ROMA Martedì scorso la decisione del Consiglio di Stato che ha confermato la scadenza delle concessioni demaniali per le spiagge al 31 dicembre dello scorso anno, obbligando così le amministrazioni a disapplicare eventuali deroghe al 31 dicembre del 2024, e si richiama «ai principi della Corte di Giustizia Ue» per dare «immediatamente corso alla procedura di gara per assegnare la concessione in un contesto realmente concorrenziale».
Nella sentenza si sottolinea che la risorsa spiaggia «è scarsa. Ieri, dalla Calabria, precisamente da Lamezia Terme in cui era in visita, il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha affermato che «il governo sta lavorando per cercare una soluzione in dialogo con l’Unione europea, quindi non voglio commentare la decisione del Consiglio di Stato, però bisogna trovare una soluzione, sia pur nel rispetto delle normative comunitarie, che non penalizzi migliaia di imprese che hanno già investito». «Anche qui – ha aggiunto Tajani – bisogna far prevalere il buon senso, bisogna far comprendere la specificità italiana alla Commissione europea, 7.000 km di costa che sono la frontiera meridionale della Unione europea. Quindi con il dialogo speriamo di poter ottenere dei risultati che tutelino chi ha fatto investimenti, tutelino le nostre imprese da una concorrenza sleale».
Fin qui, dunque, la decisione del Consiglio di Stato che di fatto ha bocciato la proroga delle concessioni balneari voluta dal governo Meloni e le dichiarazioni sterili di Tajani. In tutto ciò, in una fase di totale incertezza, gli stabilimenti balneari si stanno preparando a riaprire le loro attività. Il governo Draghi aveva fissato la scadenza delle concessioni per il 31 dicembre 2023 e imposto la loro riassegnazione tramite bandi gestiti dai comuni secondo dei criteri nazionali da stabilire con un decreto attuativo che non è stato mai approvato. Fratelli d’Italia aveva votato contro la legge di Draghi promettendo interventi per salvaguardare il comparto. Da allora, però, nulla è cambiato. La prima pronuncia del Consiglio di Stato contro la proroga di un anno delle concessioni contenuta nel decreto Milleproroghe è arrivata 5 giorni dopo la sua approvazione, l’ultima martedì scorso. Il governo ha prodotto inoltre una mappatura dei litorali, dichiarando che solo il 33% delle coste italiane è occupato da concessioni e che sarebbe possibile garantire la concorrenza richiesta dall’Ue. Nessun ddl in tal senso è stato presentato. Al contempo Commissione europea ha contestato la mappatura del governo e ha avviato una procedura di infrazione contro l’Italia per il mancato rispetto della Bolkestein.
Il problema, come anticipato, è che molti comuni stanno scrivendo i bandi con il serio rischio di scarsa trasparenza e disparità sugli indennizzi ai concessionari uscenti. L’amministrazione comunale di Soverato, per esempio, è decisa ad appigliarsi a quanto indicato dal Tar Calabria procedendo con le concessioni provvisorie. Come emerge dalla sentenza, infatti, «rimane in capo al Comune intimato il compito di curare, nelle more dell’espletamento delle gare, i molteplici interessi pubblici e privati, eventualmente facendo applicazione, dietro richiesta degli interessati, dei tradizionali istituti del codice della navigazione, quali la concessione demaniale marittima provvisoria ai sensi dell’articolo 10 del d.P.R. 15 febbraio 1952, n. 328, recante il regolamento di esecuzione del codice della navigazione, come consta essere stato fatto in altre realtà locali». Una sentenza, dunque, che lascia aperto uno spiraglio e afferma il principio che le concessioni debbano essere messe a gara, «ma a tutela degli interessi pubblici e privati – evidenzia il consigliere regionale nonché ex sindaco di Soverato Ernesto Alecci al Corriere della Calabria – rimanda all’applicazione del codice della navigazione da parte del presidente della Repubblica, che dà la possibilità in questo caso ai comuni di rilasciare concessioni provvisorie. Dunque le concessioni possono essere prodotte perché altrimenti si creerebbe un danno non solo per gli operatori, ma anche ai cittadini, a chi ha delle disabilità ed è costretto ad andare in uno stabilimento balneare privato in cui c’è la rampa, dove ci sono tutte le prestazioni per poter entrare in acqua. Non si può privare un cittadino di un suo diritto, di poter usufruire di uno stabilimento con tutti i servizi. Ma tengo a precisare che non si tratta di un escamotage burocratico, ma dell’applicazione di una norma».
«Il vero problema – continua Alecci – è il governo. Stanno facendo una battaglia da anni sulle condizioni balneari e hanno illuso tutti, se avessero detto già tre anni fa, quattro anni fa, che non c’era nulla da fare, bisognava andare a gara, predisponendo già i provvedimenti per varare queste gare, dando magari un vantaggio, tra virgolette, di prelazione, a una struttura sempre pagata puntualmente, ora avremmo avuto tutte le concessioni o quasi rinnovate». (fra.vel.)
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