L’operazione della direzione distrettuale antimafia di Catanzaro che ha portato a centinaia di arresti per lo spaccio di droga merita una premessa. Le maxiretate spesso comportano l’arresto di persone estranee alle quali va riconosciuta la presunzione di innocenza. Non è una pruderia ma una prudenza giusta e sacrosanta. Detto questo, ciò che sconvolge è il numero esorbitante di consumatori di stupefacenti esistente nell’area urbana. Non solo la marijuana ma anche e soprattutto la cocaina. Che oggi la ndrangheta vende a buon mercato e a prezzi irrisori, a conferma di come sia sempre concorrenziale. Ai tempi in cui eravamo giovani noi la cocaina era la droga dei ricchi mentre oggi pare costi poco. Nell’area urbana, intendendo con questa non solo la prossima città unica ma anche gli altri comuni a nord e a sud, su una popolazione di 150mila abitanti, almeno il 5% fa uso quotidiano di droghe. 7.500 persone di ogni età. Pensare che il compito di prevenire sia affidato alla magistratura è profondamente sbagliato. In questo quadro emerge l’assenza delle istituzioni preposte e di una concezione di intervento che coinvolga le scuole, le parrocchie, i centri educativi. Ci vuole una rete che sia attenta e attiva e una partecipazione delle famiglie che un tempo, quando i ragazzi morivano per strada per overdose, era diversa. Oggi c’è una sorta di rassegnazione silente. Molti infarti prematuri sono in realtà conseguenza dell’uso di cocaina. I comuni, la Regione, il mondo del volontariato, laico e cattolico, dovrebbero unirsi per un nuovo patto sociale. Mentre si nota solo un silenzio che non fa bene.
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