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Padre Vermorel cerca una casa. L’eremita francese costretto a lasciare l’Eremo di Sant’Ilarione

L’archeologo Cuteri: «La struttura necessita di lavori di restauro, il monaco sente il bisogno di non allontanarsi da quei luoghi. Aiutiamolo»

Pubblicato il: 27/04/2024 – 18:18
Padre Vermorel cerca una casa. L’eremita francese costretto a lasciare l’Eremo di Sant’Ilarione

CATANZARO Da più di 20 anni custodisce lo splendido eremo di Sant’Ilarione di Gaza, a San Nicola di Caulonia, ma ora sarà costretto a lasciarlo temporaneamente, almeno per un anno, per via dei lavori di “restauro” e miglioramento statico che dovrà subire la struttura. Stiamo parlando di padre Frederic Vermorel che dal 2003 ha deciso di trasferirsi dalle aule della prestigiosa università parigina di Sciences Po al silenzio dell’eremo dove prega e accoglie chiunque voglia condividere un momento di spiritualità. «La lontananza dal mondo – disse qualche anno fa padre Vermorel a cui l’ex vescovo di Locri, monsignor Giancarlo Maria Bregantini affidò il sito facendolo monaco diocesano – non è voler metter una distanza dall’uomo ma dalla mondanità e quest’eremo è come una cassa di risonanza dei dolori del mondo».

Padre Vermorel


Tra qualche tempo l’eremita sarà dunque costretto a lasciare l’eremo, ma il suo desiderio sarebbe quello di non allontanarsi troppo da un’area suggestiva, immersa dalla natura e ricca di spiritualità. Un luogo da difendere. Ecco perché nelle ultime ore tantissime persone del mondo della cultura e non solo, si stanno attivando per trovare una sistemazione temporanea al monaco eremita. Su tutti spicca l’appello social di Francesco Cuteri, archeologo e professore di Beni Culturali e Ambientali all’Accademia di Belle Arti di Catanzaro. Un messaggio spassionato, d’amore per un posto di una bellezza unica e per un uomo che, se possibile, ha reso quel luogo ancora più poetico. «Ho un amico eremita – scrive Cuteri – che è in cerca di una nuova casa. Dall’autunno, infatti, probabilmente da settembre, con l’inizio dei lavori di “restauro” e miglioramento statico, dovrà lasciare l’Eremo di Sant’Ilarione. Per non farci più ritorno. E dico questo non per “cassandriare” ma perché è evidente che, anche se da previsione s’immagina che i lavori si possano completare entro la fine del 2025 (data a cui sia per la complessità dell’edificio che per esperienza non credo), non si può certo pensare che tutta la meravigliosa rete di condivisione, ospitalità, preghiera, accoglienza che è stata costruita con tenacia e fatica in questi anni si possa mettere in moto, nel giro di poco tempo, in un luogo che necessariamente sarà diverso. Sebbene sia molto addolorato da tutto ciò, sono fiducioso e convinto che quanto l’eremita ha seminato darà i suoi frutti comunque».

La lotta contro gli incendi e l’inquinamento del fiume

Per gli abitanti del borgo, a ottocento metri dalla sua rocca solitaria, il monaco eremita non si è risparmiato in battaglie contro gli incendi e contro l’inquinamento del fiume. «Qui – ha evidenziato in passato mostrando la natura aspra delle montagne calabresi – basta un niente per mandare tutto in fumo». Anche per questo oggi più che mai non vuole abbandonare quella che sente come una vera e propria patria da difendere.
«L’amico eremita – conferma sempre Cuteri – sente il bisogno di continuare a vivere in questi luoghi, nelle terre di quella che un tempo era chiamata Castelvetere e che oggi si chiama Caulonia. Il suo sogno, che condivido, sarebbe quello di trovare una casetta in campagna nella zona di San Nicola o di Calatrìa, in modo da attrezzarla per poterci vivere con decoro e continuare a praticare l’accoglienza. Ma si accettano anche altre proposte “eremitiche”.


E a dire il vero servirebbe anche uno spazio dove mettere in deposito “temporaneo” le cose che si trovano nell’Eremo e che dovranno essere necessariamente tolte per via dei lavori che si andranno a fare: letti, mobili, oggetti vari. Ho ancora negli occhi le festa che si fece all’eremo quando l’eremita prese i voti, tanti anni fa, e quella gioia porterò sempre nel cuore. Ed ho anche in mente le parole di Mons. Bregantini quando disse al commosso eremita: “Tu darai una mano alla Chiesa e la Chiesa ti terrà sempre per mano”. Sono certo – conclude il professor Cuteri – che l’eremita troverà anche un modo per perdonare questo mio colpo di testa. Ma il fatto è che gli voglio bene, profondamente». (fra.vel.)

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