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Festa del lavoro, la Calabria metafora della negazione dei diritti

La regione detiene molti record negativi: dal lavoro nero alla disoccupazione. Senza dimenticare l’esercito di Neet che compromette anche il futuro dei giovani

Pubblicato il: 01/05/2024 – 6:55
di Roberto De Santo
Festa del lavoro, la Calabria metafora della negazione dei diritti

LAMEZIA TERME All’indomani della visita del presidente Sergio Mattarella, la Calabria si ritrova ancora una volta a festeggiare quel diritto – sulla carta – costituzionalmente garantito che sostanzialmente nella regione non c’è: il diritto ad avere un lavoro vero. Con tutele reali e in grado di garantire un salario dignitoso. Così la festa del Primo Maggio per la Calabria acquisisce il sapore della disillusione se non addirittura di una vera e propria beffa. Lavoro nero, bassi salari e disoccupazione caratterizzano quel pianeta chiamato occupazione che in questo lembo del territorio italiano stenta sempre e divenire diritto diffuso.

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Il presidente Mattarella nella sua visita a Castrovillari parla del lavoro


Un assioma che diviene ancor più evidente se si ha la sventura di nascere donna o si è giovanissimi. Ed è motivo di quell’esodo inarrestabile soprattutto di giovani e brillanti menti verso territori fuori dai confini regionali. Alla ricerca proprio di quel diritto al lavoro che risulta nei fatti negato e che si tramuta nella privazione di dignità personale e di capacità di progettare un futuro degno di tale nome nella terra dove si è nati. Per questo anche le parole di Mattarella in quel di Castrovillari risultano decisamente pregnanti in Calabria: «Il lavoro è libertà. Anzitutto libertà dal bisogno; e strumento per esprimere sé stessi, per realizzarsi nella vita».
Una libertà che, stando agli impietosi dati che provengono dai vari rapporti statistici, non può di certo dirsi conquista dei calabresi. Ed in questa privazione di quel diritto che diviene appunto assenza di libertà a costruirsi un futuro, c’è la scommessa ancora non vinta di offrire una possibilità di riscatto non solo al singolo. Ma ad un’intera comunità che sul lavoro basa qualsiasi ipotesi di sviluppo futuro.

La disfatta nei numeri

Passando in rassegna i dati forniti dall’Istat, emerge plasticamente la disfatta che, nonostante la pioggia di risorse soprattutto europee, le politiche attive per sviluppare occupazione in Calabria hanno finora registrato. Dalla percentuale bassa di occupati, passando a quanti un lavoro neppure lo hanno, per finire al tasso di quelli che – disillusi -neppure lo cercano, disegna perfettamente i contorni di questa sconfitta.
Sullo sfondo poi quei fenomeni tanto odiosi quanto lontani della visione di uno Stato che può definirsi civile. L’esercito di fantasmi del lavoro e di quanti sono costretti ad accettare qualsiasi condizione pur di portare a casa un salario.

Fonte: Istat

La Calabria – sotto quest’ultimo profilo – continua a detenere il tristissimo record di lavoratori irregolari: diciannove occupati su cento versano in questa condizione.
Un dato drammatico che diviene per questo l’emblema più significativo dello stato di privazione di diritti in cui si è costretti a vivere in una regione in cui il lavoro è rarefatto.
Entrando nel dettaglio delle rilevazioni contenute nell’ultimo rapporto “Benessere equo e sostenibile” pubblicato qualche giorno addietro dall’Istat, la Calabria giace in materia di lavoro in fondo alle classifiche nazionali su diversi indicatori.
Oltre alla diffusa presenza di lavoro irregolare, la regione risulta ultima per tasso di occupazione. Assieme alla Campania meno della metà dei calabresi nella fascia di età tra i 20 ed i 64 anni (cioè nella fascia in cui si è attivi) – nel corso del 2023 – aveva un lavoro: per l’esattezza il 48,4%. In Italia quella media sale al 66,3%, ma se si osservano i dati di alcune aree del Paese quell’indice cresce ancor di più. Nel Nord-est il tasso di persone che lavorano sale al 73,8%. A significare quanto quel divario territoriale di cui si parla tanto è misurabile e dimostra quanto la Calabria faccia fatica a tenere il passo.

Ma non solo, la Calabria è ultima anche per quel fenomeno che gli analisti definiscono “lavoro povero”. Due lavoratori su dieci circa hanno un salario al di sotto della media nazionale e che dimostra quanto sia attuale in questa regione anche il tema del salario minimo, bocciato dal Governo.
Divari che diventano lacune enormi quanto si analizzano i dati sulla disoccupazione. A fine 2023 risultavano senza lavoro 102mila persone. Un dato che si traduce in un tasso di disoccupati pari al 16%, ben oltre il doppio della media nazionale (7,7%) e di gran lunga lontano da regione in cui la percentuale di disoccupati scende drasticamente. Vedasi il Trentino Alto Adige (2,8%) o la Valle d’Aosta e la Lombardia (4%). Peggio della Calabria solo la Campania in cui il tasso di disoccupazione è al 17,4%. Una gara verso il basso di territori in cui il diritto al lavoro resta un’opzione.

