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I casi di Marjan Jamali e Maysoon Majidi all’attenzione di Nordio. «Vittime scambiate per carnefici»

Le interrogazioni di Grimaldi. Il ministro: «Assoluta linearità». Laura Boldrini: «Mi hanno raccontato di sentirsi dentro un incubo»

Pubblicato il: 13/05/2024 – 6:32
di Mariateresa Ripolo
I casi di Marjan Jamali e Maysoon Majidi all’attenzione di Nordio. «Vittime scambiate per carnefici»

REGGIO CALABRIA Le storie di Marjan Jamali e Maysoon Majidi arrivano in Parlamento. Dall’Iran all’Italia in cerca di un futuro migliore, oggi le due giovanissime donne si trovano nelle carceri di Reggio Calabria e Castrovillari accusate di aver svolto il ruolo di scafiste nel corso di due distinti sbarchi in Calabria, uno a Roccella e l’atro a Crotone. Diversi i punti oscuri in entrambi i casi, le due donne sono state accusate, una volta sbarcate, da uomini con i quali avrebbero litigato in viaggio. Marjan Jamali, madre di un bambino di otto anni, ha raccontato addirittura di aver subito abusi e di essersi ribellata a tre uomini che una volta scesi – per poi far perdere le proprie tracce – avrebbero accusato lei e un altro ragazzo, un 31enne, che ha raccontato di aver tentato di difendere la donna. Il caso in questione è stato sottoposto all’attenzione, tramite un’interrogazione, del ministro della Giustizia Carlo Nordio dal deputato Marco Grimaldi, vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera, che successivamente ha depositato una seconda interrogazione sul caso di Maysoon Majidi.
Entrambe sono difese dall’avvocato Giancarlo Liberati che chiede per le due giovani gli arresti domiciliari in attesa di chiarire le loro posizioni in sede processuale.

Leggi anche: Lo sbarco, le accuse e la prigione: Marjan Jamali e Maysoon Majidi unite dallo stesso destino in Calabria

La prima interrogazione Grimaldi e la risposta di Nordio

«Dalle relazioni trasmesse dal Presidente della Corte d’Appello di Reggio Calabria e dal Procuratore Generale presso la stessa Corte d’Appello è emersa l’assoluta linearità dell’operato dell’autorità giudiziaria, mossasi in piena osservanza della normativa vigente». Così il ministro Nordio ha risposto alla prima interrogazione presentata dal deputato Grimaldi sul caso di Marjan Jamali. Come raccontato dal Corriere della Calabria, nel corso delle udienze presso il Tribunale di Locri l’avvocato Liberati ha posto all’attenzione dei giudici la questione che riguarda la lingua madre della 29enne, il farsi, mentre il primo interrogatorio si è svolto in arabo.
Il Guardasigilli risponde che «con riguardo ai rilievi svolti nell’interrogazione circa l’assenza di un interprete della lingua madre della donna in occasione del compimento dei primi atti processuali, secondo quanto riferito dalle autorità interpellate durante le operazioni di soccorso le persone sottoposte a fermo, tra cui pure la donna citata nell’atto di sindacato ispettivo, sono state assistite da due ausiliari nominati, di cui uno di lingua curdo iraniana per i soggetti provenienti dall’Iran. Inoltre, per la celebrazione dell’udienza di convalida del fermo l’Autorità Giudiziaria procedente si è attivata immediatamente per garantire la tempestiva convocazione di interpreti/traduttori di lingua madre, anche mediante la consultazione degli elenchi tenuti presso l’Ufficio gip/gup per i casi di emergenza, ma, atteso il mancato reperimento, entro i ridotti termini perentori previsti dalla legge per la convalida del fermo, di un interprete/traduttore di lingua “farsi” è stata assicurata la presenza di un interprete/traduttore di lingua araba che, per quanto risulta dal verbale di udienza, la donna riusciva a comprendere, tanto da rispondere anche in maniera discorsiva con riferimento a quanto di volta in volta riportato per iscritto dall’interprete in “arabo formale” esprimendo pure la volontà di avvalersi del difensore d’ufficio assegnatole e della facoltà di non rispondere». Per la 29enne adesso si aprirà il processo a Locri, la prima udienza è fissata a giugno.

