ROMA «Io non ne faccio una questione politica ma culturale, di civiltà. Una visione simile, che scarta e isola le differenze, è un vulnus per la democrazia e la convivenza, blocca il progresso civile. Dietro c’è una concezione razzista della vita. Questo è il crinale sul quale, oggi, siamo chiamati a decidere da che parte stare». Lo ha detto il vicepresidente della Cei, monsignor Francesco Savino vescovo Cassano all’Jonio, in riferimento alle parole del generale Roberto Vannacci secondo cui andrebbero istituite classi scolastiche differenziate per i disabili. «Mi permetto di fare riferimento a un grande uomo, un prete talvolta non compreso: don Lorenzo Milani contrapponeva l’ “I care”, l’interessarsi, l’avere a cuore, al “me ne frego” – ricorda il vescovo di Cassano all’Jonio intervistato dal Corriere della Sera – Ecco, la mia preoccupazione è che sta passando la cultura del “me ne frego”». Quelle di Vannacci, insiste il vicepresidente della Cei, «sono parole che riportano ai tempi più bui della nostra storia».
Per Savino «il cosiddetto disabile, in una classe, è una presenza preziosa. La migliora. I diversamente abili diventano il collante della classe, la uniscono, sono i protagonisti intorno ai quali si costruisce il cammino educativo». E in generale «la diversità non è un problema. Che sia diversità di pelle, sessuale, biologica, mentale o che so altro. La diversità è una risorsa, sempre. Credo sia questa la visione che deve accomunare credenti e non».
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