AOSTA Volontari all’interno di strutture sanitarie pubbliche della Valle d’Aosta imporrebbero «l’ascolto del battito fetale» alle donne intenzionate ad abortire, promettendo anche «sostegni economici o beni di consumo». Il tutto «con il preciso intento di dissuaderle» dalla loro scelta. La denuncia dell’associazione che gestisce il Centro anti violenza di Aosta arriva pochi giorni dopo il via libera del Senato al provvedimento che consente ai Pro-Vita di entrare a pieno titolo nell’organizzazione dei Consultori.
Subito associazioni e opposizioni, a partire da Alleanza Verdi e Sinistra, sono andate all’attacco. Contro l’ascolto del battito fetale anche la ministra per la Famiglia, Eugenia Roccella: «Certamente non è un modo per aiutare le maternità difficili». I casi sarebbero “tre o quattro”, ma né la Regione Valle d’Aosta né l’unica azienda sanitaria locale hanno avuto riscontri. Il Movimento per la vita inoltre dichiara di non svolgere attività nei presidi sanitari pubblici valdostani.
Il tasso di abortività della piccola regione alpina è sotto i cinque casi per 1.000 donne di età compresa tra i 15 e i 49 anni, un numero più basso rispetto alle altre regioni del Nord-ovest secondo i dati ministeriali aggiornati riferiti al 2021. «Dato che l’Usl dice che non ci sono state segnalazioni allora le nostre donne dicono il falso?»: non vuole entrare nel dettaglio Anna Ventriglia, la presidente dell’associazione Centro donne contro la violenza di Aosta. «Non tocca a me dire da parte di chi venivano fatte queste richieste, io ho fatto questa segnalazione, in più noi siamo protette dall’anonimato, dalla riservatezza delle donne». Ma ormai il sasso è stato lanciato.
«Far sentire il battito del nascituro a una donna che sta andando ad abortire», secondo la ministra Roccella «è una cosa che non bisogna fare, però non è stato certamente un volontario a fare questo perché per far sentire il battito c’è bisogno di un’ecografia e di un ginecologo, quindi si tratta di una prassi che evidentemente è stata di qualche ginecologo e quindi è giusto che casomai sulla stampa emerga questa cattiva prassi medica».
Per Alessandra Kustermann, presidente di Svs Donna aiuta donna Onlus, ginecologa e primo primario donna della clinica Mangiagalli di Milano, sarebbe «una crudeltà, una cosa che rimane anni nella testa di una donna, una violenza privata», oltre che una pratica vietata «dall’art. 2 della 194 che dice, in sostanza, puoi parlare alla donna di soluzioni alternative ma non compiere una violenza crudele».
Una denuncia «gravissima» secondo la capogruppo di Alleanza Verdi e Sinistra alla Camera, Luana Zanella: «Credo che nessuno possa smentire, che tutto questo è anche frutto del clima voluto da questo Governo che ha attaccato frontalmente la 194».
Oltretevere il cardinale Segretario di Stato Pietro Parolin, in una intervista ad Avvenire della quale è stata diffusa un’anticipazione, dichiara: «Come possiamo pensare che l’aborto sia un diritto? Che assicuri un futuro alla nostra società? Sono triste e davvero non capisco».
Di episodi «in contrasto con i principi democratici», parla la presidente di “Telefono Rosa”, Maria Gabriella Carnieri Moscatelli: «Questa non è democrazia ma una pressione psicologica abominevole». Ricordando il «cambiamento culturale» invocato dai “Centri antiviolenza che provengono dal femminismo”, Antonella Veltri, presidente D.i.Re – Donne in Rete contro la violenza, sottolinea che «oggi siamo alle prese con la violenza istituzionale esercitata sulla scelta delle donne sulla maternità consapevole, attraverso azioni patriarcali inaccettabili».
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