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«Nessuna prova idonea a dimostrare le accuse». Ecco perché Tallini è stato assolto

Le motivazioni dei giudici d’Appello sulla decisione di non accogliere il ricorso della Procura contro l’ex presidente del Consiglio regionale

Pubblicato il: 14/05/2024 – 23:03
«Nessuna prova idonea a dimostrare le accuse». Ecco perché Tallini è stato assolto

CATANZARO «Non emergono dagli atti elementi idonei a dimostrare, oltre ogni ragionevole dubbio, che Tallini Domenico ha apportato al progetto imprenditoriale, sfociato nella costituzione del Consorzio “FarmaItalia” e della connessa società “Farmaeko” un contributo dotato di effettiva rilevanza causale, finalizzato al rafforzamento operativo della Cosca Grande Aracri». È questa la motivazione principe che ha portato la Corte d’Appello di Catanzaro ad assolvere l’ex presidente del Consiglio regionale, Mimmo Tallini nel processo “Farmabusiness”.
Secondo i togati del Capoluogo, dalle intercettazioni e dalle dichiarazione «non emerge che l’imputato (Tallini) durante la campagna elettorale relativa alle elezione regionali del novembre 2014 ha stretto con gli esponenti della medesima organizzazione mafiosa (Grande Aracri, ndr) un illecito patto in forza del quale ha accettato la promessa di voti in cambio della promessa di porre in essere azioni amministrative tesa ad avvantaggiare il sodalizio e, in particolare, “a favorire la conclusione dell’iter amministrativo già avviato per il rilascio delle autorizzazioni necessarie per lo svolgimento delle attività del Consorzio FarmaItalia, riconducibile alla cosca Grande Aracri». Una posizione lapidaria che chiarisce in modo plastico le ragioni che hanno portato i giudici catanzaresi ad assolvere con formula piena l’esponente politico.
Non sono utili a dimostrare la colpevolezza di Tallini le dichiarazioni captate a Leonardo Villirillo e a Salvatore Grande Aracri che nel summit del 7 giugno 2014 avrebbero parlato di un «assessore amico» che si sarebbe prodigato per accelerare l’iter amministrativo di concessione delle autorizzazioni.  «Tali affermazioni – affermano i giudici  d’Appello – infatti, nonostante abbiano a primo acchito una indiscutibile valenza indiziaria, per la fonte qualificata da cui provengono non superano la decisiva prova dei fatti, perché nessuno dei dirigenti e dei funzionati il cui nome è evocato nelle conversazioni captate risulta essere mai stato avvicinato, indotto, persuaso, costretto da Tallini ad assumere determinazioni che non avrebbe altrimenti adottato o a forzare i normali tempi di rilascio della richiesta autorizzazione, imprimendo all’iter un anomalo e accelerato decorso».

Nelle conversazioni captate emerge sì un’attenzione dell’ex presidente del Consiglio regionale verso il progetto imprenditoriale, ma secondo i giudici quell’attenzione non va oltre. E citano come altro esempio che Tallini avrebbe sì procurato l’incontro tra Paolo De Rose e Raffaele Sista (referenti di Manfredi) interessati al progetto FarmaItalia «con la dottoressa Rizzo, all’epoca responsabile del settore “Farmacie” del Dipartimento della Salute», ma senza però esercitare «pressioni o altre più sottili o subdole forme di persuasione o induzione tese ad influenzare o condizionare le determinazioni delle dirigente».

Secondo sempre a quanto si riporta nelle motivazioni, ci sarebbe solo l’interesse di Domenico Scozzafava – condannato nel processo – a far valere la sua conoscenza politica di Tallini per rafforzare la sua posizione all’interno del clan di cui, secondo i giudici, sarebbe organico. In particolare su questo punto i giudici scrivono dell’“antennista” «che sicuramente era all’epoca già inserito nei contesti delinquenziali e mafiosi si è servito della sua conoscenza personale con Tallini per rafforzare, consolidare ed elevare la sua posizione associativa, per conquistare all’interno della cosca Grande Aracri un titolo di primaria importanza, certamente superiore a quello sino a quel momento riconosciutogli e che gli derivava dal presentarsi come il tramite con la politica che conta, con quel “livello” superiore, cui ogni cosca mafiosa anela di venire in contatto, per infiltrare, piegandoli ai propri interessi, i processi decisionali e le funzioni di governo». Anche per queste considerazioni, i giudici hanno ritenuto Tallini estraneo ai contesti criminali e non hanno accolto, per questo, il ricorso della Procura distrettuale antimafia di Catanzaro. (redazione@corrierecal.it)

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