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Il buco nero delle carceri

Torture nel carcere “Beccaria”. «L’impressione è che non ci sia più un Istituto minorile»

Intervista all’ex direttrice Stefania Ciavattini. Che oggi vive a Crotone. «Serve sorvegliare, non ricorrere ad “interventi contenitivi”»

Pubblicato il: 28/04/2024 – 10:00
Torture nel carcere “Beccaria”. «L’impressione è che non ci sia più un Istituto minorile»

CROTONE Su richiesta del Ministro della Giustizia, Carlo Nordio, arriveranno presto all’Istituto penale minorile “Cesare Beccaria” di Milano nuovi rinforzi di personale: ai 13 agenti di Polizia Penitenziaria, che hanno già assunto servizio il 22 aprile – dopo l’arresto di altrettanti colleghi coinvolti a vario titolo nell’inchiesta della Procura di Milano su maltrattamenti e torture nel carcere minorile – si aggiungeranno altre 22 unità, distinte in vari ruoli. Nelle scorse ore, invece, sono stati interrogati gli ultimi agenti della polizia penitenziaria fra i 13 arrestati, due si sono avvalsi della facoltà di non rispondere. Gli altri, davanti al giudice, avrebbero parlato di «interventi contenitivi» nei confronti dei detenuti, spiegando che svolgevano «turni massacranti e senza fare mai ferie». Il Corriere della Calabria ha intercettato a Crotone, l’ex direttrice dell’istituto penitenziario minorile Stefania Ciavattini. Quattro anni trascorsi alla guida dell’Istituto e ben ventitrè da educatrice nella medesima struttura.

Quali sensazioni ha provato nell’apprendere queste notizie, avendo lei diretto l’Istituto?

«E’ veramente un grande dispiacere e mi sono anche messa in contatto con le educatrici che ancora lavorano lì, erano più giovani di me, e vedo che lo sconforto è anche presente nel personale di oggi. L’impressione è quella che non ci sia più un istituto minorile. Gli istituti per i minori erano molto molto diversi 15-20 anni fa. Al Beccaria, in particolare, la parte educativa era fondamentale. Non è pensabile che la formazione degli agenti sia la medesima siano essi impegnati nel lavoro con gli adulti e con i minori. Arrivano assolutamente a digiuno di informazioni. Pensi che per moltissimi anni, gli agenti non avevano neanche la divisa, proprio per una maggior vicinanza con i detenuti».

La formazione degli agenti è fondamentale però, scorrendo l’elenco delle contestazioni, è inevitabile soffermarsi sui presunti reati: abuso di potere, tortura aggravata, lesioni aggravate, falso ideologico, tentata violenza sessuale.

«Ha ragione, aggiungo che tra i nomi delle persone coinvolte compare anche un agente che ho conosciuto: una persona molto buona e quindi mi viene da pensare che si sia innescato un meccanismo perverso, che ci siano state tante trasformazioni. Mi hanno detto gli educatori, che c’è un ricambio di agenti che sono arrivati tra l’altro proprio nel giorno in cui sono stati arrestati gli anziani. Il continuo ricambio vuol dire che nessun agente conosce davvero i ragazzi. Ed allora mi chiedo, come ci si rapporta a loro»?

E’ evidente che – a prescindere dal singolo grave caso del Beccaria – ci sia un tema più generale e strutturale da affrontare e che attiene all’organizzazione, alla normativa, alle procedure

«Sì, credo sia opportuno un regolamento per i minori. Pensi che dormono soli e di notte possono avvenire anche tra loro delle cose che non dovrebbero accadere, può essere che il più forte prevarichi sul più debole. E poi, i minori sono in una fase della vita sulla quale si può agire ancora moltissimo, lo dice la psicologia, la pedagogia e questo non può essere ignorato».

Nelle drammatiche espressioni che trovano ospitalità nelle procedure, ne cito una che è stata utilizzata da qualcuno dei soggetti coinvolti in questa operazione al Beccaria: interventi contenitivi.

«Una parola che non si sarebbe mai dovuto utilizzare. Ci sono già i muri intorno ai ragazzi e già questo forse in molti casi è troppo contenitivo. Pensi che ho lavorato lì quando è entrata in vigore la nuova legge che consentì l’uscita di quasi tutti i ragazzi, ne rimase uno solo che aveva commesso un reato veramente grave».

In Italia, possiamo definire la questione delle carceri un buco nero. La vicenda del Beccaria può essere utile ad accendere un riflettore su uno dei settori forse un po’ in ombra rispetto al buco nero generale?

«Si, ho questa speranza. Però questo dipende anche molto da voi, dall’interesse che continuerà a rimanere acceso su questi episodi e sul perché accadono. La situazione, mi dicono, pare un po’ migliorata perché finalmente è arrivato un direttore fisso e c’è stata anche una rotazione enorme dei direttori. Oggi bisogna avere il coraggio di andare fino in fondo».
(redazione@corrierecal.it)

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