati, poco accessibili, marginali e con servizi pubblici inadeguati. In proposito, va obiettato che la logica (dominante) degli investimenti pubblici privilegia opere come la Variante di valico (tra Toscana ed Emilia-Romagna), sulla scorta della (maggiore) dimensione della relativa utenza. Dunque viene colpita, per quanto concerne il potenziamento della ferrovia e della Statale, la costa ionica della Calabria, che ha pochi abitanti. Ci sono, poi, enti locali calabresi che puntano sulle risorse dei rispettivi territori. Come Cotronei (Crotone), che il 27 e 28 aprile prossimi promuoverà il convegno nazionale “Ecosistema, biodiversità, salute e ben-essere: le potenzialità del territorio silano”, con la partecipazione del presidente dell’Istituto superiore di sanità, Rocco Bellantone, del presidente del Consiglio regionale della Calabria, Filippo Mancuso, di altre autorità pubbliche e di scienziati ed esperti che si confronteranno, in questo primo appuntamento del progetto “Sila scienza”, sulle particolarità ambientali dell’area silana, sul nesso tra salubrità dell’ambiente e benessere della persona, sulla geodiversità dell’altopiano silano, su come sfruttare le risorse agroalimentari del territorio, sui prodotti del sottobosco, sulle caratteristiche dell’olivicoltura locale in relazione alla salute, sulla valorizzazione del paesaggio storico-culturale in Sila e sui vantaggi dell’economia circolare.
Si tratta, allora, di un appuntamento importante da seguire, su cui riflettere e ragionare senza pregiudizi. Purtuttavia, la domanda di fondo resta in piedi: è sufficiente affidarsi, a proposito dell’avvenire delle aree interne della Calabria e per evitarne lo spopolamento, a iniziative tipo quelle dei Comuni come Riace, che ha aperto all’accoglienza di extracomunitari, come Caccuri, che può vantare un proprio festival letterario di richiamo, o come Belmonte Calabro, che con progetti culturali di ampio respiro attira ricercatori e studiosi da ogni parte del mondo? Alla domanda dovremmo cercare di dare una risposta e un seguito veri.
(redazione@corrierecal.it)

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