REGGIO CALABRIA Completamente distrutta all’interno, probabilmente con l’aiuto di martelli pneumatici. Così era stata “consegnata” allo Stato la villetta confiscata al boss Antonino Lombardo, legato alla cosca Facchineri. Da Cittanova, in provincia di Reggio Calabria, si era trasferito nel piccolo centro di Altopascio, in provincia di Lucca, con il figlio Giuseppe, dopo essere sfuggito ad un agguato mafioso collegato alla faida tra famiglie in cui venne ucciso il figlio Angelo. Arrestato per mafia nel 1997 e condannato definitivamente nel 2003, Antonino Lombardo aveva, dunque, scelto la Toscana, dove successivamente – come dimostreranno le indagini – il figlio Giuseppe diventerà dominus di una «pericolosa propaggine della famiglia di ‘ndrangheta dei “Facchineri” operante sul territorio toscano». Anni vissuti sottotraccia, quasi indisturbato, che hanno permesso a Giuseppe Lombardo di vivere nella villetta già oggetto di confisca per anni, e come ultimo atto lasciata completamente distrutta.
Al vertice di un sodalizio facente capo al clan dei Facchineri di Cittanova, «propaggine della famiglia sul territorio toscano». Con quest’accusa Giuseppe Lombardo viene arrestato, insieme ad altre 12 persone, nel corso di un blitz condotto dalla Direzione distrettuale antimafia di Firenze nel 2013. Ad Altopascio, dove si era trasferito con il padre all’età di 22 anni, Lombardo era riuscito a restare in contatto con il clan di appartenenza e a condurre da lì gli interessi criminali in territorio toscano compiendo estorsioni agli imprenditori e traffico di stupefacenti. A chi si rifiutava di pagare il “pizzo” venivano bruciati furgoni e capannoni.
Una villetta a due piani con appartamenti di 120 metri quadri ciascuno, con mansarda, garage e un terreno, in località Spianate nel comune di Altopascio, in provincia di Lucca. L’immobile viene confiscato ad Antonino Lombardo nel 2003, ma il figlio ci abiterà fino all’arresto nel 2013. Al suo interno i carabinieri di Lucca hanno scoperto un bunker che si celava in uno dei bagni dell’abitazione sul retro di un termosifone. Quattro metri quadri e alto 3 metri, un covo munito di prese d’aria e di corrente elettrica.
L’immobile, dopo la confisca e dopo l’arresto di Lombardo, verrà “consegnato” al Comune totalmente distrutto all’interno, demolito probabilmente con l’ausilio di martelli pneumatici.
Adesso la villetta è stata totalmente demolita e grazie a 2,2 milioni dal Pnrr, al posto dell’edificio, il Comune di Altopascio guidato dalla sindaca Sara D’Ambrosio, realizzerà una nuova struttura polivalente a fini sociali, un centro di aggregazione attrezzato e, ai piani superiori, appartamenti per housing sociale. Intorno ci saranno due parchi pubblici attrezzati e una rinnovata viabilità.
Una sorta di rinascita dalle ceneri di quello che per lungo tempo ha rappresentato il simbolo del potere della ‘ndrangheta nel centro toscano. (m.ripolo@corrierecal.it)
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