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Il sistema tra «italiani e zingari» per lo spaccio a Cosenza, parla Abbruzzese: «Chi sgarrava veniva picchiato»

In aula bunker il racconto di “Micetto”. «La coca la prendevamo dai miei cugini a Cassano, ma ultimamente anche da Roberto Porcaro»

Pubblicato il: 07/05/2024 – 12:35
di Giorgio Curcio
Il sistema tra «italiani e zingari» per lo spaccio a Cosenza, parla Abbruzzese: «Chi sgarrava veniva picchiato»

LAMEZIA TERME «Collaboro con la giustizia dal 2018, ho scelto di farlo per dare un futuro migliore ai miei figli. Facevo parte del gruppo dei “Banana”, insieme ai miei fratelli, Luigi Abbruzzese, Nicola, Marco e Antonio, e poi mio cognato Antonio Abbruzzese. Ci occupavamo di spaccio di eroina e cocaina e anche di estorsioni, parlo di un periodo di attività che va dal 2006 al mio arresto avvenuto nel 2018». Inizia così la deposizione, in aula, del collaboratore di giustizia Celestino Abbruzzese detto “Micetto”, davanti ai giudici in aula bunker a Lamezia Terme. Interrogato dal pm della Dda di Catanzaro, Corrado Cubellotti, Celestino “Claudio” ha fornito i dettagli legati allo spaccio di droga a Cosenza ma, soprattutto, l’organizzazione dei gruppi criminali che, da decenni, animano l’attività legata allo spaccio nella città brutia.

I gruppi

«Nella città di Cosenza c’è il gruppo degli “Italiani” e quello degli “Zingari”. Quest’ultimi si divide in due gruppi, quello dei “Banana” e quello di “Struscia Tappina”. In quello degli italiani fanno parte i Lanzino-Ruà-Patitucci di cui facevano parte tra gli altri Francesco Ruà, Roberto Porcaro, Francesco Patitucci, Mario Piromallo, Renato Gentile, varie persone insomma». «I rapporti erano tranquilli: noi avevamo la precedenza sull’eroina, sulla cocaina. L’hashish e la marijuana la prendevamo dagli italiani e poi la potevamo vendere anche noi».

Celestino Abbruzzese Micetto

Il “sistema”

«La droga la prendevamo dal “sistema”» ha raccontato ancora “Micetto” ovvero un modo per non andare in sovraffollamento, «per non andarci contro. Sapevamo che il gruppo Perna si occupava della marijuana e la chiedevamo a loro, la cocaina al gruppo Patitucci-Porcaro, e anche in questo caso facevamo riferimento a loro». Il “sistema” era, di fatto, l’organizzazione che i vari gruppi si erano dati per evitare contrasti e squilibri.  «Chi voleva acquistare poteva scegliere tra gli italiani e gli zingari, certo se fossero andati prima da loro e poi da noi, avremmo comunque dovuto informare l’altro gruppo per evitare qualunque tipo di problema».

I rifornimenti

«Noi spacciavamo principalmente eroina – ha raccontato ancora Abbruzzese – ci rifornivamo per un periodo da Rosarno dalla famiglia Pesce e poi solo con i miei cugini di Cassano, Luigi Abbruzzese figlio di “Dentuzzo” e lo zio “Semiasse”, Nicola Abbruzzese, mi riferisco al periodo del 2004, 2005. C’erano poi dei periodi in cui mancava materiale per alcuni sequestri e allora noi ci rifornivamo da altre parti». Micetto si riferisce in particolare all’«eroina, cocaina, hashish e marijuana. Per la cocaina ci rifornivamo sempre dai miei cugini di Cassano ma, ultimamente, con Roberto Porcaro e mio fratello Luigi Abbruzzese, quindi restavamo qui a Cosenza».

Il “sottobanco”

«Per quanto riguarda l’eroina, visto che la davamo solo noi, lo smercio era veloce. Se subentrava qualcuno “sottobanco” ci mettevamo subito a controllare chi effettivamente rallentava il mercato. Stessa cosa per la cocaina, se dopo l’acquisto la vendita rallentava, allora ci rendevamo conto che qualcuno, forse, non la stava acquistando da noi». Per “sottobanco” Abbruzzese intende «quando la merce veniva presa da un’altra parte e non dal sistema, il nostro gruppo organizzato all’interno della città di Cosenza».
E così, racconta ancora Micetto «quando scoprivamo chi faceva il sottobanco, la prendevamo e lo picchiavamo. Una volta abbiamo beccato Andrea Laratta, è stato poi picchiato da mio fratello Luigi e ha dovuto restituire 60mila euro». «Di questi 30mila sono andati a Maurizio Rango, gli altri 30mila ai miei fratelli». «La sostanza veniva acquistata con un punto o due punti che erano gli euro di differenza in meno per mettere poi i soldi risparmiati nella bacinella, soldi che poi destinati ai detenuti. Qui, ovviamente, confluivano i soldi di entrambi i gruppi e se ne occupava Roberto Porcaro per gli italiani, mio fratello Luigi e mio cognato Antonio per gli “zingari”». (g.curcio@corrierecal.it)

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