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Mezzo secolo fa la vittoria del divorzio – VIDEO INEDITO

Il referendum nella nostra Regione divise i cattolici e le Calabrie. La morte di Giovanna Marini e i legami della Folk-singer con il nostro territorio

Pubblicato il: 11/05/2024 – 7:00
di Paride Leporace
Mezzo secolo fa la vittoria del divorzio – VIDEO INEDITO

Mezzo secolo fa, il 12 maggio del 1974, l’Italia registra il primo scudetto della Lazio, quello di Chinaglia e Maestrelli. Ma quel giorno tra radioline e televisioni l’Italia va alle urne in massa (87,7%) per il primo referendum abrogativo, quello del divorzio. Quella mattina Giacomo Mancini, nella sua Cosenza, prende sottobraccio la mamma, donna Peppinella De Matera, e si reca al seggio del Liceo Telesio a votare insieme a quella madre che da bambino cantava a lui e alle sorelle la Marsigliese. E’ giorno di attesa del voto. Mancini, da segretario nazionale del Psi, si è molto impegnato per far approvare la legge con il sostegno dei partiti laici e della sinistra e contro la Dc e l’Msi di Giorgio Almirante che, pur essendo un divorziato in Brasile, si era voluto schierare contro i comunisti.

Mancini con la mamma all’uscita del seggio il 12 maggio 1974 (Archivio Giosi Mancini)

Mancini è amico di Marco Pannella e i radicali, da poco comparsi sulla scena. Si attiva molto nella campagna referendaria. Schiera i suoi amici dello spettacolo molto influenti. Nino Manfredi gira uno spot in cui fa riflettere sugli annullamenti della Sacra Rota ottenuti con denaro, Pino Caruso cabarettista siciliano di successo in tv registra un disco. A Cosenza, Mancini fa venire la regista Lina Wertmuller, fresca reduce del successo di “Mimì metalurgico ferito nell’onore”, grottesca vicenda che ben si sposa al referendum voluto dal cattolicesimo più oltranzista che ha raccolto un milione e trecentomila firme per abrogare la legge che vige quasi dappertutto in Europa.
Parla in una piazza Stazione stracolma la regista dai caratteristici occhialini, io c’ero, anche se avevo 12 anni non compiuti, ed ebbi modo di rievocare l’episodio decenni dopo ad una pranzo con la regista nella sua casa nei pressi di piazza del Popolo. A casa mia quella campagna referendaria era vissuto con interessata partecipazione. Papà e mia madre convivevano, mio padre era stato sposato in Argentina, e non si erano potuti unire legalmente. E tante famiglie vivevano in questo limbo per l’arretratezza della nostra legislazione. Si discuteva del referendum ovunque. Nei bus, nei negozi, nei mercati. Divisi tra chi voleva la modernità e i preoccupati dai comizi di Fanfani che contro il “No” aveva detto in un comizio che poi sarebbe arrivato l’aborto, poi il matrimonio omosessuale e «vostra moglie fuggirà con la domestica». Si sfasceranno le famiglie e non si capirà nulla. Il privato era politico.
Franco Ambrogio, storico dirigente del Pci, nel bel libro intervista a Filippo Veltri sulla storia del partito calabrese, ha rievocato un episodio che meriterebbe approfondimenti e forse anche un film. Quello del sindaco di Rombiolo, roccaforte rossa del Vibonese, che per far proselitismo al No all’abrogazione raccontava la sua tragica storia. Era tornato dalla guerra, e la moglie aveva trovato l’amore con un altro uomo. La famiglia della donna fedifraga indusse il congedato soldato ad uccidere la moglie per riparare l’onore di tutti. È così accadde in quel tempo che la parola femminicidio non esisteva. Il giovane andrà in carcere per degli anni e, ritornato alla vita civile, non troverà nessun risentimento sociale al punto che anni dopo diventa sindaco. E in quel cambiamento, il sindaco dai palchi del 1974 poneva la questione in modo personale per far comprendere l’oscurantismo dei nostri paesi e della società antica.
Ma il mondo cattolico calabrese non è per nulla monolitico sul “Sì” fanfaniano. Nella Dc la sinistra di Base ha recepito l’appello al No del professore Pietro Scoppola e di un giovanissimo Romano Prodi.Chi si muove molto è un giovane discepolo del professore, Antonio Guarasci, presidente della Regione. Si chiama Franco Alimena, il quale riceve una telefonata inattesa. I dorotei di Antoniozzi hanno chiesto e ottenuto la sua espulsione dalla Dc. Interverrà Marcora a Roma per fermare il provvedimento. Riccardo Misasi, plenipotenziario del partito, non si scalda molto. E neanche gli alti prelati calabresi. L’Unità dell’epoca riporta le dichiarazioni di monsignor Enea Selis, vescovo di Cosenza che afferma di lasciare ai fedeli “libertà di coscienza”. Monsignor Giovanni Ferro, vescovo di Reggio Calabria, ha vietato qualsiasi propaganda sull’altare e monsignor Agostino, vescovo di Crotone, si è espresso per una visione laica del voto. E se questa è la gerarchia, le cronache segnalano a Paola un sacerdote che è intervenuto pubblicamente a favore del “No”. Non è un caso isolato. L’Azione Cattolica ha spaccature, le Acli calabresi invece hanno prodotto un documento unitario per il “No”. A Gioiosa Jonica nella Locride opera la comunità ribelle di don Natale Bianchi, un prete varesino antesignano di Bregantini, che arrivato da esperienze missionarie si è messo a lottare contro la ‘ndrangheta locale, apre cooperative sociali e avversa don Stilo prete di ben altra concezione. Oggi Natale Bianchi è un aderente ai Cinque Stelle. Ma a Reggio il vento va verso il “Sì” guelfo. La Rivolta di Reggio Calabria del 1970 ha seminato e costruito un’enclave dominata dai fascisti di Ciccio Franco. Reggio Calabria sarà una delle città italiane con la più alta percentuale di “Sì”. Il 13 maggio le Calabrie si spaccano. Nelle province di Cosenza e Catanzaro (che all’epoca includeva Vibo e Crotone) prevale il “No” in linea con il voto del centronord (escluso Veneto e parte della Lombardia), in provincia di Reggio domina il “Sì”. Il voto calabrese, che registra quasi un milione di votanti (altri tempi) è spaccato. Il “Sì” prevale di 16.000 voti con 460 118 voti. In percentuale è 50,85 contro 49,15. Sarà un voto che peserà sui destini della Regione e della politica locale. Il 13 maggio, a piazza Navona, Marco Pannella icona della nuova politica verso sera urla al microfono «Siamo certi abbiamo vinto». Esplode l’entusiasmo nell’Italia di progresso. Sembra un mondiale. In molte città calabresi i caroselli delle auto strombazzano i clacson come quelle dei tifosi laziali del giorno precedente. L’Italia stava cambiando, la Calabria pure ma con dinamiche diverse. Meglio, restava ancorate alle sue geografiche Calabrie.