Leggi anche: Locri, Marjan Jamali in aula: «In Italia per dare un’altra vita a mio figlio». A giugno il processo

Grimaldi: «Risposta autoassolutoria e piena di inesattezze»

«La risposta del Ministro Nordio sul caso di Marjan Jamali è autoassolutoria e piena di inesattezze»: è il commento del vicecapogruppo di Alleanza Verdi Sinistra alla Camera Marco Grimaldi che aggiunge: «Non corrisponde al vero che il giorno dello sbarco fosse presente un interprete di lingua curdo iraniana e, in ogni caso, l’imputata comprende solo il farsi, ossia la lingua ufficiale iraniana; così come non corrisponde al vero che la donna sa esprimersi in lingua araba. Ma ciò che è più grave e inconfutabile è che a Marjan è stato negato l’interrogatorio previsto nei termini di legge. Come può un indagato difendersi se non gli è permesso di fornire la propria versione dei fatti? Siamo di fronte a una violazione non solo del codice di procedura penale, ma del diritto alla difesa». Il deputato ha annunciato inoltre di aver depositato una seconda interrogazione sulla vicenda di Maysoon Majidi, «anche lei detenuta al carcere di Castrovillari dopo una denuncia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina da parte di due uomini poi fuggiti. Anche a lei l’interrogatorio non è stato concesso. Anche per lei si è disposta la misura cautelare di massimo rigore, quella del carcere. Nordio – spiega Grimaldi – sostiene “l’assoluta linearità dell’operato dell’autorità giudiziaria?”, ma cosa c’è di lineare nella detenzione preventiva, sulla base di testimonianze inattendibili, di due donne reduci da storie dolorose e faticose, separate dai propri cari e non trattate come innocenti fino a prova contraria?». La richiesta al ministro della Giustizia è un’informativa urgente.

L’incontro con Laura Boldrini: «Mi hanno raccontato di sentirsi dentro un incubo»

Sui due casi è intervenuta anche la deputata del Partito Democratico e presidente del Comitato permanente della Camera sui diritti umani nel mondo Laura Boldrini, che parlando in un video delle due storie ha messo in risalto le analogie tra i casi di due donne unite dallo stesso destino in Calabria: «Non si conoscono nemmeno, ma sono entrambe in fuga da un regime dittatoriale e da una mentalità misogina. All’arrivo, però, sono state entrambe accusate di essere due scafiste da altri passeggeri delle imbarcazioni poi scappati fuori dall’Italia. A Marjan è stato anche tolto il figlio di 8 anni, che è ospite in una struttura calabrese dove persone per bene si prendono cura di lui. Maysoon ha già perso 15 chili. Ho incontrato Marjan e Maysoon nelle due carceri in cui sono detenute, ho avuto con loro dei lunghi colloqui ed entrambe e mi hanno raccontato di sentirsi dentro un incubo, con un’accusa assurda. Le storie che mi hanno raccontato sono assolutamente credibili e supportate da documenti. A loro, invece, per mesi non è stato neanche consentito di avere mediatori culturali che parlassero la loro lingua. Come se io fossi arrestata in Iran e mi facessero parlare con un mediatore che parla tedesco perché è comunque una lingua europea. Assurdo. Questa – aggiunge Boldrini – non è lotta ai trafficanti: è caccia ad un capro espiatorio, uno qualsiasi, anche se ad andarci di mezzo sono due ragazze che in Europa cercavano solo pace, libertà e sicurezza. Per questo, oggi, abbiamo chiesto al ministro Nordio di venire a riferire in aula su quanto sta accadendo».

Il garante Muglia: «Non si può correre il rischio che si scambino le vittime per carnefici»

Parla di «illogicità e anomalie» il garante regionale dei diritti delle persone detenute o private della libertà personale Luca Muglia che attraverso una nota fa sapere: «Il mio Ufficio e quello del Garante nazionale si sono attivati sinergicamente per mettere in campo tutti gli interventi necessari». «L’atipicità della storia che accomuna le due donne – afferma il garante – è data dalle difficoltà linguistiche e dalla circostanza che quasi tutti i migranti che si trovavano sulle rispettive barche si sono allontanati dal territorio italiano senza essere sentiti. Il quadro delineatosi conferma la necessità che la repressione del favoreggiamento dell’immigrazione clandestina si avvalga di modalità diverse in grado di accertare con maggiore puntualità e rigore l’individuazione delle responsabilità. Sarebbe
necessario – spiega infine Muglia – introdurre l’impiego di nuclei investigativi specializzati, l’utilizzo delle tecnologie più avanzate, la cristallizzazione degli elementi di prova nell’immediatezza dello sbarco e garantire l’effettività del diritto di difesa. Non si può correre il rischio che si scambino le vittime per carnefici». (m.ripolo@corrierecal.it)

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