ROMA Sono tanti gli italiani alla ricerca di un appuntamento per una colonscopia, alle prese con i centralini dei Cup regionali per trovare un posto senza aspettare mesi. In attesa del decreto contro le liste di attesa, a cui sta lavorando il ministero della Salute per risolvere il tallone d’Achille del nostro Servizio sanitario nazionale, «ad oggi confermiamo che siamo ancora indietro in tante regioni nel rispetto dei tempi delle priorità per le colonscopie. Ad esempio, la priorità B (entro 10 giorni dalla richiesta) è rispettata nel 60% delle Regioni (Veneto, Lombardia E.Romagna e Toscana), ma se andiamo alla media priorità (entro 60 giorni) scendiamo sotto il 50% (Lazio, Piemonte e Marche). Mentre al Sud (Campania, Calabria e Sicilia) stiamo messi peggio e le attese sono significative: si arriva anche a un anno». A fare il punto per l’Adnkronos Salute è Francesco Neri Bortoluzzi, segretario nazionale Associazione italiana gastroenterologi ed endoscopisti digestivi ospedalieri (Aigo). Nell’analisi su come affrontare e arginare il fenomeno delle liste d’attesa, l’Aigo mette in risalto alcuni punti. «C’è un recente studio che ha analizzato 100mila colonscopie fatte in Italia: quasi il 30% è inappropriata. Solo se potessimo recuperare questo dato già sarebbe un buon viatico per il Ssn. Perché? Ci sono tanti fattori: la medicina difensiva, si prescrivono esami solo per soddisfare un paziente “capriccioso”, e poi perdurano falsi miti come anticipare troppo la colonscopia mentre lo screening giusto è l’esame del sangue occulto nelle feci ogni due anni tra i 50 e 69 anni. Questo tipo di approccio – si è verificato – è stato in grado di ridurre in 20 anni del 15% la mortalità per cancro». «Ci sono regole precise per la prescrizione di una colonscopia – ricorda Bortoluzzi – lo specialista dovrebbe conoscerle e anche il medico di base. La questione dell’appropriatezza delle prescrizioni esiste e credo che il ministero della Salute insisterà su questo fronte ma non esiste appropriatezza senza il meccanismo della priorità che va assegnato dallo specialista». L’inappropriatezza delle prestazioni in Gastroenterologia ed Endoscopia digestiva «supera il 25% dei casi tra gli esami endoscopici di primo livello (come la esofagogastroduodenoscopia e la colonscopia). Una percentuale sicuramente rilevante che diventa critica se si considera che ogni anno in Italia vengono effettuati non meno 2milioni e 500mila di questi esami», ricorda. C’è un problema secondo l’Aigo, «non esistono valori benchmark di riferimento per la colonscopia, non sappiamo i bisogni reali della popolazione, quante sono le persone che hanno necessità della priorità e chi no. Se il ministero della Salute riuscisse a mettere insieme tutti questi dati – conclude – si potrebbe valutarli e interpretarli per lavorare sulle strategie migliori per abbattere le liste d’attesa».
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