Il lavoro e la formazione sono due settori legati e contemporaneamente diversi. Dal lavoro e dalla sua capacità di imprimere orientamenti e indirizzi partono le esigenze di giustizia sociale e di superamento delle divaricazioni tra capitale e soggettività, mentre la formazione ha una serie di aspetti e aspettative altrettanto rilevanti. Il tema del lavoro, anche in Calabria, ha una sua rilevanza che è connessa alle necessità di aprire nuove sfide. La prima è quella essenzialmente industriale, intesa come priorità da coltivare nello sviluppo economico. In questo la Regione può dare l’indirizzo, che è certamente quello turistico – agricolo intorno al quale realizzare le filiere di insediamento produttive e di ricerca. La seconda è la creazione di un sistema di formazione che sia realmente innovativo e diversificato. C’è una formazione primaria che riguarda i neofiti, c’è la formazione costante e obbligatoria e c’è quella da inventare per legare domanda e offerta, capire gli orientamenti vocazionali e costruire intorno ad essa possibilità rilevanti di crescita. Di fatto, anche la Scuola e l’Università sono due centri di formazione, anzi sono quelli più prestigiosi, ma non sempre riescono a soddisfare i bisogni inespressi della popolazione amministrata. La Regione ha la possibilità di poter fare molto, soprattutto con la nuova agenzia dedicata ai fabbisogni di una formazione che tenga conto di fattori molteplici.
Cosa può servire? Rivoluzione digitale e accelerazione del ciclo di vita delle professioni rendono il fabbisogno di formazione della Pubblica Amministrazione particolarmente complesso e strategico. La natura stesse delle competenze tende, infatti, ad evolvere secondo schemi di difficile predittività manageriale imponendo alla formazione di puntare, innanzitutto, su analisi di scenario e solo successivamente, di procedere al disegno delle vere e proprie traiettorie di apprendimento. Basti pensare che in pochi decenni siamo passati da una gestione per compiti (anni 70) a una gestione per obiettivi (80/90) fino a una gestione per processi che già mostra chiari segnali di inadeguatezza. La strada è obbligata. La rivoluzione digitale impone una distinzione tra competenze trasversali, destinate magari a cicli di vita più lunghi, e competenze specifiche legate a singoli task maggiormente soggetti ad evoluzioni legate ad applicazioni tecnologiche o a software specifici. Sullo sfondo la stagione nazionale della trasparenza, della dematerializzazione e della semplificazione impongono alla Pubblica Amministrazione l’adozione di strategie di governance finalizzate alla ristrutturazione delle competenze (reskilling) e allo sviluppo di competenze aggiuntive (upskilling) anche nei livelli manageriali più alti. Si tratterà di fornire alla macchina amministrativa, anche attraverso percorsi formativi erogabili su piattaforme di e-learning, sostegni per adeguare il capitale cognitivo agli standard digitali.
Se a tale quadro aggiungiamo la valenza delle interazioni che l’intelligenza artificiale generativa potrà fatalmente determinare nei processi decisionali ed esecutivi della Pubblica Amministrazione, appare chiaro come la vera sfida del futuro finirà per concentrarsi sulle dinamiche di controllo della filiera decisionale. In un processo parcellizzato e cartaceo, la filiera di controllo delle decisioni riceveva tutele da sistemi progressivi di validazione. Oggigiorno le decisioni vengono assunte, sempre più frequentemente, all’interno di processi dematerializzati e comunicati digitalmente. Quale impatto avrà questa circostanza sulle responsabilità? E quale evidenza di controlli supererà il rischio di decisioni “fake”? Questione finale. La conservazione digitale, obbligatoria ormai per legge, di tutti gli atti della PA di quali competenze e dotazioni infrastrutturali necessiterà? Attenzione a non confondere la giovane età anagrafica con una fideistica propensione al digitale o all’innovazione. L’esperienza potrebbe riservare brutte sorprese. Sono osservazioni che potranno essere utili pensando a un ciclo formativo che sia moderno ma privo di rischi essenziali e che sia realmente autentico.
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