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l’intervista del corriere della calabria

De Paola: «Se Guarascio vuole continuare a fare calcio a Cosenza deve riscattare Tutino»

L’ex mediano: «Lupi forti, è mancata un po’ di personalità. Catanzaro favorito per la A. Stupito dall’aggressione ai calciatori del Crotone»

Pubblicato il: 02/05/2024 – 7:05
di Francesco Veltri
De Paola: «Se Guarascio vuole continuare a fare calcio a Cosenza deve riscattare Tutino»

COSENZA Luciano De Paola è uno di quei calciatori del passato che non si dimenticano facilmente, e non solo per la stazza imponente e la folta chioma nera che per l’intera sua carriera si è portato dietro sui campi di serie A e B. Nato a Crotone 62 anni fa, sempre schietto e senza peli sulla lingua, oggi è un allenatore reduce da un’esperienza poco fortunata in serie D sulla panchina della Tritium. Chiamato in corsa a metà stagione, era riuscito a risollevare il club di Trezzo sull’Adda, nel milanese, ma, recentemente, una serie di infortuni a catena dei suoi attaccanti, ha fatto ripiombare la squadra nell’incubo retrocessione.
Da mediano De Paola ha collezionato 66 presenze nella massima serie con Cagliari, Brescia, Lazio e Atalanta, e 192 in cadetteria conquistando tre promozioni in A, mentre da tecnico ha guidato diverse squadre del nord Italia (dalla Primavera del Brescia all’Arezzo, e poi ancora Piacenza, Lecco, Lumezzane, Pergolettese, giusto per citarne qualcuna).

Anche a distanza non ha mai smesso di seguire le vicende calcistiche della sua terra. In special modo quelle del Cosenza, compagine nella quale ha giocato in due stagioni indimenticabili per i tifosi rossoblù: quella del -9 in classifica con Alberto Zaccheroni in panchina e quella successiva (1995-1996) con Bortolo Mutti sul ponte di comando (dopo la breve parentesi iniziale di Fausto Silipo), in cui i Lupi a lungo assaporarono il sogno serie A.
De Paola lo abbiamo contattato in un freddo pomeriggio di primavera. Freddo soprattutto nella sua Brescia da dove vive ormai da diversi anni. «E come fai a dimenticarlo l’anno del meno nove? – ci ha detto –. Qualcuno nello spogliatoio piangeva, si diceva che eravamo già retrocessi. Io andai da Gianni Di Marzio (che era il direttore generale, ndr) e gli dissi: “dai qualche soldo a questi due o tre e ci salviamo”. E così è stato. Sono salito in A tre volte e posso dire che quell’anno è come se avessimo vinto tre campionati di B».

Marco Negri, intervistato dal Corriere della Calabria, ha rivelato che quella squadra gli resterà sempre nel cuore.
«
Marco ha ragione, eravamo un gruppo forte, amici dentro e fuori dal campo. Abbiamo passato momenti difficili ma siamo riusciti a vincere tante partite. Zaccheroni è stato un grandissimo gestore, avere a che fare con una “banda di pazzi” come quella non era facile. È stato bravo anche ad assecondarci nei momenti in cui non volevamo allenarci per gli stipendi che non arrivavano. Era preoccupato, ma non poteva fare altro che mettersi in un angolo e lasciarci fare quello che volevamo. Poi, però, la domenica vincevamo facile. Ma, ripeto, quello era un gruppo di uomini forti, non avevamo paura di niente. Nessuno, compresa la Lega, aveva scommesso su di noi».

Senza la penalizzazione probabilmente il Cosenza avrebbe potuto puntare alla serie A.
«In A ci stavamo arrivando anche con il meno nove, ma raggiunta la salvezza abbiamo avuto un calo fisiologico. Sono d’accordo, senza penalizzazione avremmo vinto il campionato. Zaccheroni era un grandissimo e fuori di testa come noi. Quando alleni gente come Marulla, Napolitano, De Paola, Monza, Negri, Palmieri, non può essere altrimenti. Se fosse stato normale, si sarebbe dimesso immediatamente. Grazie a quella sua sana follia è diventato un tecnico di primissimo livello. Anche noi abbiamo dato un contributo alla sua carriera».

L’anno dopo, si è passati da Zaccheroni a Silipo, per continuare con Bortolo Mutti.
«Diciamo che anche quell’anno c’ho messo un po’ del mio e insieme ad altri non ci siamo comportati benissimo con Silipo. Lui era visto come un Messia. Due anni prima aveva allenato il Cosenza facendo un campionato incredibile. Ma i giocatori erano diversi. Un giorno gli ho detto: “mister, se continui così, te ne puoi tornare a casa”, ed è stato preso Mutti al suo posto. Ricordo che alcuni club di tifosi e Padre Fedele mi criticarono duramente, alla fine ho avuto ragione io. Con Mutti quell’anno abbiamo fatto grandi cose». 