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Giovanna Marini a San Nicola Arcella

È morta Giovanna Marini, strepitosa folk-singer italiana. Nel suo immenso lavoro, uno dei suoi cavalli di battaglia è “I treni di Reggio Calabria”. La giovane musicista, il 22 ottobre del 1972, è con la sua chitarra nei treni speciali che da tutt’Italia raggiungono la città dello Stretto per partecipare alla grande manifestazione “Nord-Sud uniti nella lotta” indetta dai sindacati unitari metalmeccanici per contrastare l’agibilità politica dei Boia di Molla di Ciccio Franco a Reggio Calabria. Bombe e tritolo sulle rotaie cercano la strage e di fermare i convogli. E’ clima da guerra civile. Chi c’era non dimenticherà mai. E Giovanna con tre accordi consegna la giornata alla Storia e al ricordo. “E nelle pause si sentiva il mare”.
Ma non è solo questa la Calabria di Giovanna Marini. L’estate del 1974, la cantautrice con il suo camion arriva a mare, al campeggio bar Castaldo di San Nicola Arcella. Un gruppo nutrito di giovani canta canzoni napoletane, canti di lotta, la sua canzone per l’anarchico Marini. C’è tutto il servizio d’ordine di Lotta Continua di Nocera Inferiore. Arriveranno i carabinieri. Il giorno dopo a Praia a Mare altro raduno giovanile musicale. Dai paesi della Costa tirrenica ci si chiama e ci si cerca. Giovanna lavora sulla ricerca dei canti del posto, molto a Diamante. Giovanna Marini sceglie di eleggere San Nicola Arcella suo luogo dell’anima.

Giovanna Marini a San Nicola Arcella

Anni dopo compra una casa nella piazza. Nell’incantevole paese accanto alla vineria-libreria dello scrittore per bambini Michele D’Ignazio. È una comunità intellettuale che annovera anche il premio Strega Emanuele Trevi, la sceneggiatrice Giulia Merenda e molti altri. Da anni tengono seminari e ed esibizioni nella manifestazione “La linea dell’onda”. Nel luglio scorso il paese era attorno alla cantautrice per la proiezione del documentario “Giovanna, storie di una voce”. Una voce di Calabria anche quella di Giovanna Marini.

Giovanna Marini canta “Bella Ciao” alla Vineria di San Nicola Arcella

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L’arcivescovo di Napoli, Mimmo Battaglia, ha chiamato il rettore della Federico II, Matteo Lorito, e il procuratore Nicola Gratteri per un incontro con gli studenti di Scampia in una chiesa. Gratteri, secondo abitudine, alle domande dei ragazzi ha demolito i fenomeni imitativi di Gomorra e dintorni. È scattato l’applauso dei giovani del quartiere. Come il Borussia Dortmund che va a vincere in casa del Paris Saint Germain. (redazione@corrierecal.it)

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