«Nonostante viviamo in un Paese sempre meno tollerante, per origini e per cultura noi calabresi rimaniamo affezionati al ravvedimento, tendiamo a dimenticare, perdonare, siamo disposti ad ascoltare. E’ meritorio lo sforzo della multinazionale tedesca dell’energia che determinata a investire sulle fonti rinnovabili, in Calabria, si apre al territorio, si dispone a parlare con le comunità. Come tutti i gruppi energetici è diventata enorme, in termini economici, utilizzando i fossili, ma nel passato quello c’era. Ora, le fonti in occidente scarseggiano, i paesi che le posseggono tendono a tenersene il controllo. Soprattutto, dobbiamo voler bene alla Terra, preservarla. E chi può essere contrario al buon futuro del mondo? I folli soltanto. Così, pure la Calabria estrema è chiamata a dare il proprio contributo salvifico: cedere un po’ del proprio sole e del proprio vento alla produzione energetica se no, parliamoci chiaro, la modernità si ferma. “L’ineluttabile modernità”, dicono quelli più avanti. Ed è vero che ci sarebbero dei folli disposti a tornare indietro nel tempo, a farsi luce con la teda, ma sono razza esigua, per fortuna. Visto che a tutti le comodità piacciono, disponiamoci al sacrificio. L’RWE è impegnata in un ciclo di incontri in Calabria, per spiegare in un linguaggio comprensibile lo stato dell’arte, il futuro che ci attende, le convenienze, i profitti, le compensazioni. Professionisti, tecnici, politica e istituzioni. Finalmente parlano al popolo, pure ai ragazzi delle scuole portati a frotte ad ascoltare. E va bene, ed è perfetto. Ma per la Calabria la questione, più o meno, è chiara: il sacrificio in sole, vento, paesaggio che le si chiede, più o meno è stato fatto. La Calabria esporta due terzi dell’energia che produce, meglio, le aziende private vendono fuori dalla Calabria l’energia che producono in Calabria. Dell’energia prodotta in Calabria due terzi vengono generati da fonti fossili, ma la Calabria consuma il terzo che è interamente rinnovabile per il quale è stato utilizzato vento e sole calabrese, ed è vero che gli impianti li hanno costruiti i privati ma il carburante, la parte più costosa, è di tutti. E forse è di questo che bisognerebbe discutere. Forse le lezioni dovrebbero vertere su quanto consumo di natura sia veramente sacrificabile una volta soddisfatte le necessità calabresi? A chi spetti deciderne? Fino a che punto le contropartite possano essere accettate? Che i calabresi non è che siano ferratissimi in temi ad alta specializzazione. Nemmeno, però, stanno più ai tempi dell’acqua di fuoco e delle perline colorate(almeno si spera)».
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