ROMA Prima dell’inizio dell’estate vedrà la luce la lista dei nuovi Centri di permanenza per il rimpatrio da realizzare sul territorio, in aggiunta ai 9 che ora ospitano poco più di mille persone. Lo ha assicurato il ministro dell’Interno, Matteo Piantedosi, dopo le polemiche innescate dalla vicenda del poliziotto accoltellato a Milano. L’aggressore, il marocchino Hasan Hamid, era destinatario di diversi decreti espulsione, mai effettivamente eseguiti anche perchè non c’era posto nei Cpr. L’uomo quindi – con in tasca il foglio di via – ha potuto circolare liberamente in Italia senza essere trattenuto in uno dei Centri per il rimpatrio. Luoghi, questi ultimi, ha spesso ripetuto il titolare del Viminale, destinati ad accogliere proprio “persone che manifestano condizioni di pericolosità sociale”. Quello del Cpr è un passaggio quasi obbligato per arrivare al rimpatrio (è accaduto nel 66% dei casi nel 2023) . Quest’anno sono stati rimandati nel proprio Paese 1.639 persone, in lieve aumento rispetto all’analogo periodo dell’anno precedente, quando erano stati 1.578. Nel 2023 i rimpatri sono stati 4.743, circa il 10,5% in più rispetto al 2022 quando furono 4.304. Con nuovi posti a disposizione nei Centri il governo ritiene di poter incrementare sensibilmente il numero di migranti irregolari da mettere sui voli per tornare in patria. Già nello scorso settembre, la premier Giorgia Meloni, aveva informato di aver dato mandato al ministro della Difesa, di realizzare “nel più breve tempo possibile le strutture per trattenere gli immigrati illegali in località a bassissima densità abitativa e facilmente perimetrabili e sorvegliabili”. La Difesa che ha ricevuto un fondo da 20 milioni di euro per questo scopo, ha svolto una ricognizione delle strutture con le caratteristiche adatte: caserme e siti militari hanno già i muri di cinta, a esempio. Il Genio militare dovrà poi svolgere i lavori per renderle usufruibili. L’ultima finanziaria ha stanziato 42,5 milioni di euro per i prossimi tre anni proprio per l’ampliamento della rete dei Centri. I Cpr attuali sono a Bari, Brindisi, Caltanissetta, Roma, Palazzo San Gervasio, Trapani, Gradisca, Macomer e Milano, mentre Torino è chiuso per danneggiamenti. Non si tratta di un caso isolato: i centri sono spesso teatro di vandalismi, incendi e proteste da parte degli ospiti rinchiusi. Si punta ad individuarne altri dieci circa: 12 le regioni sprovviste (Calabria, Campania, Abruzzo, Molise, Marche, Umbria, Toscana, Emilia Romagna, Liguria, Valle d’Aosta, Veneto, Trentino Alto Adige). Milano, oltre alla struttura di via Corelli, potrebbe ospitare un altro Cpr, come ha informato il sottosegretario all’Interno, Nicola Molteni. A rallentare il piano del governo sono però le proteste dei territori. In Liguria, dove si era ipotizzato l’allestimento di un centro nell’ex caserma dell’esercito Camandone a Diano Castello (Imperia), si sono alzate subito le barricate. Così come in Calabria, dove la scelta sembrava essere caduta sul quartiere Alli, a Catanzaro. Non è un caso che il governo abbia pensato all’Albania, quindi. L’obiettivo è aprire un Centro per i rimpatri a Gjader, su un sito dell’Aeronautica Militare albanese. Avrebbe dovuto essere aperto il 20 maggio, ma ci sarà uno slittamento perché i lavori non sono ultimati. (ANSA)
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