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‘Ndrangheta, Renda «non colluso» e Fiorillo «neutrale» all’estorsione: le assoluzioni in appello di Rinascita

Le motivazioni dei giudici dietro la decisione di ribaltare i cinque anni dati a “Zarrillo” e di confermare l’assoluzione dell’imprenditore

Pubblicato il: 28/04/2024 – 17:18
‘Ndrangheta, Renda «non colluso» e Fiorillo «neutrale» all’estorsione: le assoluzioni in appello di Rinascita

VIBO VALENTIA Non imprenditore colluso, bensì vittima delle imposizioni della ‘ndrangheta. È quanto emerge dalle motivazioni della sentenza della Corte d’Appello di Catanzaro che ha confermato l’assoluzione per Vincenzo Renda (difeso dall’avvocato Diego Brancia), imprenditore vibonese accusato dalla Dda di associazione e di corruzione elettorale in concorso a Gianluca Callipo . Mentre l’ex sindaco di Pizzo ha deciso di seguire il filone ordinario di Rinascita Scott, venendo assolto in primo grado a fronte di una richiesta di 18 anni invocata dall’accusa, per il rito abbreviato si è già arrivati in appello con la sentenza del 30 ottobre, le cui motivazioni sono state da poco rese pubbliche. Rigettato il ricorso della procura che aveva, al contrario, chiesto una nuova condanna di 10 anni. Quella di Renda si tratta di una delle due assoluzioni “eccellenti” del rito abbreviato di Rinascita, insieme a quella di Michele Fiorillo (difeso dall’avvocato Diego Brancia), alias “Zarrillo”, condannato in primo grado a cinque anni, ma anche lui assolto in appello. Entrambi gli imputati sono stati difesi dall’avvocato Diego Brancia.

Per l’accusa «rapporti sinallagmatici» con i Mancuso

Alla base della richiesta per Renda l’accusa rivolta all’imprenditore di aver stretto rapporti con alcuni esponenti di ‘ndrangheta del Vibonese. Seconda la procura, la sua partecipazione all’associazione si sarebbe concretizzata tramite somme di denaro devolute alla cosca seguendo determinate scadenze temporali. Soprattutto, per i pm quei rapporti stretti con esponenti di spicco della ‘ndrangheta sarebbero stati finalizzati a «reciproci vantaggi». Rapporti definiti “sinallagmatici” dall’accusa: da una parte l’imprenditore che avrebbe pagato la “tassa” e assunto personale imposto, dall’altro la cosca che avrebbe garantito non solo tutela e protezione ma anche una «posizione dominante» sul territorio.

La valutazione dei giudici

Ipotesi respinta dai giudici, per i quali non sussiste quel «do ut des indispensabile a concretare il reato». Renda viene così individuato come «vittima delle richieste estorsive» delle cosche e non come imprenditore colluso. Nonostante i giudici riconoscano «la protezione di cui l’imputato godeva presso la famiglia Mancuso» questa non sarebbe sufficiente per provare la collusione di Renda. Anche per quanto riguarda l’accusa di corruzione elettorale l’intercettazione in cui Renda esprime il suo appoggio a Gianluca Callipo «non è sufficientemente grave e univoca» per confermare il voto di scambio.

L’assoluzione di Michele Fiorillo

Assolto «per non aver commesso il fatto» anche Michele Fiorillo, ritenuto dall’accusa esponente di spicco del clan dei piscopisani. Ribaltata la sentenza di primo grado, che aveva visto “Zarrillo” condannato a cinque anni. Abituato a vere e proprie “montagne russe” giudiziarie, di cui si è occupato il Corriere della Calabria in passato, Fiorillo era stato condannato in Rinascita con l’accusa di aver partecipato, in concorso morale, all’estorsione ad una compagnia circense. Anche in questo caso in cambio di biglietti omaggio, sarebbe stata garantita protezione all’attività, come si evince da un’intercettazione avvenuta tra l’imputato e alcuni esponenti dei Lo Bianco, con questi ultimi che avrebbero offerto al primo i biglietti derivanti dall’estorsione. «Adesso glieli do tutti a Michele i biglietti…» con la seguente risposta di Fiorillo: «(…) no, no no… se ci sono… altrimenti vanno e pagano». Un passaggio “chiave” che, secondo i giudici, dimostrerebbe «un certo fastidio» o comunque una «mera neutralità» di fronte alla notizia dell’estorsione.

I biglietti offerti per «mostrargli amicizia»

A questo si aggiunge il fatto che, secondo la ricostruzione del collegio giudicante, i Lo Bianco «avevano già chiesto il compenso estorsivo» al momento dell’intercettazione. Di conseguenza, emerge per Fiorillo una condotta di «assoluta neutralità ed estraneità». L’imputato «non concorre alla determinazione del proposito criminoso, né rafforza l’ideazione» e ancora «non dà alcun assenso esplicito e non si intromette nell’esecuzione». All’origine dell’offerta dei biglietti, suppongono i giudici, l’intento da parte dei Lo Bianco di «mostrargli amicizia, notiziandolo del fatto estorsivo e facendosi dono di alcuni biglietti». Un gesto da cui, tuttavia, «può evincersi che il Fiorillo sia in un certo modo intraneo ad ambienti criminali». (Ma.Ru.)

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