Donne e giovani più penalizzati

Fonte: Istat

E quei dati peggiorano se rapportati al sesso e all’età. Prendendo a campione i dati forniti dall’Istat, emerge infatti che il tasso di disoccupazione tra le donne a dicembre 2023 sale al 19% contro il 14% degli uomini. Un dato secondo solo alla Campania dove le donne che non lavorano raggiungono quota 20%.
Ma distante anni luce dalla media nazionale ferma al 8,8%. Conseguentemente è disastroso il dato su quante donne lavorano.
In Calabria meno di un terzo ha un’occupazione (per l’esattezza il 32,6%) decisamente lontano dalla media di altre aree del Paese. Non necessariamente tra le regioni più ricche. Ad esempio nelle Marche oltre 6 donne su 10 lavorano.
Senza contare che ci sono realtà come la Valle d’Aosta o il Trentino dove quel tasso sfiora il 70%.
Anche qui dimostrando quella disparità enorme di diritti che diviene così anche divario di genere.

I colore azzurro rappresenta gli uomini, quello rosa le donne (Fonte: Istat)

Un divario che spinge le donne più degli uomini ad essere sfiduciate nella ricerca del lavoro. Se è vero che ben 6 donne su dieci in Calabria nonostante non siano occupate, neppure lo cercano.  Numeri che indicano quanto si limiti la libertà delle donne calabresi a partecipare alla crescita economica della regione.

Il tasso di disoccupazione giovanile in Calabria raggiunge un picco: oltre 3 ragazzi su 10 senza lavoro

Non va meglio il quadro occupazionale sul fronte di chi si dovrebbe affacciare al mondo del lavoro. Visto che il tasso di disoccupazione giovanile in Calabria è alle stelle: oltre tre ragazzi su dieci della fascia di età tra i 15 e i 29 anni sono disoccupati, in Italia il tasso scende al 18% e al Nord all’ 11,4%. Negazioni, dicevamo, di diritti che divengono voragini di libertà e di possibilità di realizzarsi nella regione. Da qui quell’emorragia di giovani che scappano alla ricerca di un futuro altrove. I dati sotto questo aspetto sono impietosi. In dieci anni la fascia compresa tra i 18 ed i 39 anni – che ricordiamo è quella più importante in termini di produttività e di sviluppo delle potenzialità future della regione – ha registrato un incremento di trasferimenti fuori dai confini regionali decisamente consistente. Quasi un quarto dei giovani ha fatto letteralmente la valigia ed è fuggita via dalla regione.

Precarizzazione del lavoro e l’esercito di Neet

A disegnare un quadro decisamente a tinte fosche del mondo del lavoro (che non c’è) in Calabria ci sono anche i dati sul livello di precarizzazione e di quanti giovani infittiscono l’esercito dei Neet. E così dalla lettura del rapporto Istat, emerge che oltre un quarto dei lavoratori in Calabria è precario da almeno 5 anni. In Italia la media è del 18%.

Fonte: Istat

Sempre sul fronte della precarizzazione, risulta che la regione ha la più bassa percentuale di trasformazioni in Italia di rapporti di lavoro da instabili a definitivi. In un biennio appena il 9,2% di quei contratti ha mutato pelle garantendo continuità. Meno della metà della media nazionale che è pari al 22,4%. Un dato che la dice lunga sull’effimerità dell’occupazione nella regione.  

Fonte: Istat

Questo quadro caratterizzato da lavoro nero, precariato e disoccupazione giovanile incalzante, finisce per demotivare da un verso i giovani a cercare un’occupazione ma anche a non qualificarsi per incrementare le proprie chance. Ed è così che si giustifica l’alta percentuale di giovani non più inseriti in un percorso scolastico/formativo e non impegnati in un’attività lavorativa (i cosiddetti Neet). Nel 2023 il 27,2% di ragazzi tra i 15 ed i 29 anni si trova in questo limbo. Un dato anche questo pesantissimo se si consideri che la media nazionale scende al 16,1% ma soprattutto che la Calabria è tra le regioni con minori competenze tra i giovanissimi sia sul fronte digitale, sia numerica ma anche alfabetica. Ed è tra le regioni che registra il più alto indice di abbandono scolastico: 11,8%. Con questi indicatori l’eventualità che i giovani escano fuori dal mercato del lavoro e non riescano poi ad entrarci, si trasforma in una seria ipoteca anche sul futuro. Pregiudicando conseguentemente il destino di un’intera regione. Così festeggiare il primo maggio in Calabria diviene un puro esercizio di retorica, e niente più. (r.desanto@corrierecal.it)

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