Nei suoi due anni nel Cosenza, lei ha giocato con attaccanti del calibro di Marulla, Negri, Lucarelli e Tatti. Gennaro Tutino ha superato proprio il record di Marulla in B: 15 gol. Pensa che possa seguire le orme del capitano?
«Parto dal presupposto che Gigi è stato un’icona a Cosenza. Conosco bene Saurini che ha allenato Tutino nella Primavera del Napoli e mi ha parlato molto di lui. Mi ha detto che è un giocatore particolare che se trova l’ambiente giusto e il calore dei tifosi fa la differenza come pochi. Cosenza è la sua piazza. Non so se riuscirà a raggiungere Gigi perché per me Gigi è stato l’apoteosi del calcio cosentino per l’attaccamento, la serietà e l’equilibrio. Ma può avvicinarsi».

Bisognerà vedere se la prossima estate il presidente Guarascio riuscirà a riscattarlo dal Parma o se il calciatore vorrà restare.  
«Se Guarascio vuole continuare a fare calcio a Cosenza, non ha alternative, deve riscattarlo. Tutino è diventato il simbolo di questa squadra. Penso che un imprenditore scaltro e intelligente qual è lui, capisca bene che un affare del genere potrà solo giovargli. Tutino è l’uomo giusto per avvicinare la gente allo stadio e se si lascia partire, tanti tifosi si allontaneranno per sempre».

Il Cosenza ha raggiunto la salvezza in un’annata che si immaginava diversa.
«Il Cosenza quest’anno è fortissimo, la squadra più forte che ha costruito Guarascio. Soprattutto dal centrocampo in su. Il problema è che Cosenza è una piazza importante, il “San Vito”, che oggi si chiama “Marulla”, è uno stadio pesante e devi avere una grande personalità per starci dentro, altrimenti puoi andare in difficoltà. In passato lì hanno giocato elementi del calibro di Marulla, Zunico, Napolitano, Ciccio Marino e tanti altri. Il Cosenza di oggi ha una qualità immensa. Ha un leader e finalizzatore come Tutino, ha Marras che mi fa impazzire e mi ricorda Strefezza, e poi ancora Florenzi, Calò, D’Orazio, tutti giocatori bravi. Però, quando arrivi in momenti delicati della stagione, bisogna essere pronti a tenere la barra dritta. Questa cosa qui secondo me un po’ quest’anno è mancata». 

Forse, in generale, di giocatori alla De Paola non se ne trovano più in giro.
«Io ho vinto anche grazie al mio carisma. Ero un comandante in campo, uno che nello spogliatoio si faceva sentire, sono stato molto ascoltato anche da allenatori come Zaccheroni, Bolchi, Materazzi, Reja, Lucescu, Ranieri. Ma negli anni ’90 di giocatori carismatici come me ce n’erano tantissimi, penso a Conte, Iachini, Ezio Rossi, De Napoli, giusto per fare qualche nome. Oggi il calcio è cambiato, quei tipi di giocatori caratteriali, passionali, che come me vengono dalla terra e dalla fame, molte volte certi presidenti non li vogliono neanche. Sono sincero, oggi da questo punto di vista non mi diverto molto a guardare le partite».

Però forse le piace come gioca il Catanzaro.
«Sì, tanto. La scorsa estate parlando qui a Brescia con De Zerbi e Aimo Diana con cui mi trovo spesso, dissi che una squadra che domina il campionato di serie C è pronta a vincere anche in B. Da ex giocatore del Cosenza mi costa dirlo, ma come questo Catanzaro non gioca nessuno, a volte sembra di assistere a una partita alla PlayStation. Mi ricorda il mio Cagliari, in due anni passammo dalla C alla A più o meno con gli stessi giocatori. Ha Iemmello in attacco, in mezzo al campo gioca a memoria e poi è guidato da un allenatore molto bravo, equilibrato e soprattutto privo di sponsor importanti come Vivarini. Credo che possa essere la terza squadra ad essere promossa, anche se ha buttato via delle partite incredibili».

Passiamo al Crotone, squadra della sua città. Un’annata difficile: due esoneri, playoff raggiunti in extremis e alcuni calciatori aggrediti poche settimane fa.
«Io conosco Raffaele Vrenna e so che hanno allestito una squadra importante spendendo tanti soldi. Sono partiti forte e poi hanno avuti dei problemi. L’aggressione subita in spiaggia dai calciatori con le famiglie è da censurare, anche se mi ha stupito. Crotone è sempre stata una città tranquilla sotto questo aspetto. Ora nei playoff tutto può accadere. In attacco la squadra è forte, in difesa subisce troppo, vedremo».

Infine, due pronostici, anche se in parte ha già risposto. Chi va in A e chi retrocede?
«Sulle retrocessioni sono in difficoltà, L’Ascoli forse è messo peggio delle altre. Mi dispiace per la FeralpiSalò perché con Zaffaroni ha espresso un buon calcio. In A dopo Parma e Como, ai playoff lotteranno per il terzo posto Cremonese, Venezia e Catanzaro, con i giallorossi secondo me leggermente favoriti». (f.veltri@corrierecal.it)

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