LAMEZIA TERME L’inchiesta genovese ha fatto emergere alcune presunte vicende di corruzione elettorale che hanno riguardato uno dei candidati della lista “Cambiamo con Toti Presidente” alle elezioni regionali liguri del 21 e 22 settembre 2020, ovvero Domenico Cianci, indagato nell’inchiesta della Procura di Genova che, questa mattina, ha portato all’arresto del presidente della Regione Liguria Giovanni Toti. Sebbene non sia stata avanzata alcuna richiesta cautelare nei suoi confronti – sottolinea il gip – è «una delle generali vicende di corruzione elettorale».
«(…) danno questo Cianci come outsider… m’ha detto che lo danno forte questo, lo danno forte… poi sai m’hanno detto che tanti calabresi… tante cose… lo stanno appoiann’…». Lo stralcio della conversazione riportata dal gip nell’ordinanza ha come protagonisti Italo Maurizio Testa – per il quale il gip ha disposto la misura cautelare dell’obbligo di dimora nel comune di Boltiere – e Venanzio Maurici – disposta per lui la misura cautelare dell’obbligo di presentazione quotidiano alla pg – intercettati il 18 settembre 2021. L’ottimo risultato elettorale effettivamente ottenuto da Cianci – 4.564 preferenze, risultando il terzo candidato più votato della lista “Cambiamo con Toti Presidente” nella circoscrizione di Genova – verrà commentato il 22 settembre 2021 ancora da Italo Maurizio Testa. «… sai perché? Questo ha tirato fuori tanti soldi… e poi i calabresi sono molto uniti, più uniti di noi».
Così come riportato dal gip nell’ordinanza, dopo le consultazioni elettorali sono state captate alcune conversazioni dalle quali è emersa la conferma «dei contatti di Domenico Cianci con l’ambiente calabrese e, in particolare, con Luigi Mamone, originario di Cittanova e deceduto a maggio del 2021». Come annota ancora il gip nell’ordinanza, «sin dagli anni ’80 i Mamone hanno creato una realtà imprenditoriale di rilievo in plurimi settori, tra cui l’edilizia, il movimento terra ed escavazioni, bonifiche industriali e smaltimento dei rifiuti, nei quali hanno acquisito lucrosi appalti pubblici ottenuti anche attraverso il ricorso a pratiche corruttive esercitate nei confronti di funzionari ed amministratori pubblici finalizzate a turbare la libertà degli incanti per ottenere l’indebita aggiudicazione dei lavori». Ma per comprendere meglio i rapporti tra Cianci e la famiglia Mamone, è significativa una conversazione captata nell’ambito delle indagini di un altro procedimento penale tuttora pendente della Procura di Genova. È la mattinata del 20 febbraio 2021 e i protagonisti sono Luigi Mamone (cl.’36) e il nipote omonimo (cl. ’86), nipote del primo, con alle spalle alcuni precedenti ma non indagato in questa inchiesta. I due sono in auto e, «percorrendo un tratto di strada adiacente alla Fiera di Genova, dove sono in corso i lavori di realizzazione del nuovo Waterfront cittadino, parlano di lavori pubblici, facendo riferimento alla necessità di parlare con Cianci se si vogliono ottenere dei lavori». «(…) se vogliamo lavori qua a Genova… bisogna parlare con Cianci… perché qua a volte fanno i lavori a trattativa privata…».
In un altro incontro, invece, all’interno del suo ufficio, Mamone «era in compagnia di due imprenditori siciliani», padre e figlio, riporta il gip nell’ordinanza «che si lamentavano del fatto che, in conseguenza dell’emergenza sanitaria, avevano poche commesse peraltro di basso importo, per lo più affidate da qualche amministratore di condominio». «Mamone chiede: “…e Cianci?” suscitando la reazione di uno dei due fratelli siciliani il quale, considerandolo “un calabrese fasullo”, spiega di avergli “dato il voto”, ma di non aver ricevuto commesse, in quanto “lavora solo con gli albanesi e basta”». E ancora: «(…) allora giustamente sono andato là a dargli il voto… io, mia madre, mio padre siamo andati… perché io sono 5 anni che non votavo signor Gino… 5 anni che non votavo… siamo andati … gli ho mandato anche la foto… la foto gli ho mandato del voto…», riporta ancora il gip nell’ordinanza.
Ma – come ricostruito dagli inquirenti – i contatti di Cianci con l’ambiente calabrese per le consultazioni elettorali del 2021 sarebbero emersi anche da alcune conversazioni intrattenute con Carmelo Griffo. Come annota il gip nell’ordinanza «Griffo, classe ’55 originario di Cerva, è stato indiziato nel 2005 e nel 2014 di appartenere alla cosca di ‘ndrangheta di “Tratraculo” di Petronà, con ramificazioni nel Nord Italia». Il nome di Griffo, inoltre, è emerso anche nell’inchiesta del 2016 contro il presunto boss di Lavagna, arrestato nell’ambito dell’operazione i “Conti di Lavagna” del giugno 2016 e tuttora detenuto. «Griffo – annota il gip – era indicato come suo fiancheggiatore». I primi “contatti” registrati dagli inquirenti tra Cianci e Griffo risalgono al 9 novembre del 2020, una conversazione nel corso della quale Carmelo Griffo, dopo essersi presentato, gli chiede di incontrarlo. «(…) ci conosciamo perché un suo amico di Chiavari… mi mandò da lei… al tempo delle elezioni… le trentamila persone che ha incontrato lei…non ha importanza perché lei con me ha parlato nel suo ufficio…» spiega subito Griffo nella telefonata. E ancora: «(…) io mi sono impegnato con lei… e parecchio…io non so manco se le ha perse o vinte le elezioni… i venti voti te li ho… te li ho fatti avere… io sono venuto nel tuo ufficio e m’hai promesso, m’hai promesso che mi facevi…m’hai promesso che… comunque io poi andrò a parlare con quell’amico che mi ha mandato da lei va bene… lei è un pagliaccio ha capito? Pagliaccio di merda!». Nella conversazione riporta dal gip nell’ordinanza, «Cianci nega qualunque favore «(…) eh… io quando posso aiutavo… adesso col Covid… io ho promesso…non ho promesso niente a nessuno… Io dico a tutti…». (g.curcio@corrierecal.it)
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